
Riportiamo il racconto di un papà che ha ottenuto la guarigione del figlio grazie all’intercessione della santa Vergine nella parrocchia di Ari.
Per comprenderlo occorre:
- ricordare le parole che padre Pio aveva detto al giovane prete don Candido in occasione di un pellegrinaggio con altri giovani preti, partiti da Roma per San Giovanni Rotondo. In quell’occasione, Candido viene chiamato da padre Pio, che lo attende sfilandosi un guanto per donarglielo, come farà quando Candido sarà dinnanzi a lui, dicendogli: tu sarai Missionario della Misericordia, a conferma della profezia della santa Vergine comunicata ad Adelaide nella seconda apparizione di Ghiaie il 14 maggio 1944 (“egli si farà Sacerdote Missionario secondo il mio Sacro Cuore”);
- e tener presente i seguenti dati biografici: Candido nel 1959 riceve l’ordinazione sacerdotale. Viene inviato a Palermo come vice parroco, e dopo un intervallo di due anni, dal 1963 al 1965, trascorso come insegnante nel nuovo Seminario di Lierna sul lago di Lecco, torna alla cura d’anime, dapprima nella diocesi di L’Aquila, in seguito nella diocesi di Rieti e infine in quella di Lanciano, come parroco della piccola comunità di Ari dove rimane fino al 1988, per diciassette anni. In questo periodo, nonostante l’isolamento e la solitudine, don Candido è conosciuto ed amato da tante persone per il suo zelo, i carismi ricevuti da Dio, la diffusione dei gruppi di preghiera e soprattutto per la sua dedizione verso tutti. Dalla sua “mano” sacerdotale colma dello Spirito di Dio molti hanno ricevuto grazie e benefici, tanto che alcuni pellegrini, diretti a San Giovanni Rotondo, da padre Pio, fanno tappa ad Ari per poterlo conoscere. Padre Candido ha trasformato questa piccola parrocchia in un giardino profumato e accogliente, la canonica in una “casa della Salute“, come egli stesso la chiama per indicare la presenza costante della Madonna come “Madre della Misericordia“.
Prima di riportare il racconto (raccolto vent’anni or sono in un viaggio ad Ari sulle orme di Candido), che illumina l’apostolato mariano di Candido in favore dei sofferenti, ricordiamo la plasmazione miracolosa della stessa statua della Vergine del Santo Rosario di cui si parla nel racconto.
Candido aveva commissionato la statua della Vergine del Rosario a un artigiano di Bari specialista in immagini sacre, che procrastinava continuamente il lavoro perché, inspiegabilmente, non riusciva a finire l’opera. Candido lo sollecitava, ma lui, ogni volta, rammaricandosi, diceva a Candido che “il volto della Madonna gli veniva sempre male”. Trascorsero così, ben sette mesi, finché una mattina, questo artigiano, telefona a Candido e con voce tremante per la commozione gli rivela che quella mattina, svegliandosi, aveva trovato il volto della Madonna completamente e splendidamente modellato.
Oltre al miracolo testimoniato nel racconto, si ricordano molte guarigioni ottenute grazie all’intercessione della santa Vergine del Rosario di Ari, come quella di Anita d’Alessandro, docente di matematica, ricoverata nella seconda Cinica Chirurgica dell’Università di Bologna perché affetta da pancreatite emorragica necrotica, e rimandata a casa con un esito infausto, che supera miracolosamente bevendo un cucchiaino di olio santo collocato ai piedi della statua della Vergine del Rosario.
La Chiesa di Ari è diventata così Luogo santo della Misericordia, meta di pellegrinaggi, e transito per i viaggiatori diretti a San Giovanni Rotondo, che uniranno provvidenzialmente Candido a padre Pio.
CRONACA DI UN MIRACOLO
PREFAZIONE
O Vergine SS del S. Rosario di Ari per la tua materna protezione verso mio figlio Luigi, e voglia essere questa cronaca testimonianza viva di filiale amore per Te.
Tu che hai steso il tuo manto misericordioso, non permettere che mai più ci allontaniamo da Te.
Chi ti invoca, anche se peccatore non viene abbandonato, e questa Grazia ne sia prova tangibile, anche se la penna non potrà descrivere ciò che il cuore prova.
Grazie, o Vergine Madre! Grazie non solo per avermi esaudito, ma soprattutto di saperti vicino a me, ai miei cari e di averti offerta come nostra guida in questa vita terrena.
Masucci Michele.
Luigi, mio figlio, è nato il 5/7/ 1974.
Che la Vergine del S. Rosario avesse steso il suo manto di protezione verso questa creatura si può dire che lo abbia fatto al momento stesso della sua nascita. Infatti, subito dopo il primo giorno di vita è stato necessario trasportarlo dall’Ospedale civile “SS. Annunziata” di Chieti, dov’era nato, al Brefotrofio con la seguente diagnosi: sepsi mentale.
Ivi giunto fu subito messo in incubatrice. Le sue condizioni tuttavia, erano sempre peggiori, tanto da richiedere come da cartella clinica N° 850/74, una emotrasfusione. A questo punto, data la mia lontananza dalla famiglia a causa del lavoro, venivo raggiunto da una telefonata di mia moglie: “Michele, vieni subito, il cappellano vuole somministrare il S. Battesimo al piccolo Luigi”.
Immediatamente parto col primo treno.
“Ho perso mio figlio”. Erano queste le sole parole che fra me dicevo seduto in uno scompartimento del treno che mi portava a Chieti.
“Lo trovo vivo o morto?”
Quanto tempo ci voleva per arrivare! Non passava mai. Il pensiero era fisso, il tempo fermo. Ogni stazione sembrava non giungere mai.
Finalmente a Chieti. C’è o c’era Luigi? Dio! Il mio unico bambino!
Appena giunto trovo mia moglie in lacrime. Urge il S. Battesimo. Nella cameretta dell’incubatrice ci sono tre bimbi. Entra un’infermiera e il cappellano. Inizia il S. Rito. I miei occhi e quelli di mia moglie sono fissi a guardare Luigi attraverso i vetri. Inerme! Pallido! E’ la fine.
“Michele!” Essa grida di colpo, “è morto”! Le faccio coraggio.
“il S. Battesimo si somministra sotto condizione, perché pare sia già morto. E’ ancora vivo non temere”
Così è. La Madonna, senza che noi ce ne accorgessimo veglia su di lui. Abbiamo invocato insieme la Madonna del S. Rosario.
Lentamente, ma gradatamente, migliora. Infatti alla vigilia di una grande giornata a Lei dedicata, l’Assunzione, Luigi viene dimesso. Il bimbo, finalmente, entra per la prima volta nella sua e nostra casa. Non sembra vero ma è così. La gioia è tornata sui nostri volti. Il bimbo cresce sano e robusto. La nascita così travagliata non è che un triste ricordo.
Ma un altro agguato è vicino. Ultimo giorno dell’anno 1974. Luigi ha sei mesi. Dorme placido nella sua culla. Io, mia moglie, i miei suoceri, mia cognata, e i nipotini aspettiamo ansiosi il nuovo anno. Sarà un anno felice e di gioia? Noi tutti lo brindiamo facendoci questi auguri. Lo abbiamo atteso e salutato col sorriso sulle labbra. Ora possiamo andare a letto.
Un lampo, mentre osservo Luigi dormire, e mi appare quel Luglio appena trascorso. Ma no! E’ passato, non bisogna pensarci, il 1975 sarà differente. Mi addormento. Mia moglie mi sveglia concitata. Quante ore sono passate? Due! Due ore dell’anno 1975.
“Cosa c’è?” dico.
“Luigi respira con affanno, come se avesse un nodo alla gola”.
Mi alzo. La situazione mi sembra grave. Il respiro gli viene meno. Chiamo un vicino di casa, Fosco Benito, illustrandogli la situazione e pregandolo di accompagnarci dal medico con la sua macchina. Immediatamente andiamo dal dottor Italo Porfilio.
“Non c’è tempo da perdere, sveglia il farmacista e fatti dare queste gocce. Danne subito tre e porta d’urgenza il piccolo all’Ospedale.
Ci precipitiamo dal farmacista dottor Aurelio D’Amelio.
“Michele queste gocce (celestone) mi mancano”.
“Dottore mi dia qualcosa che possano sostituirle”
La Madonna nascosta e silenziosa è lì. Mentre il farmacista abbassa gli occhi per trovare qualche altro medicinale, ecco accorgersi dell’esistenza del farmaco richiesto. L’amico Fosco, di cui avrò sempre immensa gratitudine, ci conduce all’Ospedale pediatrico di Chieti.
Invochiamo la Madonna del S. Rosario.
Ho paura di non arrivare anche perché il Fosco ha il braccio destro ingessato. Poveretto! Non pensa a nulla. Il respiro si fa sempre più affannoso. Mia cognata, che amorevolmente ce l’ha tra le braccia, pensa, in un attimo che sia la fine. Giungiamo in tempo. Il medico di guardia nel vedere Luigi, pratica subito le cure del caso mettendolo così fuori pericolo. Dopo un dieci minuti, venendo verso di noi e vedendo il Fosco ingessato esclama: “Come avete fatto a portarlo in vita fin qui? (si tenga presente che il paese di mia moglie dista da Chieti 21 Km. e il tutto è curvo e salite).
Sono parole che solo dopo saprò spiegarmi.
Dalla cartella clinica N° 55/75 del suo ricovero, la diagnosi risulta: Laringoplasmo.
Neppure il 1975 sembra essere benigno. Il 5 gennaio viene dimesso. Voglio ringraziare la madonna e senza pensarci due volte, il giorno seguente, nella rappresentazione del presepe vivente, egli è il Bambino Gesù.
Passa qualche mese e un male mortale, la salmonellosi inizia ad allarmare le famiglie. Alla fine di febbraio il suo terzo ricovero. Dalla cartella clinica N° 299/75 si legge la seguente diagnosi: Laringite-Salmonellosi. Tuttavi l’entità del male almeno per lui non sembra impensierire tanto. Il 5 marzo è nuovamente dimesso. Da questo momento finalmente sembra che Luigi abbia finito di soffrire. Non ha più bisogno di ricoveri né di medicine. Egli cresce sano. Il passato non è che un triste ricordo nella mia mente. Ma ciò che brilla è tutt’oro? A volte no!
Dicevo, il bimbo cresce sano, ma qualcosa attirava la mia attenzione: la testa. Infatti il cranio, al contrario del fisico, era di una dimensione molto grande. Subito e periodicamente porto Luigi a tutti i controlli, a diversi medici, per accertarmi del caso. La risposta che i luminari della medicina mi davano era unica: con la crescita tutto sarebbe tornato normale. Sembrava, questa, una risposta troppo evasiva, tanto da aggravare sempre più i miei pensieri. Era realmente così? Non poteva essere, anche perché ben presto si sarebbero aggiunte le cadute.
Cos’erano queste cadute? Luigi in un arco della giornata per una decina di volte, e per alcuni secondi, rimaneva inerme e impallidiva e tremando cadeva bocconi a terra. Erano attimi strazianti. Il suo volto era sempre echimotoso. Per ben due anni ero stato come barelliere a Lourdes e qualcosa del genere l’avevo visto a una giovane donna: epilessia. No! Non può essere. Giro altri medici e specialisti: il ragazzo è sano. E’ quasi un anno che la situazione si protrae avanti così. Le cadute sono sempre più frequenti. Non ne posso più. Il cuore di un padre è più dei giudizi dei medici. Richiedo a questo punto che mio figlio venga ricoverato e sottoposto a tutte le visite mediche specialistiche e soprattutto all’esame elettroencefalogramma. Non mi appagano più le solite visite.
Dalla scheda informativa, facente parte della cartella clinica N° 808/76 la diagnosi non viene riportata, pur tuttavia, dagli esami che invece ne vengono riportati si legge: EEC (elettroencefalogramma): netti segni di comizialità centroencefalico. Visita menologica: tenuto conto della condizione idrocefalica, si consigliano accertamenti in reparto neurochirurgico.
Subito dopo questi primi esami il professore mi chiama nel suo studio e facendomi vedere la diagnosi sulla cartella: sospetta epilessia, mi dice: “Non possiamo far niente deve ricoverare il ragazzo in un Ospedale specializzato”. Dio mio ciò che non volevo pensare e sentire, forse è. E’ il 30 giugno e Luigi viene dimesso. Immediatamente telefono a Milano a mio cugino, ora dottore, Luigi Amoroso, e gli spiego il tutto. “Spediscimi tutta la documentazione e la presenterò al Professor dottor Marassero, Primario della Clinica Neochirurgica Beretta, e ti darò qualche risposta”. “Ti avverto” aveva inoltre detto, “che i ricoveri sono molto difficili. Gli Ospedali sono pieni e solo con le autoambulanze, a volte ci si riesce ad essere ricoverati, altrimenti devi aspettare”.
Mi facevo rilasciare le fotocopie della clinica e con espresso N° 2243 del 1 Luglio 1976 parte la documentazione. Luglio, ancora Luglio!
La risposta di mio cugino non si fa attendere, Anzi, date le condizioni rilevate dal professor Marassero, egli crede opportuno telefonarmi:
“Parti immediatamente!”
Così prendo mia moglie e Luigi e l’8 Luglio 1976 alle ore 9 siamo in Clinica. Il Professore mi riceve nel suo studio, mentre il piccolo viene portato ai primi accertamenti. Mia moglie è irriconoscibile. Il cuore di mamma è forte, ma il dolore debella il fisico. Ancora ella non sa di cosa è realmente affetto Luigi. Mai le ho detto la verità solo io so di quale e che entità è la malattia. Il mio cuore è straziato, pur tuttavia devo celare tutto, non posso parlare. Il mio cuore è uno scrigno che conserva un segreto molto amaro. Conforto mia moglie, mi dò forza, ma appena sono solo sfogo con il pianto. Ma quante lacrime possono uscire quando neppure quelle vi sono più? Il mio Luigi è nelle mani della medicina. Ho fiducia pur sapendo che nulla posso fare. E allora? Solo Lei può aiutarmi. Solo Lei la Vergine del S. Rosario di Ari.
Telefono a D. Candido, il nostro Parroco e primo devoto.
“Pregate” dico “pregate la Madonna di stendere la Sua protezione sopra di lui”.
Io sono un peccatore, indegno di ricevere grazie, ma egli è anima innocente. Suo Figlio Gesù amava i bambini, non può Ella non avere pietà di Luigi. Il tempo passa, le condizioni permangono stazionarie. Le mie forze pian piano vengono meno. Ciò che maggiormente è causa di abbattimento è di soffrire in silenzio. Non posso parlare con mia moglie. Non può sapere le vere condizioni di suo figlio. Solo la sera riesco a sfogare. Sì, solo allora, quando sono a casa di mia zia. Ella mi ha accolto come figlio e soffre con me. Quanto si è prodigata? Quanta ricompensa merita? Che la Vergine del S. Rosario ti stia sempre vicina e ti ricompensi per me.
Ma se lei è stata come una mamma, un’altra persona che l’ha cresciuta come figlia, è stata il mio sostegno morale. Una persona che la Madonna ha voluto, date le circostanze, affiancarmi come fulgido esempio di Cristianità e di accettazione amorevole alle avversità della vita. Sì, la Madonna era presente in quella figura umana: Isa! Questo è il suo nome, una giovane madre che la vita terrena aveva dato tutto: bellezza, signorilità, intelligenza, sistemazione economica (lavorava precedentemente all’INPS) e soprattutto amore Cristiano. Ma tutti questi doni effimeri che madre natura le aveva dato, gradatamente avevano lasciato il poeto a un male terribile: Morbo di Parkinson. Terribile male che si era impadronita della Isa come entità fisica, ma che l’avevano fortificata spiritualmente come non mai. Questo morbo aveva fatto di lei una roccia. La sua forza scalfiva il mio dolore e infondeva nuova energia e fiducia a quell’abbandono totale alla Vergine del S. Rosario cui miseramente mi ero prostrato.
Ella doveva ascoltarmi, esaudirmi. Il mio unico e solo pensiero era questo.
Gli accertamenti nel frattempo erano assidui e continui. Gli esiti comunque non erano soddisfacenti. Dopo la scentigrafia cranica il Professore decise di fare la iniezione lombare. Era questo il responso decisivo. Così la mattina Luigi, fu sottoposto a sopportare tanto immenso dolore. Quando lo vidi era in condizioni penose. Non si può descrivere con la penna ciò che la realtà era. A due anni sopportare tanto. Non è possibile. Reggevo a stento a tenermi in piedi.
Questo strazio però, non era che l’antifona di quando, a poche ore di distanza, e cioè verso le diciotto, mi attendeva. Molto agitato mi aggiravo nella corsia in attesa del Professore, che mi avrebbe dato l’esito della lombare. Sono attimi lunghi e interminabili. Finalmente il professore entra nella stanzetta. Il cuore mi batte come non mai. Mia moglie ed io siamo lì. Pallidi, inermi a ciò che sentiremo dire. Mi rendo conto però, che il Professore non vuole parlare in presenza di mia moglie. Le dico di stare vicino al lettino di Luigi, perché deve essere calmo dopo l’iniezione. Mi allontano col cuore in gola.
“Quanti anni ha la signora?”, mi dice.
“Trenta”, replico.
Mi mette allora una mano sulla spalla e ribatte:
“Fate un altro figlio che per Luigi non c’è nulla da fare”.
“Mi dica Professore, cos’ha?”.
Mi guarda impietosito, sa quanto male procura la verità.
“Ha il cervello atrofizzato”.
Solo queste sono le uniche parole che escono dalla sua bocca. Non so come ressi. Una pugnalata mi era stata inferta senza che una goccia di sangue potesse uscire. Lo supplicai di dirmi dove potessi potare Luigi, in Svizzera, o altrove. Mi sarei indebitato, ma Luigi doveva guarire. Ma ancora lui seccamente riprese, dandomi forza, che nulla e più niente era possibile fare. Era la fine! Chiesi allora di voler far dimettere Luigi.
“Domani lo dimetteremo”.
Mi avviai, non so come nella stanza del piccolo. Lui inerme, io fisso a guardarlo. Volevo gettarmi sopra, dar sfogo a quelle poche lacrime che forse potevano ancora uscire dai miei occhi. Tenerlo stretto fra le mie braccia per non più lasciarlo. Ma anche questo sfogo umano era precluso. Mia moglie era lì.
“Che ti ha detto il Professore?”
“Per ora è piccolo e non possono applicare la valvola, per cui domani lo dimettono e gli daremo delle cure da fare a casa. Fra sei mesi si vedrà se sarà possibile fare l’operazione”.
Bugia, santa bugia che ero costretto a dire. Ero lì lì a dare sfogo. Non potevo reggere più ero distrutto.
“Normina” le dissi “io vado a casa e torno domani. Prepara tutto per partire”.
Era una scusa per uscire. Non volevo che potesse accorgersi della verità che il mio scrigno aveva rinchiuso con tanta cattiveria. Finalmente fuori. Il mio corpo era paragonabile a un vulcano nella sua piena attività. Immediatamente cercai un telefono. Telefonai dapprima ai miei genitori, ai quali con voce tremante e velata, nascosi tutta la verità, poi a D. Candido. Con lui il sfogo fu enorme. Chiesi, inconsciamente, di pregare. Dissi tutto ciò che mi era stato detto. Nulla più v’era da fare. La Madonna non esiste, o almeno è insensibile alle mie suppliche. Essere Cristiani è solo patire. A Dio, alla Vergine piace veder soffrire. Non è giustificabile il male a un bambino.
La Fede vacilla. Qualche improperio esce dalle mie labbra. D. Candido mi dà forza, ma ormai sono insensibile. La Vergine del S. Rosario è pura infatuazione. Pochi attimi mi trasformano. Il mio pensiero è sempre rivolto a Luigi e a calpestare la Religione. Piango e cammino. Cammino e piango. Arrivo a casa senza che me ne accorgo. Quanto tempo è passato, non so. Appena mia zia apre la porta di casa, mi butto istintivamente fra le sue braccia piangendo. Non ho parole.
“Cosa c’è?” mi dice.
Non rispondo. Piango, riesco finalmente a calmarmi. Le dico tutto. Il mondo mi è crollato addosso. Ho dato sfogo a tanto lungo silenzio. Isa è sempre lì. Con forza e Fede incrollabile cerca di sostenermi. Il buio della notte non mi coglie nel sonno. Non aspetto che il giorno. Porterò Luigi a casa e nel contempo penserò dove rivolgermi. Non è possibile che nulla si possa fare.
Esco di buon ora. Non so dove andare, so solo di prendere Luigi quanto prima. Giunto in Clinica penso di trovare pronta mia moglie e il bambino e così ripartire, ancora una volta illuso che portare mio figlio, potato fra tanti luminari della scienza potesse guarire. Entrato in camera trovo Luigi ancora nel suo lettino e mia moglie non ancora pronta.
“Non vi siete preparati?”
“Michele, il Professore non lo vuole dimettere, dice che gli devono fare un’altra lombare”.
No! Non può essere. Perché tanto martirio? Mi reco dal Professore. Egli è perplesso per questa atrofia cervicale, essendo Luigi molto vispo. Vuole, quindi, rifare una seconda lombare e la scentigrafia cranica. Bisogna perciò, attendere almeno un’altra settimana pe effettuare questa lombare. Un ulteriore spiraglio? Un’ultima speranza? Mi aggrappo a questo esile filo di possibilità che mi gettano. Prego la Vergine del S. Rosario. Preghiere meccaniche che vogliono strappare a forza ciò che uno non vuole dare.
Si effettua la seconda lombare. Due anni. Due lombari in un arco di sette giorni. Vedere Luigi dopo questa lombare…meglio non descriverlo.
Esito: uguale.
Ancora una volta la Vergine non esisteva, almeno per me. I luminari della medicina avevano fatto tutto. Solo ora, di fronte alla realtà del male, si sono arresi. Ma lei? Cosa ha fatto? Lei dispensatrice di Grazie, non si è neanche degnata di rivolgere uno sguardo su quel bimbo innocente. Come può una Madre non avere cura del figlio? Che male, quali peccati imperdonabili aveva commesso quell’anima innocente? E l’amore che Gesù aveva per quei fanciulli poteva Lei dimenticarlo? Ormai tanti problemi Cristiani non potevano più interessarmi. Dio, se esiste, è all’altro mondo, io sono sulla terra. L’uomo è polvere e polvere tornerà. Allora? Chi è Dio? La Vergine? Enti immaginari e propagandistici per chi intraprende il mestiere (e non la vocazione) di prete. Da una vita, e cioè, sin dall’età di Luigi la mia è un calvario. Ora lo è ancora di più: io e mio figlio. Basta con le preghiere, le suppliche.
Prendo Luigi e vedo il da farsi. Mi dimettono Luigi. E’ il 2 Agosto. E’ passato quasi un mese dal suo ricovero a Milano. Il dottor Francesco M. Crotti mi rilascia una lettera:
20122 MILANO, 2/VIII/76
Dimettiamo in data odierna il bambino Masucci Luigi di anni 2 qui ricoverato il giorno 8/VII per accertamenti. Il piccolo paziente con cranio con dimensioni maggiori della norma ha presentato da circa 4 mesi crisi motorie generalizzate con la frequenza all’inizio di 7 – 8 al giorno, e poi 3 -4, infine, nell’ultimo periodo, cioè da quando è in osservazione, nessuna. I nostri accertamenti hanno evidenziato un tracciato alterato, di tipo epilettico; questo è d’accordo con l’esame pneumoencefalografico che mostra atrofia corticale con dilatazione dei laterali e del 3°. E’ presente pure area di poroencefalia corticale insulare sin. E parasellare sin. Il controllo del flusso liquorale mediante cisternoventricolografia isotopica ha evidenziato tracciato di tipo misto. Per il momento riteniamo di soprassedere all’intervento chirurgico di derivazione liquorale. In ogni caso il bambino va messo in terapia anticomizialesecondo schema. Evidentemente le alterazioni viste alla pneumo sono il risultato di un processo infiammatorio progresso. Riteniamo opportuno sottoporre il bambino alla ripetizione della cisternografia isotopica tra sei mesi circa.
Con ossequi, per il Direttore, dott. Francesco M. Crotti.
Il viaggio della speranza è finito. Alla vigilia dell’Assunzione dell’anno della sua nascita Luigi allietava la casa, oggi a una settimana dalla stessa festa rientra distrutto e con due cuori, mamma e papà, affranti. I miei suoceri e mia cognata non sanno ancora nulla di questo mese infernale trascorso alla Neuro di Milano. Avevano fiducia. Cosa dirgli? Anche qui devo mentire e tacere. Il bimbo deve stare con loro in quanto i medici hanno detto di farlo stare all’aria aperta. Parlare significherebbe far sapere tutta quanta la verità a mia moglie. Ripeto ancora bugiardamente che il bimbo è troppo piccolo per essere sottoposto a un intervento chirurgico, ma deve prendere delle pillole prescrittegli: Luminarette.
La mia esistenza, ormai è un continuo dolore. Saper di aver il figlio cui il responso medico è stato fin troppo chiaro: nulla più v’è da fare. Il lavoro, in più, mi allontanava da lui e dalla famiglia. Potevo vivere in simili condizioni? Ogni quindici giorni che tornavo a casa era la solita risposta:
“Come va Luigi?”
“Sempre lo stesso. Anzi, le cadute continuano e con maggior frequenza”.
Un attimo di sorriso non poteva esistere per me. Ero conscio della reale malattia e quindi nessuna illusione. In casa si parlava della Vergine del S. Rosario, di preghiere, mai avrei voluto ascoltare simili discorsi. Illusi! Nel 2000 credere ancora ai miracoli. Meglio tacere. Non volevo offendere questa loro credibilità Era il cocco della casa ed era giusto che almeno questo predilettismo lo lasciassi vivere, anche se sapevo che era mascherato da pietosismo. Unica soddisfazione che ancora mi restava. Ma da qui a poco avrei dovuto rendermi conto che nessuna pietà esisteva per lui nell’ambito famigliare, ma amore, tanto amore, sorretto da quella Fede che io avevo perso. Da qui a poco, sì!
Una persona che realmente e amorevolmente se lo stringeva a sé, si era corta, forse, dell’entità del male e della nullità della medicina: la zia. Per questo amore materno che nutriva per Luigi, non volevo contraddirla nella Fede. Per lei non esisteva la medicina se non la preghiera. Preghiera assidua a quella della Vergine del Rosario che avrebbe potuto sanare Luigi e dimostrare che, dove non può la medicina, può Lei.
Aveva Fede. Sapeva che la Madonna non sarebbe stata sorda ancora una volta. Avrebbe accettato le sue suppliche. Tuttavia questa Fede riscontrata in lei, non era sufficiente a farmi tornare il credente di una volta. Il peso del dolore di mio figlio era un macigno enorme sulle mie spalle tanto da impedirmi di rialzarmi. Dio, come dicevo, vive in un mondo diverso dal nostro. Nel contempo però, nel vedere questa Fede cieca e sicura, mi rendeva ancor più misero.
Sono tre mesi di continue e martellanti preghiere che mia cognata rivolge alla Mamma Celeste del S. Rosario di Ari. Tanti miracoli ha fatto e questo deve essere un altro anello da aggiungere a sì infinita catena di Grazie. Non è scoramento il suo, ma vuole altre preghiere, altro aiuto.
Credo opportuno allora portare Luigi a D. Candido, vessillo e condottiero instancabile della Vergine del Rosario di Ari, affinché preghi anche lui. Egli è figlio prediletto il Santo Rosario è la sua vita. Il bene per le anime a lui affidate è immenso. Anche delle sue preghiere, quindi, ha bisogno Luigi.
Ma mia moglie si oppone alla sorella di portare Luigi in Chiesa. Portare Luigi è una vergogna. Tutti avrebbero visto delle scene raccapriccianti. Luigi cadeva continuamente. Che avrebbero detto la gente? Quale spettacolo ignobile da presentare a loro! Quindi divieto tassativo di portare il piccolo ai piedi della Madonna.
Mia cognata, che tanto soffre, si ribella. Prende Luigi e lo porta in Chiesa. Parlasse la gente, perché dovrà parlare anche lei.
E’ il 27/9/1976 col bimbo fra le braccia si presenta a D. Candido.
“D. Candido aiutate questo figlio. Il suo caso è straziante. Soffre molto”.
“Non ti perdere di coraggio” ribatte “la Madonna aiuta tutti. Perché non dovrebbe farlo per Luigi?”.
La sua spontaneità, la sua certezza, il suo credo fanno rabbrividire.
La Vergine è la tua guida, D. Candido, Lei ti ha prediletto e fa che il tuo esempio e il tuo amore ci dia una briciola di questa tua Fede!
“Non mi perdo di coraggio” riprende mia cognata “ma cerco altre preghiere da presentare alla Madonna”.
“Iniziamo la novena in Chiesa e poi ungiamolo con l’Olio benedetto. Luigi guarirà”.
Così questo stesso giorno ha inizio la Novena. Nove giorni in cui la Madonna verrà martellata da tante anime buone.
Ed io? Io sono all’oscuro di tutto. In fondo che preghiere posso elevare a Lei? Io che non solo sono peccatore, ma anche denigratore di questa Religione? Mi sono allontanato quando forse mi dovevo ancor più aggrappare a Lei. La Madonna del S. Rosario voleva dimostrarmi, con questa grazia alle soglie, che Dio c’è, Lei esiste e la Religione non è pura infatuazione della mente dell’uomo. Ancor più, però, farmi tornare su quella strada che avevo abbandonato solo perché esigevo la guarigione di mio figlio. In sostanza essere cristiani vuol dire accettare il disegno e il volere di Dio. Credere nel suo Amore in ogni evento che la vita ci dona. Anche il dolore ci è donato per la nostra e altrui salvezza. Mi sarebbero tornati così alla mente, la figura della Isa e soprattutto quelle migliaia di ammalti che avevo visto e assistito a Lourdes. Essi gioivano delle loro sofferenze e offrivano i loro dolori per la salvezza del mondo.
Il sei ottobre, e cioè il primo giorno dopo la novena, Luigi ha ancora delle cadute, ma irrilevanti di fronte alle cadute che aveva. Giorno dopo giorno inspiegabilmente per me e forse per la medicina le cadute spariscono. Luigi non ha più crisi, la testa si normalizza. Cos’è successo? Un miracolo! Quel miracolo da me tanto voluto e in cui non speravo più. La Vergine non aveva abbandonato Luigi, ma ero io che avevo abbandonato Lei. Lei Mamma premurosa cui premeva la salute dell’anima e poi quella del corpo. Finalmente avevo mio figlio sano, ma soprattutto avevo ritrovato me stesso.
Ho voluto dimostrare senza interesse alcuno e senza che nessuno mi spingesse a farlo con questa “Cronistoria di un miracolo” quanto grande sia la Vergine del S, Rosario di Ari. Non dobbiamo distaccarci da Lei, anche se le nostre suppliche per ottenere le guarigioni corporali non sono esaudite. I suoi voleri sono altri e supremi. Accettiamo la Sua volontà nella gioia e nel dolore. Di certo mi si contesterà che ora che Luigi è sanato è facile dire di accettare i dolori. E’ vero! Ho sbagliato e peccato, ma saprò trarre profitto e insegnamento per me e i miei figli. La Vergine del Santo Rosario di Ari è miracolosa. Realtà che nessuno potrà disconoscere, poiché le testimonianze sono enormi. Inoltre a riprova che quanto scritto non è infatuazione, allego alla presente storia tutte le documentazioni, ovvero tutte le cartelle cliniche in mio possesso. Siano queste dimostrazioni, che quanto da me voluto narrare, servano per propagandare il culto e l’amore per la Madonna del S. Rosario di Ari. Ella è mamma buona, misericordiosa e sensibile alle preghiere, e soprattutto al S. Rosario, che i suoi figli terreni le innalzano in ogni istante della loro giornata.
Il 13 Luglio 1981, ancora Luglio, miracolo divino, Luigi ha una sorellina. Il suo nome: Rosaria. Sì, Rosaria. Ho voluto ringraziare così la Madonna, e tener sempre presente, in ogni istante, la Sua Materna protezione. A Lei, inoltre, il 7 ottobre, festa del S. Rosario, l’ho consacrata.
Finisce qui questa cronaca che tanto avevo bramato di scrivere e che finalmente potrò adagiarla miseramente ai suoi piedi.
Non posso però, alla chiusura non ringraziare e pregare la Madonna di stendere la Sua materma protezione su quanti per me hanno voluto aiutarmi sia moralmente che spiritualmente. Grazie Fosco, grazie zia di Milano, grazie Isa e soprattutto a te Graziella. Non sei stata per Luigi soltanto la zia Graziella, ma una seconda mamma. Hai pianto, pregato e voluto che la Madonna intercedesse con le tue preghiere per la guarigione del tuo carissimo nipotino Luigi. Non ti posso e non so come ringraziarti. La Vergine che tanto ti è cara, lo farà per me. Nelle mie preghiere, se vorrà accettarle, ci sari tu.
E a te D. Candido? Cosa dirti? Come ringraziarti? In ogni circostanza, nella gioia e soprattutto nei dolori, ci sei tu. Tu pastore buono, cui tutte le pecorelle vorresti nel tuo ovile e riportarle sane e salve alla casa del padre. La Madonna del S. Rosario ti predilige. Sgranelli rosario su rosario perché sai che questo lei vuole da te. Tante volte non siamo buoni con te. Ma tu ci perdoni. Sai che siamo peccatori e quindi preghi per noi. In ogni circostanza al tuo accenno ti saprò essere vicino. Saprò pregare per te. Che la Vergine ti cinga della Sua protezione e del suo amore! Pregherò che tu ci sia sempre ai nostri fianchi, che ti preservi da ogni male e specialmente che il tuo abbandono a Lei sia sempre maggiore.
E infine a Te, Mamma Celeste. Sono peccatore, lo so, ma sempre tuo figlio! Ti avevo abbandonato e tu misericordiosamente mi hai teso le mani. Mi hai buttato la corona del S. Rosario come ancora di salvezza. Come ringraziarti?
“Prega, prega col santo rosario”, è questo, lo sento, ciò che vuoi da me.
Essere cristiano. Forse tante altre volte cadrò, ma sono certo che tante altre volte mi vorrai sollevare. Quanto sei buona Mamma! Farò ciò che vorrai, ma non mi abbandonare.
Che questa storia del SS Rosario di Ari sia esempio a tanti che in te non vogliono credere. Che la loro cecità si possa dissipare e così mirare nel più fulgido splendore del Tuo Materno amore. Sii in questo mare tempestoso il nostro nocchiere, il faro splendente per condurci in porto senza pericoli. Potremo così amarti e gloriarti nella vita eterna, per la quale tuo Figlio Gesù e nostro Padre si è fatto immolare.
