
Fino all’arrivo di don Candido, i ragazzi della parrocchia di Ari non potevano partecipare al campionato di calcio juniores perché nessuno li portava in trasferta nei campi di calcio delle altre parrocchie. Giocavano fra loro senza poter costituire una squadra.
Del resto tutta la parrocchia versava nella desolazione a causa di un clero corrotto che aveva preferito soddisfare infimi interessi personali, come testimoniava la gente di Ari che frequentemente ricordava con amarezza le gite di preti al mare con l’amante – pratica divenuta conforme alla vita clericale quale parte del costume dei ministri sacri – abbandonando la canonica al più infimo squallore.
L’arrivo di don Candido è stato, perciò, come l’irruzione di un vento forte e vivificante che ha spazzato d’un colpo il lordume lasciato nella casa di Dio. Con lui, vero prete, tutto è cambiato in parrocchia.
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Figlio eletto della santa Vergine apparsa a Ghiaie, quale “Sacerdote Missionario secondo il Suo Sacro Cuore”, la prima cura, don Candido l’ha rivolta alle famiglie. Frequentava infatti, le case del paese, nelle quali condivideva i pasti, portando in ognuna, come figura di Cristo, la preghiera e la Parola di Dio. In alcune si fermava anche a lavorare aiutando concretamente le famiglie secondo i diversi bisogni. E correva nelle case dei morenti per stare accanto a loro, prendere le loro mani e accompagnarli fiduciosi, con la preghiera, la confessione dei peccati e la Grazia dell’Unzione degli infermi, nel transito da questa vita a Dio. Per questo aveva chiesto a tutti di chiamarlo anche in piena notte con urgenza.
La salvezza delle anime era il fine principale del suo apostolato
(si ricordi che in preparazione alla Tonsura il giorno 21 marzo 1957 scriveva nel suo diario: «Mi faccio sacerdote per salvare le anime. Siano queste poche o molte. Il fuoco dello zelo mi deve incendiare per sacrificarmi di più per la conversione dei poveri peccatori» pensando d’istituire una “Congregazione delle angeliche figlie del Cuore di Maria”).
E a tal fine, come un gran catechismo rivolto a tutti, don Candido aveva fatto istoriare l’abside della chiesa di Ari, con un grande affresco (cui dedicheremo un’apposita riflessione) nel quale erano raffigurate le tappe della Salvezza, così che ogni fedele, entrando nella casa del Signore, avrebbe potuto vederle” e ricordarle, rammentando le sue catechesi.
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Questo il contesto apostolico-pedagogico in cui collocare l’apostolato di Candido in favore dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, maturato fin dalla sua giovinezza e definito compiutamente in Seminario.
Nel diario scritto in Seminario, il giorno 12 febbraio 1956 Candido scriveva:
«Devo pregare molto, sacrificarmi moltissimo per i bambini, per i ragazzi e per i giovani, credo che costoro siano uno dei dei fini della mia vocazione».
E il giorno 22 settembre 1956:
«Vorrei che dopo la mia morte parlassero di me come dell’Apostolo dei ragazzi, come di don Bosco».
Nella stessa pagina, dopo aver dichiarato «Vorrei tornare ragazzo per vivere sempre fra i ragazzi» proponeva un vero e proprio programma di apostolato in favore dei ragazzi.
«Già da ora sogno un grande e bell’oratorio, bene attrezzato, con ampie sale e grandi finestroni. Sogno uno stuolo immenso di ragazzi e di giovani che fanno baldoria, ma che anche pregano, si ritirano nella cappella ove palpita d’amore per essi Gesù e Maria, che vivono la vita interiore e che fanno la lettura spirituale. Diffondere fra la gioventù tante riviste sane e morali. Prenderle da ogni parte per il bene non ha limiti come il male. L’educazione del giovane, del ragazzo e del giovane, intendo educazione morale e perché no? anche civile, incominciano dalla culla, o meglio i difetti, i vizi, le inclinazioni dei ragazzi, come pure le virtù come l’onestà, il sacrificio la purezza, la lealtà, la fortezza etc…incominciano e traggono la loro origine dal carattere dei genitori. Vi sono ragazzi o giovani viziati e tarati in radice, è colpa loro? No. Come il peccato originale ha la fonte nei nostri progenitori, così il ragazzo ha ereditato ciò che di buono o di cattivo gli hanno dato i suoi genitori. Da qui la necessità dell’oratorio formativo. In esso, con la cura paterna comprensiva e diligente del direttore spirituale possano i nostri ragazzi guarire, emendarsi, vincersi e formare un carattere serio che promette le più lusinghiere speranze. Nell’oratorio due sono i formatori, Gesù e Maria. Gesù che assolve e Maria che santifica. Gesù che ama e Maria che preserva. Il Sacerdote non è che lo strumento nelle mani di Gesù, strumento cosciente, ma sempre mezzo per andare a Gesù. Io non vorrei mai vedere un giovane o un ragazzo triste. Questo sarà il mio martirio. Vorrei offrire a Dio giovani e fanciulli come un soave incenso, come un canestro di fiori olezzante ai piedi di Maria. L’oratorio servirà anche per i grandi, per gli uomini fatti, per le mamme etc..e tener loro ogni settimana un corso d’istruzione religiosa incominciando dai primi elementi fino alla dimostrazione filosofica e teologica di Dio. Dare ai giovani una soddisfazione, cinema, teatro, banda, giochi, aria, sole. Quando si va in campeggio portare il grammofono con belle canzoni».
In Seminario, Candido rifletteva continuamente su questa sua vocazione, che si rafforzava in lui per le strade di Roma vedendo la condizione desolata dei giovani, come nella passeggiata del 16 febbraio raccontata in una pagina del suo diario.
«Questa sera tornando da passeggio, a una svolta di via B.V., vicino a una fontana c’era un ragazzo, ancora con la voce bianca, che poteva avere 12 anni con una ragazza. Si parlavano più con i gesti e con i sorrisi. Arrivato vicino ai due il maschietto stava sollecitando al male la ragazza, che poteva avere dai 12 ai 14 anni. La ragazza si mostrava forse renitente e il ragazzo tutto amore e passione le disse – E su non fare la scema! – Il ragazzo dal viso mi parve ancora un mezzo angioletto. Era veramente bello, simpatico. Il colorito un po’ bruno (stavano nella semioscurità) capelli neri, occhi belli, lucenti. Di statura forse un po’ slanciata alla sua età. Come mai questo maschietto di 12 anni si è incamminato per la via del male? Avrà ancora la mamma? Frequenta l’A.C.? Cosa legge? Chi gli ha insegnato avanti tempo l’amore all’altro sesso? Il cinema? Se fossi stato solo mi sarei fermato, gli avrei parlato di un’altra donna, Maria. L’avrei baciato in viso, l’avrei preparato a una buona confessione. Forse il ragazzo non sa che fare. Forse non è amato e va in cerca di comprensione e affetto. – Perché, mio Dio, c’è tanto marciume in cuori tanto giovani e aperti come finestre all’alba al bello, al buono? Forse oggi non si comprendono i ragazzi, i giovani. Ci sono pochi sacerdoti che consacrano del tempo per questi futuri papà, per questi futuri apostoli. Li credono cosa da trascurarsi e non vedono che dimenticano la parte più nobile, più sensibile e più sublime della Chiesa. La gioventù futuro della Chiesa. Date ai giovani un locale dove passare le ore in santa allegria, portateli soprattutto davanti al Tabernacolo. Sappiano i giovani che hanno una mamma, Maria. Far loro amare un ideale. L’ideale degli eroi, conquistare tutti i giovani alla causa di Cristo».
Questo l’ardore apostolico che ha nutrito l’azione di Candido verso i ragazzi, nel quale si dispiega il suo operare concreto, come la formazione della squadra di calcio della parrocchia di Ari.
Aveva pensato a tutto. Non solo a far confezionare una divisa, ma anche a portare i ragazzi della squadra nei campi di calcio per le trasferte. In mancanza di mezzi, caricava i ragazzi sulla grande Mercedes bianca che gli avevano regalato e li conduceva per le stradine dell’Abruzzo, trasmettendo loro, nel tragitto, la gioia di vivere, affinché, nel suo spirito i ragazzi gustassero, in anticipo, la festa del Paradiso, dove si continua a giocare, nell’Amore di Gesù e Maria.
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Un chiaro riferimento alla formazione del suo apostolato per i ragazzi e i giovani sul modello di don Bosco, lo si trova anche nel diario del Noviziato (1950 – 1951), in particolare in una pagina in cui don Bosco è citato sul margine di una pagina, ma in chiara evidenza.
In quella pagina, parlando a se stesso, appena vent’enne, Candido iniziava a formare – secondo la proposta salesiana fondata su religione, ragione e amorevolezza – le modalità pedagogiche con cui relazionarsi ai ragazzi.
«Convincere il giovane con la ragione e la religione» scrive Candido.
E poi continua:
«…fra dieci anni quando la tua ragione sarà sviluppata come quella dei tuoi professori, superiori, quando il tuo corpo camminerà di pari passo con la ragione allora apprezzerai davvero il beneficio dell’educazione…bisogna che tu impari a giudicare, e prendere a vivere la vita con senso religioso cioè considerare tutti gli avvenimenti lieti e tristi allo sguardo sapiente e amoroso di Dio» .
Nel diario del Noviziato si trovano altresì, riflessioni profonde su vari aspetti dell’animo dei giovani come il potere della fantasia e delle immagini che possono produrre richiami impuri che intorbidiscono l’anima.
Il tema della purezza risalta in primo piano come terreno di lotta per il giovane.
Rivolgendo a se stesso insegnamenti che, da sacerdote, avrebbe rivolto ai suoi giovani Candido scrive:
«Non dipende da te l’avere o no pensieri impuri, dipende da te e sei obbligato a cacciarli quando ti accorgi di averli. E’ in tuo potere non acconsentirvi. Non è in tuo potere il non averli. Sarebbe un errore fatalissimo e un inganno che l’obbligo a mantenerti puro arrivasse fino al punto di non avere mai stimoli contrari. E’ un errore perché la tua natura umana domanda e acconsente una purezza umana (per coloro che vorrebbero unirsi in matrimonio) e angelica fino a un certo punto perché una purezza che consiste in una purezza completa di stimoli contrari può essere un sogno, un ideale, una figura retorica, ma giammai una realtà, cioè un fatto. Se ti viene alla mente il nome di san Luigi ti rispondo subito che dovette subire molti stimoli contrari se dovette ricorrere a mezzi così severi per reprimerli. Tu ti sei messo in capo da te stesso o te l’hanno messo in capo certi educatori (che tu forse non hai compreso bene a dovere) di dover praticare una virtù angelica, di vivere cioè come se non avessi corpo. Quale fu la conclusione? Questa. Dopo aver fatto qualche esperienza hai concluso che è impossibile e allora hai gettato a mare, non solo l’impossibile proposito, ma anche il possibilissimo impegno di reprimerle e allontanarle quando sono avvertite» .
Scriveva queste riflessioni citando la nota frase di Pascal «Chi pretende di far l’angelo finirà col fare la bestia» tratta da un libro edito dall’Istituto Salesiano per le Arti Grafiche, Colle don Bosco (Alla scoperta di se stesso, di Antonio Coiazzi)
Con san Giovanni Bosco, san Luigi costituirà un riferimento fondamentale nella formazione sacerdotale di Candido, come vedremo riprendendo la lettura dei diari di Candido. Per ora ci limitiamo a sottolineare quanto fosse importante, per Candido, l’amorevolezza, come insegnava don Bosco, oltre la ragione e la religione.
E a questo proposito scrive:
«Ma chi pensa alla delicatezza con cui vanno trattati gli adolescenti? Solo chi ha un cuore gentile e ha imparato dalla Religione a rispettare questi primi effluvi del sentimento. Mettersi in condizioni dell’adolescente, grande immutabile dolcezza, ricevere tutti anche i meno buoni, come fa la Mamma del Cielo vedendo in essi Gesù adolescente…Assoluta innocenza di pensieri. Massime e pratiche di religione ragionata spiegata al ragazzo. Far fare occupazioni utili e interessanti, esercizi frequenti e dilettevoli del corpo, scampagnate, ginnastica, passeggio, corse…Mostrare grande confidenza rispettosa verso di loro».
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Don Candido sapeva vedere in ognuno dei ragazzi la vocazione alla quale erano chiamati, in particolare la vocazione sacerdotale, che, per lui, rappresenta l’apice delle vocazioni.
Come abbiamo ricordato, nella lettera alla mamma in preparazione alla professione religiosa, Candido scrive:
«Coloro che hanno scelto Gesù solo, avranno un posto distinto, elevato, glorioso nel cielo, saranno vicini al trono di Dio, seguiranno Gesù, l’Agnello Immolato e canteranno un cantico che ad essi soli sarà dato di cantare e porteranno un nome tutto celeste», .
Il sacerdote, per Candido, aspira ad essere come l’opera perfetta di Gesù, immagine stessa di Gesù, e come Gesù offrirsi in olocausto per la salvezza delle anime abbracciando i fratelli con lo stesso Amore di Gesù Misericordioso, e, per questo, chiamato a una lotta incessante contro il male, e il peccato, innanzitutto in se stesso mediante una preghiera diuturna per non tradire la vocazione e mettere in croce Gesù.
Intemerato soldato di Cristo, e milite di Maria, il sacerdote, per Candido, è chiamato da sempre anche a una lotta a morte per liberare le anime dal demonio.
Determinante il ruolo della santa Vergine nella formazione sacerdotale,
A un ragazzo della parrocchia di Ari, orientato al sacerdozio, così scrive Candido per confermarlo nella scelta.
«Colei che tutto vede veglia al tuo fianco, vuole solo che tu la chiami e sentirai quanto soave sarà per te la vita. Avrai ancora giornate di sole e di tempesta, ma è Lei la stella che guiderà il tuo cammino. Ho una domanda da farti da parte di Maria: “mi vuoi aiutare a salvare le anime? Vuoi essere l’apostolo del mio Cuore?”…la vocazione si rafforza nel cimento e nella lotta…quanto è contento Gesù quando gli puoi dire: “Gesù ti preferisco al fango del mondo. Gesù solo tu mi basti”. Alla sera Gesù poserà sulla tua fronte un bacio e ti dirà: “Grazie perché mi hai amato”. Dona ardentemente il tuo cuore a Dio per il tuo ideale, devi dare alla tua giovinezza un orizzonte divino…senti l’armonia divina che abita in te, tu sei un angelo che ha scelto per sé. Avrai ancora slanci di bene e basse maree, crisi che ti faranno piangere, mi troverai sempre al tuo fianco pronto a donarti il mio incoraggiamento, pensa che ti seguo sempre e che la tua battaglia, i tuoi dolori si ripercuotono sul mio cuore e soffro con te».
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Lo colpivano gli atti eroici compiuti dai giovani in particolare dai bambini, come Jean Claude, che per guadagnarsi il vestitino della Comunione col frutto del proprio lavoro sapendo che la mamma, per la sua estrema povertà non avrebbe mai potuto soddisfare il suo legittimo desiderio, ha perduto una gamba triturandosela fra gli ingranaggi di una trebbiatrice.
«E’ raccapricciante, ma anche commovente» scrive Candido riflettendo su questo gesto eroico.
«Commovente nella causa che ha provocato l’infortunio, nel protagonista che ha dimostrato un eccezionale dominio di sé. Commovente infine nell’ondata di solidarietà che ha suscitato e nei nobili gesti nei quali si è manifestata: da quello di chi gli ha fatto giungere abiti da Prima Comunione già confezionati e bellissimi a quello della ignota mamma che gli ha fatto pervenire il bracciale di seta bianca, ricordo della Prima Comunione di suo figlio morto» .
Lo straziavano le sofferenze dei bambini che segnava nel suo diario scritto in Seminario, per conservarli nel cuore
«Ernestino…è un bambino di 6 anni che è rimasto cieco a causa di una grave malattia. La sua famiglia è molto povera e non può tentare di cambiargli gli occhi» .
«Randy…6 anni. Lui e la madre sono protestanti. Sono andati a Lourdes per chiedere la guarigione alla Madonna. Lui è affetto da leucemia acuta. E’ stato abbandonato da tutti i medici senza più alcuna speranza» .
