
La morte di suor Adelaide.
Più volte la santa Vergine ha promesso ad Adelaide il Paradiso, ponendo se stessa come premio del suo martirio.
La morte di Adelaide appare così, chiaramente, come il compendio, il compimento e il compenso della Missione accettata e vissuta da Adelaide nella sequela di Cristo, il Verbo di Dio, che, per questo fine, si è fatto uomo e ha sofferto fino a morire sulla Croce per salvare gli uomini e unirli come una sola famiglia, in una sola Chiesa. Per questo la morte di Adelaide è un grande dono per la vera Chiesa, come lo è la sua Missione.
E poiché la morte di Adelaide è tutt’uno con la sua Missione, possiamo dire che: se la partecipazione alla Missione di Adelaide, e al suo martirio, permette di accedere alla stessa Missione della Vergine, e dunque della Chiesa, così la partecipazione alla morte di Adelaide permette di accedere alla morte nelle mani della santa Vergine, e dunque della Chiesa.
La morte di Adelaide è un grande dono, perché la promessa della santa Vergine di portare Adelaide in Paradiso dopo una vita di martirio, è da considerarsi, ecclesialmente estesa a tutti coloro che vi partecipano dopo una vita di martirio spesa nell’offerta di sé, seguendo Adelaide quale modello per la Chiesa e della Chiesa.
A questo fine pubblichiamo la testimonianza dell’infermiere dell’hospice dell’Istituto dei tumori di Milano che l’ha accompagnata nei suoi ultimi giorni di vita.
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Non ricordo tutti i pazienti che ho gestito in 10 anni di lavoro in Cure Palliative, non ho una memoria così forte ahimè, anzi, ma Adelaide e alcuni passaggi dell’assistenza ad Adelaide li ricordo molto bene, e li conservo come doni preziosi nel mio cuore.
Non posso divulgare dati sensibili di Adelaide legati alla sua patologia, anche perché non li ricordo, ma posso certamente raccontarti quello che mi ha lasciato in dono assistendola; ovviamente non parlo di doni materiali, ma spirituali.
Adelaide è stata ricoverata da noi per due volte, nel periodo primavera/estate del 2014. Durante i due ricoveri Adelaide non aveva mai raccontato del suo passato né tantomeno della sua veggenza e delle apparizioni della Madonna, si era solo limitata a dire che per lei la Fede era una parte fondamentale della sua vita.
La prima volta era stata ricoverata in camera 6 (abbiamo 10 camere di degenza in Hospice) e ricordo bene il suo ingresso perché sono stato io ad eseguire la raccolta dati e l’accettazione in reparto della paziente. Di quel momento ricordo di essere rimasto affascinato dalla sua persona, aveva una tale serenità nella sua consapevolezza di non guarigione e prossimità alla morte, che pochi pazienti hanno.
Ricordo che durante le domande di rito mi aveva parlato della sua grande Fede e della vicinanza alla Vergine Maria e queste rappresentavano le sue certezze che le davano la forza di andare avanti ed affrontare il suo fine vita. Ricordo bene quel momento perché ho in mente il grande imbarazzo che ho provato, nel non sapere cosa dire, nel non sapere cosa fare, nel tentare di nascondere i miei occhi lucidi pieni di commozione, nel non riuscire a trovare le parole di conforto che usualmente utilizziamo con i pazienti terminali, perché Adelaide pur essendo terminale era Lei che stava confortando me e mi diceva “Stai tranquillo, non devi dirmi nulla! Stai facendo un buon lavoro, non devi dire o fare altro, io sono tranquilla!”.
Ecco pur non sapendo chi fosse, l’energia e la personalità di Adelaide la precedevano, lasciando esterrefatto chi si rapportava a lei. Dopo qualche giorno era stata dimessa, aveva fatto rientro nella sua casa, gestita in assistenza domiciliare, fino ad arrivare dopo un po’ di tempo al suo secondo ed ultimo ricovero in Hospice.
Per il suo secondo ingresso era stata ricoverata nella stanza di degenza numero 7, dove poi è deceduta. Di questo suo secondo step da noi, ricordo molto bene il momento della sua morte, perché ero io di turno in reparto quella notte.
Era una notte tranquilla, non c’erano particolari criticità e tutto quindi propendeva per una notte abbastanza serena. Era evidente che Adelaide ci stava lasciando perché i parametri vitali erano alterati, non vi era più la diuresi e il suo volto aveva assunto una diversa fisionomia, tipica di chi si accinge al trapasso, ma a differenza di tanti altri pazienti Adelaide aveva mantenuto la sua lucidità fino alla fine, aveva mantenuto un buono stato di vigilanza e l’eloquio era comprensibile, seppur si esprimeva con una voce molto flebile.
Non era sola, ad assisterla durante la notte c’era la figlia. Spesso entravo in quella stanza per vedere le condizioni di Adelaide e per accertarmi che non soffrisse e se avesse bisogno di qualcosa.
Erano circa le 3 di notte quando mi ero fermato più a lungo nella stanza di Adelaide, non so perché quella stanza e quella paziente mi chiedevano di entrare così spesso, lei non suonava il campanello, forse perché in me c’era quel desiderio di vicinanza fisica ad Adelaide che non sapevo spiegare, riconoscendo inconsciamente la grandezza di quello che stava succedendo. Certamente quando un paziente sta morendo entriamo spesso nella sua stanza, ma quell’assistenza era diversa, aveva qualcosa di inspiegabile, come se ci fosse una calamita.
Erano quindi circa le 3 di notte, da una parte la figlia e dall’altra io le tenevamo la mano, entrambi con gli occhi ludici, Adelaide si rivolse a me e mi disse:
“Grazie Gianluigi, va tutto bene, è qui con me la Madonna! Ora mi devi lasciare la mano perché la devo dare a lei! Tu mi hai accompagnata fin qui ma ora devo andare con Lei! Grazie di tutto!”, e con una lacrima che scendeva dal suo viso, tipica di molti pazienti la cui anima abbandona il proprio corpo, Adelaide esala il suo ultimo respiro.
Questo è il dono di Adelaide!
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Occorre aggiungere che a un suo caro amico, dieci giorni prima di morire, suor Adelaide diceva:
«Vedo la Mamma qui davanti che allunga le sue braccia verso di me e dice Piccola Martire ti sto aspettando vieni, ma non è ancora ora e io lo so».
E ancora diceva:
«la morte è LUCE, non devo aspettare di morire per vedere la LUCE, io la vedo da quando ero bimba».
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La lacrima di Adelaide.
La testimonianza dell’infermiere dell’Istituto oncologico, che ha accompagnato suor Adelaide alla morte, è connotata da pura oggettività, come una cronaca, e come una cronaca appare fredda.
Per questo è necessario leggerla con gli occhi della Fede e alla Luce della vita di martirio sofferta da Adelaide.
Solo così infatti possiamo, scorgere, nella morte di Adelaide, il grande mistero di solitudine, abbandono, e rigetto della stessa morte di Cristo, ignorato dall’infermiere.
Adelaide non si è svelata.
Perciò non può riconoscere, nella lacrima che scende dal viso di Adelaide morente, il pianto di Cristo Crocifisso che muore per amore degli uomini, per i quali, anche Adelaide ha accettato di soffrire un atroce martirio e morire, come Cristo, in solitudine, abbandonata, rigettata, obbedendo alla Missione ricevuta da Cristo stesso, attraverso la santa Vergine nella seconda apparizione del 14 maggio.
Missione che Adelaide ha adempiuto in totale disposizione del Cielo, accettando tutte le più terribili sofferenze, per amore.
Adelaide non si è svelata,
Perciò, l’infermiere nemmeno può vedere nella lacrima di Adelaide morente tutte le lacrime versate nella sua vita di martirio che hanno fecondato la sua Missione d’amore.
Egli vede soltanto la lacrima “tipica di molti pazienti la cui anima abbandona il proprio corpo”, e non comprende che, proprio morendo come una persona qualunque, Adelaide ha manifestato la grande Missione compiuta sulla terra per amore di Cristo, che ancora continua sulla terra per i sofferenti e i morenti.
Adelaide infatti, è vicina a tutti coloro che soffrono, e accorre al capezzale dei morenti per accompagnarli nel passaggio da questa vita all’altra, affinché approdino, al sicuro, fra le braccia della santa Vergine, alla Luce Divina.
Per questo, sia pur oggettiva come una cronaca, la testimonianza dell’infermiere è un grande dono.
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La mano di Adelaide.

Erano quindi circa le 3 di notte, da una parte la figlia e dall’altra io le tenevamo la mano, entrambi con gli occhi ludici, Adelaide si rivolse a me e mi disse: “Grazie Gianluigi, va tutto bene, è qui con me la Madonna! Ora mi devi lasciare la mano perché la devo dare a Lei! Tu mi hai accompagnata fin qui ma ora devo andare con Lei! Grazie di tutto!”, e con una lacrima che scendeva dal suo viso, tipica di molti pazienti la cui anima abbandona il proprio corpo, Adelaide esala il suo ultimo respiro.
Così conclude la sua testimonianza l’infermiere che ha accompagnato Adelaide nel trapasso da questa vita al Cielo, del tutto ignaro che, alcuni anni prima, in un reparto d’ospedale della stessa città di Milano, una notte di luglio,
Adelaide infermiera, proprio come lui, aveva tenuto la mano di un morente: don Ettore Bonaldi.
Quella notte, nonostante la dottoressa del reparto avesse escluso altri interventi terapeutici ritenendoli del tutto inutili, Adelaide si era posta in ginocchio accanto a don Ettore, e aveva continuato a pregare tenendo la mano del morente dopo avergli posto al collo la catenina che lei portava, (con l’effige della Madonna apparsa a Ghiaie); accompagnata in questo estremo appello alla Grazia, da un giovane medico non credente, giunto a tenere l’altra mano del prete ormai in agonia.
Tutta quella notte era trascorsa così.
Finché al mattino, uscendo come da un sonno profondo, don Ettore si era destato, e, seduto sul letto, sorridendo, aveva affermato di sentirsi bene, nello stupore della dottoressa, giunta in reparto dal pronto soccorso, sicura di trovarlo senza vita.
La guarigione miracolosa di don Ettore Bonaldi (convalidata da esami immediati e ripetuti che hanno escluso ogni traccia della leucemia sorta in lui per portarlo inesorabilmente alla morte) è ben conosciuta dai fedeli delle apparizioni, perché costituisce la conferma della veridicità delle stesse (purtroppo elusa con la sottrazione delle cartelle cliniche stranamente smarrite e mai concesse ai parenti).
Tuttavia nessuno dei fedeli, finora, ha mai posto l’attenzione sulla mano di Adelaide che per molte notti ha preso la mano di don Ettore fermandosi a pregare in ginocchio accanto al suo letto d’ospedale, fino a quell’ultima notte di lotta contro il male, conclusa con una vittoria straordinaria.
Ma ora, grazie alla preziosa testimonianza dell’infermiere dell’ospedale oncologico dov’è morta Adelaide,
possiamo fermare l’attenzione sulla mano di Adelaide morente, che l’infermiere ha preso nella sua, proprio come Adelaide aveva tenuto la mano di don Ettore morente.
L’infermiere di certo non poteva sapere che la mano di Adelaide era colma di Grazia, e che la stessa morte di Adelaide sarebbe stata una Grazia, proprio come la guarigione di don Ettore, perché anch’essa ha confermato la veridicità delle apparizioni di Ghiaie.
Adelaide infatti, ha lasciato questa vita segnata dall’inesausto martirio predettole tanti anni prima dalla Madonna, scesa quella notte del 24 agosto, in quella stanza d’ospedale a prenderla per mano, come le aveva promesso.
- Pochi sanno quanto bene ha lasciato sulla terra la mano di Adelaide,
sempre più configurata a Cristo nel dolore, in obbedienza alla vocazione religiosa che la Madonna le aveva indicato (farsi suora Sacramentina) preannunciandole la salita al Calvario, quale mistica sposa del Divin Figlio, Che si è fatto uomo nel seno della santa Vergine per redimere l’umanità dal peccato e vincere la morte, mediante la morte in Croce.
- Ancor meno persone poi, sanno che la mano di Adelaide portava, invisibilmente, i segni del Cristo Crocifisso,
lasciati da Lui, quando ancor bambina, nel bosco sopra il villaggio, l’aveva presa per mano e condotta lungo la Via Crucis preparata da Candido con segni di croce sul tronco degli alberi, al termine della quale le aveva promesso che le avrebbe mostrato la sua Mamma.
- Ma poiché Adelaide vive ancora,
possiamo finalmente far conoscere a molti la santità di Adelaide e dire che la sua mano continua a operare il bene, per la Grazia del Signore, nonostante l’irriconoscenza, l’indifferenza, il rifiuto, il disprezzo, l’ostilità, le violenze e anche l’odio ricevuto.
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Si legga la guarigione di don Ettore in:
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La testimonianza dell’infermiere dell’ospedale oncologico si trova nella pagina di questo sito intitolata: “suor Adelaide”.
Per comprendere la relazione fra la Missione e il martirio di Adelaide, si consiglia di leggere la pagina “il martirio”.
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L’Amore di Adelaide
«Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina».
Questo ripeteva, Adelaide, con forza agli amici più vicini negli ultimi tempi della sua esistenza mentre si avviava con decisione verso la morte, scelta col dono della vita.
Era come se volesse lasciare in eredità se stessa nella luce di questa identità, per essere ricordata e compresa esclusivamente alla luce di questa identità, intesa come radice sempiterna della sua persona e della sua vita, della sua vocazione e del suo martirio.
Ma, comprenderla, non era facile,
anche perché lei stessa aveva celato molti eventi della sua esistenza – grazie ai quali si sarebbe capita questa sua affermazione – nella certezza che la Divina Provvidenza avrebbe permesso ad altri di ritrovarli, al tempo stabilito dalla stessa Divina Provvidenza.
Come è avvenuto recentemente grazie alla scoperta di un evento sorprendente, mai rivelato e sempre nascosto, ma determinante per comprendere: sia la vocazione religiosa di Adelaide che il significato delle apparizioni di Ghiaie.
Questo evento riguarda la malattia di Adelaide emersa al tempo della guarigione di don Ettore Bonaldi.
Lo riassumiamo così.
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Nello stesso reparto d’ospedale in cui Adelaide, infermiera caposala, si era presa tanta cura di don Ettore, affetto da leucemia mieloide acuta, una malattia infausta la costringe a passare dalla condizione di infermiera a quella di paziente.
E’ tanto sfiancata, dalla malattia, da dover lasciare il lavoro e coricarsi in un letto del reparto.
Il suo stato d’infermità, molto grave, presto viene confermato dagli esami del sangue che rivelano una preoccupante diminuzione di piastrine, e infine dalla diagnosi dell’ematologa dottoressa Pellò.
Il referto clinico della dottoressa non lascia scampo:
Adelaide è affetta da leucemia mieloide acuta e sembra proprio non ci sia nulla da fare.
I medici combattono, ma, inesorabilmente, gli effetti della malattia infausta si aggravano.
Giorno dopo giorno, crisi ripetute conducono Adelaide a una condizione sempre più preoccupante, e una notte le sue condizioni si fanno disperate: la piastrinopenia peggiora in modo irreversibile, tanto che i medici, col passar delle ore, temono emorragie del sistema nervoso centrale.
Adelaide è in immediato pericolo di vita.
C’è solo da sperare che reagisca con tutte le sue forze al franamento.
Per questo, al mattino, la dottoressa Pellò, giunta in reparto dal Pronto Soccorso, e il giovane medico del reparto – lo stesso che, con Adelaide, aveva tenuto la mano di don Ettore – si affiancano ai due lati del letto di Adelaide prendendo le sue mani nelle loro mani.
E Adelaide sente, in quelle mani amiche che la trattengono, quanto è importante che viva ancora, e per quell’amore, tutto umano, resiste, perché così vuole anche la Madonna.
Come abbiamo raccontato in altra riflessione, solo molti anni dopo, sul letto di un altro ospedale, di nuovo in fin di vita, con le sue mani in altre mani, Adelaide chiederà di non esser trattenuta perché, giunta la sua ora, doveva dare le sue mani alla Madonna scesa in quella stanza d’ospedale per condurla finalmente in Cielo come le aveva promesso.
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Questa storia tanto sofferta, desta davvero una profonda commozione,
dalla quale tuttavia, per comprenderla bene nella sua grande importanza occorre distanziarci, almeno per un breve momento, e porre qualche domanda in apparenza impertinente.
Guidati dalla semplice ragione, e senza remore, ci si chiede:
perché Adelaide sì è spesa così tanto per la guarigione di don Ettore fino al punto da offrire tutta se stessa? Non c’erano forse tante altre persone bisognose da aiutare, visto che don Ettore morendo sarebbe stato accolto in Cielo, traguardo desiderato fin dalla sua ordinazione sacerdotale?
Per rispondere a questa domanda, è necessario:
- innanzitutto ricordare la frase che Adelaide ripeteva con forza agli amici più vicini negli ultimi tempi della sua esistenza mentre si avviava con decisione verso la morte, ovvero: «Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina»
- e di conseguenza comprendere che in don Ettore sacerdote, Adelaide vedeva Cristo sofferente, poiché ogni sacerdote è figura di Cristo, e che, quale suora Sacramentina, desiderava partecipare alla sofferenza di don Ettore alter Christus, come vittima espiatoria, testimoniando così la vocazione religiosa alla quale la santa Vergine l’aveva esortata: essere sua immagine quale Madre e Sposa del Divin Figlio Crocifisso.
Solo in questa luce è possibile altresì capire che l’’incontro fra don Ettore e Adelaide, in quella corsia d’ospedale, è predisposto dal Cielo perché, nella Fede in Cristo, ognuno possa vedere:
- in don Ettore e Adelaide uniti nel dolore, la perfetta coppia eucaristica,
- e nel loro accordo, segretamene taciuto, il vero e più profondo significato delle apparizioni di Ghiaie, sempre annunciate dal volo di due colombi bianchi.
Questo mirabile incontro, finora mai svelato, costituisce oggi la fulgida prova che
Adelaide, pur scacciata con violenza dal convento, è sempre rimasta, nello spirito, suora Sacramentina, e che, come suora Sacramentina ha sempre testimoniato col martirio il vero Amore pagando con la vita,
perché la Grazia di Cristo è donata a caro prezzo.
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Al fine di comprendere ancor meglio questo mirabile evento, determinante per il riconoscimento delle apparizioni di Ghiaie, necessita, a questo punto, porre un’altra domanda, anch’essa in apparenza impertinente.
E ci chiediamo:
perché Adelaide ha voluto e ottenuto che, nonostante le condizioni molto gravi, don Ettore fosse portato al luogo delle apparizioni di Ghiaie, dove inginocchiata accanto a lui, prima di pregare il rosario, lo ha esortato a rivolgersi alla santa Vergine con queste semplici parole: “Se sei veramente apparsa, ascolta la mia preghiera”?
Per chi conosce i messaggi rivolti dalla santa Vergine alla Chiesa attraverso Adelaide, la risposta è immediata.
E’ sufficiente ricordare la solenne dichiarazione della santa Vergine nell’ultima apparizione del 31 maggio:
«desidero presto il mio trionfo. Prega per il Papa e digli che faccia presto perché voglio essere premurosa per tutti in questo luogo. Qualunque cosa mi si chiederà lo intercederò presso mio Figlio»
La dichiarazione della santa Vergine consente chiaramente di capire che
la Grazia accordata a don Ettore grazie al sacrificio di Adelaide, avrebbe favorito il riconoscimento delle apparizioni da parte della Chiesa e alle Ghiaie sarebbe affluita una moltitudine di sofferenti nel corpo e nello spirito a chiedere la Grazia della guarigione, come don Ettore, e segnare così il trionfo della santa Vergine.
Che ancora si attende.
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Da ultimo occorre ricordare che don Ettore sacerdote salesiano è stato condotto al luogo delle apparizioni il 24 maggio, dedicato a Maria Ausiliatrice, perché la Regina della famiglia e della Chiesa possa essere invocata anche con questo titolo.
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Suora per sempre

Nella precedente riflessione dal titolo “l’Amore di Adelaide”
abbiamo rivelato che
in don Ettore morente, Adelaide vedeva Cristo sofferente, poiché ogni sacerdote è figura di Cristo,
e che,
quale suora Sacramentina, desiderava partecipare alla sofferenza di don Ettore, alter Christus, come vittima espiatoria, testimoniando così la vocazione religiosa alla quale la santa Vergine l’aveva esortata nell’apparizione del 14 maggio: essere sua immagine quale Madre e Sposa del Divin Figlio Crocifisso.
Inoltre, grazie a questa premessa, abbiamo visto:
in don Ettore e Adelaide uniti nel dolore di Cristo, la perfetta coppia eucaristica.
Scoperta che possiamo ancor meglio comprendere soffermandoci, brevemente, sul momento estremo della vita di don Ettore, ovvero sulla sua morte, avvenuta 36 anni dopo la guarigione, il 24 luglio 2002;
che brevemente raccontiamo.
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Gravemente malato, ai primi di luglio dell’anno 2002, don Ettore viene ricoverato nel reparto di chirurgia dell’Ospedale di Clusone. Nei giorni successivi si aggravano le sue condizioni, e il 21 luglio perde conoscenza.
Quel giorno è assistito dal nipote Adalberto e dalla moglie, che hanno dato il cambio a Italo, fratello di don Ettore.
E’ domenica sera. Tutto è silenzio nella stanza, ma a un tratto, come uscendo da un sonno profondo, don Ettore inizia a salmodiare.
Stupiti, Adalberto e la moglie si mettono in ascolto, ma non capiscono le parole che lo zio pronuncia. E’ una lingua che non conoscono. Lo spirito di don Ettore sembra vivere come in un’altra dimensione.
In quel momento, accanto a loro, giunge un salesiano, don Camillo Giordani, amico di don Ettore.
Adalberto e la moglie chiedono subito a lui cosa accade allo zio.
La risposta li lascia allibiti:
«Canta Messa in Aramaico!»
E’ uno squarcio di luce abbagliante che conduce tutti i presenti in Terra Santa, dove don Ettore vive, con Cristo, le sue ultime ore, per morire, con Lui.
E dirà Messa fino all’ultimo respiro.
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Questo racconto ci permette di comprendere
che don Ettore, unito a Cristo nell’anima con tutta la sua persona, ha partecipato interiormente alla Passione di Cristo per tutta la vita, in una Messa ininterrotta, fino all’ultimo istante.
Come non vedere allora,
in don Ettore agonizzante sul letto del reparto del Policlinico, il sacerdote che, unito a Cristo sale il Calvario per morire con Cristo, e in Adelaide orante accanto a lui, la religiosa, unita alla santa Vergine Addolorata, che sale il Calvario per soffrire e morire con il Divin Figlio Sposo!
Certo, non appartiene a questo mondo tale visione,
ma con la mente illuminata dalla Fede, nella certezza che il santo Sacrificio di Cristo ha un valore infinito e si rinnova oltre il tempo e lo spazio,
ognuno può riattualizzare quel momento
e vedere, ancora, in don Ettore e suor Adelaide la coppia eucaristica che, a quel capezzale d’ospedale, offre il santo Sacrificio del Calvario, potendo vivere con loro quella santa Messa.
E così comprendere che:
la guarigione di don Ettore, non è da considerarsi semplicemente un evento prodigioso,
- ma un frutto della Grazia ottenuta da Cristo col suo santo Sacrificio, al quale don Ettore ha partecipato, in persona Christi, unito a suor Adelaide, figura della santa Vergine Addolorata.
E di conseguenza
- contemplare il letto d’ospedale trasfigurato in un altare e l’ospedale in una chiesa.
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La qual cosa non deve stupire.
Perché, come sappiamo (si veda la pagina “Al principio” di questo sito)
fin da bambina Adelaide aveva imparato a riconoscere Cristo nel sacerdote; in particolare partecipando alle Messe celebrate nel bosco da Candido coi bambini martiri mandati dal Cielo e col fanciullo Gesù, sentendo nel cuore d’essere nata per essere suora;
vocazione confermata il 14 maggio dalla santa Vergine, che ha unito, quale mediatrice della Divina Sapienza, Adelaide e Candido nella stessa Missione Eucaristica, eleggendo Candido sacerdote per sempre tutto di Dio, e Adelaide suora per sempre tutta di Dio.
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Occorre altresì ricordare:
- che, nella Fede in Cristo, la guarigione di don Ettore non è un evento passato,
- e che ancor oggi – soprattutto oggi – si rinnova, a ricordare quale era e quale è la Missione affidata alla Chiesa di Cristo, dalla Divina Sapienza, per mezzo della santa Vergine, apparsa ad Adelaide, nel piccolo villaggio di Ghiaie, come Regina della famiglia e della Chiesa.
Ovvero:
- ricondurre l’umanità, divisa dal peccato e dalla guerra, all’Amore di Dio, e unirla nell’Unità e nella Pace, a formare una sola famiglia e una sola Chiesa, PER ESSERE UNA SOLA COSA, nel santo Sacrificio di Cristo celebrato in tutto l’universo.
Grande Missione, per quale, la santa Vergine ha impresso su Adelaide
il SIGILLO DI DIO CON IL BACIO EUCARISTICO
mandato il 29maggio (giorno seguente a Pentecoste, solennità in cui nasce la Chiesa, figura del nostro tempo) dalle sue labbra con l’indice e il pollice uniti – ponendo poi, il 31 maggio, le sua labbra purissime sulla fronte di Adelaide.
SIGILLO INDELEBILE – che rimane in eterno – perché le parole e le azioni dell’uomo non potranno mai cancellarlo,
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Per comprendere l’origine della vocazione di Adelaide si legga
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