
“PERCHE’ SIANO UNA COSA SOLA” – un itinerario di comprensione del ciclo epifanico di Ghiaie.
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NELLA PRIMA APPARIZIONE LA MADONNA SI MOSTRA COME LA MADRE DEL VERBO, PORTA D’INGRESSO DELLA STORIA DELLA SALVEZZA .
L’unico titolo con il quale, nelle apparizioni di Ghiaie, la Sempre Vergine Maria si presenta, lo pronuncia il 13 maggio, nella prima apparizione, all’inizio del ciclo epifanico, quando, invitando Adelaide a non fuggire, le dice: SONO LA MADONNA.
Con questo titolo la Sempre Vergine Maria si fa riconoscere dalla bimba prediletta, che, in quei giorni, come si sa, frequentava il catechismo in preparazione della Prima Comunione, e che, per questo, di certo, dopo aver sentito quell’affermazione, avrà capito che, dicendo di essere la Madonna, quella bella Signora col Bambino in braccio si presentava come LA MADRE DI GESU’.
Ovviamente, LA MADONNA non parlava solo ad Adelaide, ma, attraverso lei, anche ai fedeli, e soprattutto ai sacerdoti incaricati di studiare, esaminare e comprendere il carattere soprannaturale delle stesse apparizioni.
Cosa intendeva dunque far capire, la Sempre Vergine Maria, presentandosi, in quel piccolo villaggio sperduto, a Pasqua, nel tempo di guerra, come: LA MADONNA?
Per comprenderlo, torniamo al 13 maggio 1944, giorno in cui tutto inizia.
E’ sera, e il sole sta per tramontare. Con le sue piccole amiche, Adelaide si precipita nel prato del villaggio, spingendo la sua carriola, a coglier fiori per l’altarino del casolare. Corre, con loro, alla ricerca di quelli più belli da mettere nella carriola. Ma, a un tratto, si ferma, dinnanzi a un magnifico fiore di sambuco cresciuto troppo in alto; che non può cogliere, e continua ad ammirare come volesse rubarne la bellezza; finché, all’improvviso, due colombi bianchi, in volo sopra il sambuco, attirano il suo sguardo e lo conducono sempre più in alto nel cielo, a un punto di luce dorata, che lentamente scende verso di lei, e la raggiunge, aprendosi in tre cerchi splendenti dentro i quali appaiono tre figure imponenti dall’aspetto regale. La visione è insostenibile. L’emozione, fortissima. La sua vista non regge quel fulgore violento, ed è costretta ad abbassare lo sguardo, e a coprirsi gli occhi con un braccio, pronta a correre via. Ma una voce delicata e soave come una carezza l’avvolge con dolcezza e la ferma. «Non scappare» le dice teneramente. E, per rassicurarla, aggiunge: «SONO LA MADONNA!».
A questo punto, dopo aver ricordato il racconto di Adelaide, contempliamo ad una ad una le tre persone, apparse dinnanzi ai suoi occhi, ovvero: una bella signora con un bambino in braccio, che ha detto di essere la Madonna, e un giovane con un bastone fiorito nelle mani.

Nella bella Signora vestita di bianco – come bianco è il rosario al braccio e bianche le rose ai Suoi piedi – che si presenta come la Madonna, vediamo l’Immacolata Sempre Vergine Maria, Che in obbedienza alla volontà del Padre, per mezzo dello Spirito Santo, ha ricevuto nel Suo Seno, il Verbo di Dio, raffigurato dal Bambino nelle sue braccia. Per questo il velo che la ricopre è azzurro, come il Cielo Che l’ha rivestita per abitare in Lei.
Nel Bambino in braccio a Lei, vediamo Gesù, il Verbo di Dio, riconoscibile: sia dagli occhi azzurri come il Cielo da Cui è sceso, che dal Suo vestito rosa, colore della carne assunta dall’Immacolata Sempre Vergine Maria, per divenire uomo, e salvare, accompagnato dalla Sua Santa Madre, l’umanità dal peccato e dalla morte, col Santo Sacrificio della Croce.
Nel giovane, accanto a loro, vestito di marrone col bastone fiorito nelle mani, vediamo infine san Giuseppe, lo sposo casto dell’Immacolata Sempre Vergine Maria e il padre putativo di Gesù, custode, senza condizioni e solo per amore puro, della coppia dell’Incarnazione Gesù Maria.
Arrivati fin qui, dopo aver identificato le tre figure della prima apparizione come le tre persone della Santa Famiglia, possiamo affermare che, rivelandosi ad Adelaide, con l’affermazione SONO LA MADONNA, la Sempre Vergine Maria vuole essere riconosciuta come la MADRE DEL VERBO, sceso dal Cielo in Lei per farsi uomo, e con Lei patire, morire e redimere l’uomo liberandolo dal peccato e dalla morte.
Ricordando poi, che il ciclo epifanico di Ghiaie si chiude come si apre, ovvero che la Santa Famiglia si mostra nell’ultima apparizione come nella prima, possiamo comprendere che il Mistero dell’Incarnazione è posto a fondamento del ciclo epifanico di Ghiaie, a rammentare che tutto comincia perennemente dall’Incarnazione del Verbo, Principio e Fine, Alfa (α) e Omega (ω).
In questo contesto, si comprende altresì, il significato della finzione di perle unite in oro, quale ornamento al collo del vestito bianco della Madonna, che indica in Lei, Madre del Verbo, la figura, fin da quel momento, e dunque da sempre, della Città di Dio, la Gerusalemme Celeste (Ap. 21,21 – 12 porte 12 perle, ciascuna porta una perla).
In conclusione possiamo dire che presentandosi ad Adelaide con l’affermazione SONO LA MADONNA perché sia riconosciuta come MADRE DEL VERBO, l’Immacolata Sempre Vergine Maria si pone, nella prima apparizione di Ghiaie, come la porta d’ingresso della STORIA DELLA SALVEZZA.
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NELLA SECONDA APPARIZIONE LA MADONNA VUOLE SI RICONOSCA IN LEI L’ALMA MADRE DEL DIVINO REDENTORE.
Nella precedente riflessione, a proposito della prima apparizione del 13 maggio, abbiamo visto che la Madonna, mostrandosi come LA MADRE DEL VERBO, rende vivo e visibile il Grande Mistero dell’Incarnazione, e si pone come la PORTA D’INGRESSO DELLA STORIA DELLA SALVEZZA.
Che, nella presente riflessione, possiamo varcare,
portandoci, dalla Santa Casa di Nazareth, dove la Madonna ha ricevuto il Verbo di Dio nel Suo Purissimo Seno, alla Mangiatoia di Betlemme, dove ha deposto il Suo Divin Figlio avvolgendoLo in fasce;
e da qui, lungo il cammino indicato nel Vangelo dell’Infanzia, entrando nel Tempio di Gerusalemme, dove la Madonna si è recata, insieme al castissimo sposo Giuseppe, col suo santo Bambino in braccio, per offrirlo al Signore,
ascoltare la voce di Simeone, che, preso il Bambino fra le braccia, benedicendo Dio, dapprima esclama:
«Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da Te davanti a tutti i popoli, Luce per illuminare le genti e Gloria del tuo popolo Israele. Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori»;
e poi, rivolgendosi alla Madonna, aggiunge:
«E anche a te una spada trafiggerà l’anima».
Sono parole terribili, che, nell’udirle, ogni volta spezzano il cuore, ma proprio nell’eco di queste parole noi possiamo comprendere l’altrettanto terribile predizione ad Adelaide, annunciata dalla Madonna nella seconda apparizione del 14 maggio:
«soffrirai tanto e poi tanto».
In questa predizione risuona infatti, chiaramente, la profezia di Simeone, e, allo stesso tempo, si può riconoscere la scelta, da parte della Madonna, di elevare Adelaide a immagine fedele di Lei, chiamata ad essere misticamente Madre del Verbo, e a Consoffrire, per tutta la vita, con Lei, la Santa Passione del Divin Figlio, fino al Calvario, per la Redenzione degli uomini.
Come abbiamo rilevato in questo sito (al tasto: IL MARTIRIO)
indicando ad Adelaide un periodo preciso – tra il 14° e il 15° anno – nel quale diventare suora (lo stesso nel quale Ella ha concepito il Verbo), la Madonna investe Adelaide della Sacra Missione di compartecipare
- all’Incarnazione – Che si ripete misticamente nelle caste vergini consacrate alla vita religiosa,
- e alla Redenzione come sposa del Crocifisso, ricevendo per questo, come Lei, la spada nel cuore per tutta la vita.
A conclusione della presente riflessione, chiedendoci perché la Madonna, fin dalla seconda apparizione, chiama Adelaide al martirio, possiamo dire che in Adelaide la Madonna desidera La si riconosca secondo quanto la Chiesa afferma
ovvero come:
la Beata Vergine predestinata fino dall’eternità, all’interno del Disegno d’Incarnazione del Verbo, per essere la Madre di Dio,
e l’Alma Madre del divino Redentore, generosamente associata su questa terra, per disposizione della Divina Provvidenza, alla sua Opera a un Titolo assolutamente unico, quale umile Ancella del Signore, concependo Cristo, generandolo, nutrendolo, presentandolo al Padre nel tempio, soffrendo col Figlio suo morente in Croce.
In Adelaide la Madonna desidera si ricordi che Cristo non l’ha associata solo nel mistero dell’Incarnazione, ma anche in quello della Redenzione. Poiché Ella cooperò in modo tutto speciale alla Sua opera di Salvatore, coll’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime
E dunque che non si può celebrare appieno il Mistero Pasquale di Cristo, senza ricordare in Esso anche la presenza attiva di Maria sua Madre.
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NELLA TERZA APPARIZIONE LA MADONNA SI MOSTRA COME LA SPOSA DEL FIGLIO REDENTORE E SI MANIFESTA IL GRANDE TEMA DEL DOLORE INNOCENTE.
Prima di addentrarci nella terza apparizione di lunedì 15 maggio, occorre fissare nella mente due capisaldi fondamentali per la comprensione del ciclo epifanico di Ghiaie:
- la stretta relazione fra lo stesso ciclo epifanico di Ghiaie e il tempo di Pasqua, di cui segue il tempo liturgico, in perfetta sintonia con le solennità dell’Ascensione e della Pentecoste;
- la continuità di senso delle 13 apparizioni, legate da un chiaro nesso narrativo, a rammentare, una dopo l’altra, l’Opera della Redenzione. La Quale principia con il Grande mistero dell’Incarnazione, evidente nella prima apparizione del 13 maggio; e ripreso nell’ultima del 31 maggio, a confermare che la storia della Salvezza è fondata sull’Incarnazione del Verbo, Principio e Fine, Alfa (α) e Omega (ω).
Il Grande Mistero dell’Incarnazione, si evidenzia infatti nella prima apparizione del 13 maggio, nella quale la Madonna col Bambino Gesù fra le braccia si mostra come la Vergine Immacolata, Che, per opera dello Spirito santo, ha concepito il Verbo di Dio divenendone Madre. Così che in Lei si riconosca la PORTA D’INGRESSO DELLA STORIA DELLA SALVEZZA.
Il Grande Mistero dell’Incarnazione, viene ripreso poi, nella seconda apparizione, nella quale, in Adelaide chiamata a concepire misticamente il Verbo di Dio e vivere una vita di sofferenza inesausta, la Madonna ricorda l’atroce dolore da Lei sofferto per tutta la vita fino alla morte in Croce del Divin Figlio, e la Missione affidata dal Divin Figlio a Lei, di completare, nella via della Croce, il disegno della Redenzione; al Quale sono chiamati tutti i Suoi figli, come Adelaide.
La partecipazione all’Opera della Redenzione, già presente nel Grande Mistero dell’Incarnazione, si evidenzia ancor più nella terza apparizione, di lunedì 15 maggio, inizio della settimana dell’Ascensione.
Vediamo di scoprirlo nel diario di Adelaide.
Scrive l’eletta di Maria:
Gli occhi luminosi e azzurri di Gesù Bambino, in questa apparizione, attirarono la mia attenzione in modo particolare. Il vestito che lo copriva fino ai piedi era liscio a forma di camicia in color rosa, cosparso di stelline d’oro.
La Madonna vestiva un abito azzurro con un velo bianco lunghissimo che scendeva dalla testa. Piccole stelline formavano un’aureola attorno al volto della Madonna.
Come si può facilmente constatare, nella terza apparizione, rispetto alle prime due, la Madonna inverte i colori del velo e del vestito.
Nelle prime due apparizioni la Madonna si mostra infatti, col velo azzurro e l’abito bianco. Mentre nella terza e anche nella quarta apparizione, col velo bianco e l’abito azzurro.
Il perché lo si può subito intuire ricordando che l’abito della Madonna, come il velo nelle due prime apparizioni, ha lo stesso colore, azzurro, degli occhi di Gesù Bambino.
Questo passaggio dell’azzurro dal velo all’abito ci fa capire che nell’Incarnazione in Lei del Verbo di Dio, il Cielo L’ha dapprima rivestita con l’adombramento dello Spirito Santo, riempiendoLa poi (divinizzandoLa) con la Concezione Verginale del Verbo.
Il “Mirabile Scambio”, lo si riconosce perciò, facilmente nei due colori degli abiti di Gesù (rosa come la carne umana) e della Madre (azzurro (colore come il Cielo).
Questi due colori ci fanno capire che:
il Verbo di Dio si è rivestito della carne umana della Madre empiendoLa di Cielo.
Allo stesso modo si comprende il passaggio del colore bianco dall’abito della Madonna (nelle prime due apparizioni) al velo (nelle successive due apparizioni).
L’abito bianco con cui la Madonna si mostra nelle prime due apparizioni La raffigura come l’Immacolata, concepita senza peccato originale, destinata, da sempre, a concepire il Verbo di Dio per Opera dello Spirito Santo.
Il velo bianco che riveste la Madonna nelle successive due apparizioni, fa di Lei la Sposa del Figlio, destinata a con-soffrire con Lui per tutta la vita fino alla morte in Croce del Figlio, e partecipare così all’Opera della Redenzione del Figlio stesso.
Verità questa, che ci ricorda che la carne assunta dal Verbo di Dio, è, fin dal Divino Concepimento, una carne dolente destinata al martirio e alla morte di Croce.
Grazie alla quale verità, possiamo capire perché fin dalla terza apparizione l’abito di Gesù è cosparso di stelline d’oro. Ed anche perché altre stelline formano un’aureola attorno al volto della Madonna
Queste piccole luci sono figura dei piccoli martiri di tutti i tempi, destinati da sempre a partecipare, con il Verbo Incarnato – l’unico sostituto di tutti davanti a Dio – e insieme a Maria, Sua Madre e Sposa, all’Opera della Redenzione.
Nella terza e quarta apparizione si manifesta così, il grande tema innestato nel Grande Mistero dell’Incarnazione, che caratterizza il ciclo epifanico di Ghiaie. Ovvero: il dolore innocente nel quale si attua l’espiazione dei peccati per volontà di Dio Padre.
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NELLA QUARTA APPARIZIONE LA MADONNA, COME MADRE E SPOSA DEL FIGLIO REDENTORE, INVITA A PENSARE AGLI INNOCENTI CHE SOFFRONO PER LA SALVEZZA DEI PECCATORI (E DUNQUE ALLA MEDIAZIONE NELL’OPERA DELLA SALVEZZA DELLE ANIME).
Come abbiamo detto nella precedente riflessione, le stelline che adornano il vestito rosa di Gesù Bambino e fluttuano attorno al viso della Madonna, sono figura del dolore innocente sofferto dai piccoli martiri di tutti i tempi, destinati da sempre a partecipare, con il Verbo Incarnato, all’Opera della Redenzione (come la stessa Adelaide, più volte chiamata dalla Madonna: “piccola martire”).
In queste stelline, che compaiono nella terza e quarta apparizione, il tema del dolore si ritrova espresso compiutamente nelle risposte della Madonna alle richieste di molti genitori di bambini ammalati.
Ad Adelaide, che, nella terza apparizione, Le chiede: «Molti mi hanno raccomandato di far guarire i loro figli», la Madonna, con estrema nettezza, così afferma severamente:
«Dì loro che se vogliono i figli guariti devono fare penitenza, pregare molto ed evitare certi peccati»
Asserzione recisa, che la Madonna conferma nella quarta apparizione, ponendo una stretta relazione fra il dolore innocente e i peccati dei genitori, in particolare delle mamme.
«Tante mamme hanno i bambini disgraziati per i loro peccati gravi; non facciano più peccati e i loro bimbi guariranno», afferma l’Immacolata Sempre Vergine Maria, Madre Sposa del Verbo Divino, aggiungendo, a queste parole tanto chiare, l’esortazione a pregare e far pregare i bambini in favore dei peccatori: «Prega per i poveri peccatori che hanno bisogno della preghiera dei bimbi»
Queste affermazioni della Madonna ci esortano:
- innanzitutto, a vedere nel dolore innocente le conseguenze del proprio peccato,
- e poi a ritrovare la verità (ormai trascurata, e quasi nascosta) del grande tema della “sostituzione”, secondo cui Dio può scegliere un innocente e lasciarlo soffrire al posto del colpevole senza aspettare la sua offerta o il suo assenso (facendo ad esempio ricadere i peccati dei padri sui figli); e che non è necessario che il sofferente capisca, o si chieda, il senso della sofferenza, poiché “l’unico la cui collaborazione non è eliminabile, quando deve attuarsi la sostituzione, è il Giudice”, Che opera sempre per il bene delle anime.
(Si veda a questo proprosito: Edith Stein, Possibilità della mediazione nell’opera della salvezza, in “Natura, persona, mistica”, Citta Nuova, pg 81).
Più semplicemente possiamo dire che:
nel dolore dei bambini la Madonna invita a riconoscere la Santa Passione del Divino Bambino Gesù, e, attraverso Lui, la volontà del Padre, Giusto Giudice Misericordioso, il Quale, mediante il dolore innocente, chiama i peccatori al ritorno al vero Amore testimoniato dal Figlio, Che, in obbedienza al Padre, è sceso dal Cielo e, per opera dello Spirito Santo, si è incarnato nel seno della sempre Vergine Maria, e si è fatto uomo, per redimere l’umanità dal peccato morendo sulla Croce, insieme a Lei, divenendo così unico sostituto di tutti davanti al Padre.
Le frasi della Madonna conducono perciò, il pensiero, al Grande Mistero dell’Incarnazione su Cui si fonda l’Opera della Redenzione; alla partecipazione della Quale sono chiamati tutti i figli di Dio, ciascuno singolarmente responsabile della salvezza propria e altrui, e dunque alla “sostituzione” nei confronti dell’altro, nella penitenza, e nell’atto libero della preghiera, quale opera massimamente gradita a Dio, come la preghiera pura dei bambini raccomandata dalla Madonna. (Edith Stein, Possibilità della mediazione nell’opera della salvezza, in “Natura, persona, mistica”, Citta Nuova, pg 78,79, 83).
In conclusione possiamo affermare che:
le parole della Madonna (quali Parole di Sapienza Divina) richiamano ciascun cristiano alla penitenza per lenire, con la rinuncia al peccato (secondo le promesse battesimali), le sofferenze degli innocenti; in particolare richiamano le madri per il privilegio accordato loro dalla Divina Provvidenza nell’intima relazione con la prole fin dal concepimento.
Per quanto riguarda, in particolare, l’espressione “certi peccati”, la Madonna si riferisce al cedimento dell’anima alle passioni della carne, o del corpo, che producono l’allontanamento dell’anima dalla volontà di Dio, con conseguente distruzione dell’innocenza e della purezza, e diffusione di inimicizie, conflitti, catastrofi naturali e guerre, alle quali la Madonna oppone sempre la penitenza quale mezzo per acquisire la pace.
«Se gli uomini faranno penitenza la guerra finirà fra due mesi, altrimenti in poco meno di due anni» afferma nella terza apparizione.
Monito severo e continuo alla penitenza, attraverso il quale la Madonna – ribadendo l’importanza dell’espiazione dei peccati – vuol ricordare la verità della Croce di Cristo quale unica Via di Pace, come farà a Pentecoste con le note solenni parole: «Al mio cuore preme quella pace mondiale nella quale tutti si amino come fratelli».
Occorre altresì, aggiungere che grazie alla meditazione sul dolore innocente la Madonna vuol condurre ogni uomo a pensare alla propria morte, ovvero al momento del trapasso da questa vita, affinché si prepari e vi giunga lontano dal peccato e in Grazia di Dio, così da non soffrire la separazione necessaria dal corpo e dal mondo. (A questo proposito si rammenta che nello stesso giorno di Pentecoste, prima di esprimere il proprio grande desiderio di Pace e Fratellanza – evidenziando l’accordo in Cristo fra la morte, la pace e la vita eterna – la Madonna dirà ad Adelaide: «Prega per i peccatori più ostinati che fanno soffrire il mio cuore perché non pensano alla morte»).
In conclusione corre l’obbligo di ricordare che il significato del dolore innocente si è perso, perché occultato, anche in ambito teologico ed ecclesiastico, in favore di un falso e vago sentimento di compassione per gl’innocenti che soffrono, destinato a sfociare nella resa all’assurdo, con la conseguenza di un oblio della Redenzione operata da Cristo con la Santa Passione e Morte sulla Croce, e una pericolosa dissipazione dell’Opera di salvezza delle anime, alla quale è chiamato, a imitazione di Cristo Crocifisso, ogni membro della Chiesa (suggeriamo la lettura degli scritti di santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo (in particolare: il biglietto di professione e l’atto di offerta all’Amore Misericordioso) con l’invito a fermare il pensiero sulla sua morte dolorosa e atroce vissuta come olocausto per i peccatori, e dunque in sostituzione dei peccatori).
PS: Altre riflessioni presenti in questo sito, inerenti al tema trattato: – La forza vitale, e il “peccato del corpo”. L’insegnamento sapienziale nell’apparizione del 21 maggio – San Giuseppe, sapienza dell’anima, chiamata a edificarsi come chiesa di Dio.
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NELLA QUINTA APPARIZIONE LA MADONNA SI MOSTRA COME CORREDENTRICE E MADRE DELLA CHIESA DEI SANTI MARTIRI INNOCENTI (e nel segreto, si scorge la minaccia all’Opera della Redenzione) .
Il complesso figurativo-simbolico del ciclo epifanico di Ghiaie è caratterizzato, come abbiamo visto, dai diversi colori con cui si presenta la Madonna.
Differentemente da Gesù Bambino sempre vestito di rosa e da san Giuseppe sempre vestito di marrone col giglio bianco, la Madonna infatti, cambia, nel succedersi delle apparizioni, il colore dell’abito e del velo.
Mutamento cromatico grazie al quale si può facilmente cogliere un’intenzione molto chiara da parte della Madonna; ovvero: ricordare, alla Luce della Pasqua, la STORIA DELLA NOSTRA REDENZIONE nelle sue tappe principali, alle quali Lei ha partecipato, in perfetta obbedienza alla volontà di Dio, assumendo diversi ruoli e titoli.
A partire da questo presupposto, ci inoltriamo allora nello studio delle apparizioni, rilevando innanzitutto ch’esse procedono, secondo il cambiamento cromatico sopra ricordato, in una successione binaria (non a caso, essendo la DIADE il tema di fondo delle stesse apparizioni).
Nelle prime due apparizioni infatti, la Madonna si mostra (oltre che con Gesù Bambino in braccio, le rose bianche ai piedi, il Rosario bianco al braccio, e san Giuseppe al suo fianco) con l’abito bianco e il velo azzurro.
Nelle due successive apparizioni la Madonna cambia il colore del velo e del vestito, mostrandosi (ancora con Gesù Bambino in braccio, le rose bianche ai piedi, il Rosario bianco al braccio e san Giuseppe al suo fianco) ma con l’abito azzurro e il velo bianco
La successione binaria continua anche nelle altre due apparizioni, ovvero nella quinta e sesta che avvengono nel Tempo dell’Ascensione (preludio della Pentecoste), nelle quali la Madonna si presenta (ancora con le rose bianche ai piedi e il Rosario bianco al braccio, ma questa volta senza Gesù Bambino in braccio e senza san Giuseppe), col vestito rosso, il velo verde, e circondata da un coro di otto angioletti rosa e azzurri a coppie.
Riassumendo si può tracciare questo schema:
PRIMA E SECONDA APPARIZIONE (13 e 14 maggio): abito bianco e velo azzurro.
TERZA E QUARTA APPARIZIONE (15 e 16 maggio): abito azzurro e velo bianco.
QUINTA E SESTA APPARIZIONE (17 e 18 maggio): abito rosso, velo verde, circondata da un coro di otto angioletti rosa e azzurri a coppie.
Cerchiamo di capire il significato di questa successione cromatica.
E domandiamoci:
- se nelle prime due apparizioni la Madonna si è presentata come Madre del Verbo (a ricordare, come abbiamo detto, che Lei, Vergine Immacolata, per opera dello Spirito santo ha concepito il Verbo di Dio divenendone Madre);
- e se nelle successive due si è presentata come Sposa del Figlio (a ricordare ch’era destinata a con-soffrire con il Figlio per tutta la vita fino alla morte in Croce del Figlio, e partecipare così all’Opera della Redenzione del Figlio stesso);
cosa vediamo in Lei nelle altre due apparizioni, che avvengono nel Tempo dell’Ascensione al Cielo di Gesù Risorto?
Dopo aver compreso che il Bambino Gesù non è apparso in braccio alla Madonna perché in quel Tempo Santo si ricorda che Gesù è asceso al Cielo,
occorre fissare lo sguardo sulla Madonna, e vedendoLa rivestita dei tre colori bianco (delle rose e del Rosario) verde (del velo) e rosso (dell’abito) che simboleggiano le tre virtù teologali (Fede, Speranza e Carità),
in Lei possiamo riconoscere la creatura che Dio, da tutta l’eternità ha reso partecipe del Suo Essere Trinitario, affinché, per volontà del Padre, divenisse Madre del Figlio, nello Spirito santo, così da partecipare al Santo Sacrificio del Figlio, come Sposa del Figlio, e all’Opera della Redenzione attuata dal Figlio stesso.
E dunque, per concludere, possiamo dire che:
- dopo essersi mostrata nelle prime due apparizioni come Madre del Verbo di Dio,
- e nelle successive due, come Sposa del Figlio,
- nella quinta e sesta apparizione, in sincronia col tempo dell’Ascensione, la Madonna si mostra com’è stata da sempre concepita nel pensiero e nel piano di Dio Trinità, ovvero come Corredentrice.
Questo il significato dei colori con cui si presenta la Madonna nelle apparizioni del Tempo dell’Ascensione.
Ma ancora non basta, perché in quelle apparizioni la Madonna si mostra circondata da un coro di otto piccoli angeli alti fino al suo gomito, quattro vestiti di rosa e quattro di azzurro, collocati a coppie in successione alternata.
Cosa possiamo vedere in quel coro angelico? E che rapporto scorgere fra la Madonna che si mostra quale Corredentrice nella Gloria della Santissima Trinità e quello stesso coro angelico? Soprattutto: quale continuità di significato possiamo scoprire con le apparizioni precedenti, nelle quali abbiamo visto emergere con forza il tema del dolore innocente salvifico, rappresentato dalle stelline sul vestito di Gesù Bambino e intorno al viso della Madonna, oltre che dai suoi messaggi severi?
A queste domande rispondiamo affermando che:
nel coro degli angeli che attorniano la Madonna e la contemplano gioiosi, come fossero Suoi bambini, vediamo raffigurata:
- non solo l’immagine di un’umanità fanciulla angelicata, così concepita fin dal Principio nel pensiero di Dio Trinità,
- ma anche l’umanità innocente chiamata fin dal Principio, con Maria, al compimento dell’Opera della Redenzione attuata dal Figlio di Dio, a ricostituire, con Maria, l’immagine dell’umanità originaria perduta col peccato, in quanto la loro sofferenza pura, similmente alla sofferenza di Maria, è specchio della infinita sofferenza del Cristo Innocente.
In queste due apparizioni la Madonna appare dunque, non solo come la Corredentrice, ma anche come la Madre dell’umanità ricreata dall’Opera della Redenzione attuata da Cristo, e dunque come la Madre della nuova Chiesa dei Santi Innocenti chiamati da sempre a partecipare, con Lei, all’Opera della Redenzione, unendo, con Lei, le loro sofferenze a quelle di Cristo Crocifisso.
Oltre a questo, occorre aggiungere che
in quel coro angelico Adelaide ha riconosciuto i volti dei bambini martiri mandati dal Cielo nel prato sopra il villaggio, che le hanno confidato tante storie di dolore, e rivelato che vivono in Cielo come angeli, a formare, attorno a Maria, e in comunione con Cristo, una Chiesa, nella Quale il dolore innocente è trasfigurato in un’immensa gioia.
In quel coro angelico inoltre, Adelaide ha visto il compimento della vocazione alla quale La Madonna l’ha più volte chiamata, esortandola a offrirsi in olocausto, per la salvezza dei peccatori.
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A chiusura della presente riflessione si ribadisce l’importanza di comprendere il complesso simbolico che caratterizza la quinta apparizione perché, proprio alla luce di questo complesso simbolico si disvela con chiarezza la ragione del segreto affidato dalla Madonna proprio quello stesso Santo Giorno, e in quel modo.
In base a questo presupposto, possiamo affermare infatti che:
scegliendo la Vigilia dell’Ascensione per affidare il segreto ad Adelaide, la Madonna ha voluto svelarne la ragione alla luce dell’immagine con cui si è manifestata quello stesso Santo Giorno;
e dunque che il segreto, destinato alla Chiesa terrestre rappresentata dai suoi Ministri più elevati, riguarda il legame nuziale della stessa Chiesa con Cristo, nel sangue purissimo versato da Cristo Innocente sulla Croce per la Redenzione dell’umanità.
In riferimento alle precedenti considerazioni, possiamo perciò, concludere che:
mostrandosi quel giorno, Vigilia dell’Ascensione, come Corredentrice e Madre della Chiesa dei Santi Innocenti, la Madonna avvisa la Chiesa terrestre ch’è in pericolo l’Opera stessa della Redenzione.
Deduzione questa, che trova riscontro nel nostro tempo contrassegnato
dal tentativo di:
- alterare la vera Fede nella Santissima Trinità, per negarne il progetto salvifico e sostituirlo con un disegno ingannevole e una falsa fede;
- alterare il fondamento dell’umanità – al fine di guastarla, lacerarla, separandola da Dio, perché non sia più immagine di Dio Trinità – e sostituirlo con una falsa radice e un falso principio esibendo un falso modello di coppia e di famiglia.
Inevitabile che questo attacco alla Redenzione comporti un conflitto aperto contro Dio, al prezzo di un gran caos, un grande turbamento e una grande violenza.
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NELLA SESTA APPARIZIONE, LA MADONNA, COME CORREDENTRICE, ESORTA ALLA PENITENZA E ALLA PREGHIERA PER LA SALVEZZA DEI PECCATORI PIU’ OSTINATI CHE TRAFIGGONO IL SUO CUORE PERCHE’ SI SEPARANO PER SEMPRE DALLA LUCE DIVINA E CADONO NEL BUIO ETERNO.
Sembra paradossale che proprio nel giorno radioso e solenne dell’Ascensione, la Madonna, dapprima sorrida ad Adelaide, e poi angosciata, le chieda di pregare per i peccatori più ostinati che trafiggono il Suo Cuore.
E’ un contrasto, in apparenza, incomprensibile.
Eppure così scrive Adelaide nel diario:
La visita della Madonna fu preceduta da due colombi. La Vergine vestiva di rosso col manto verde, circondata dagli angioletti come ieri. La Madonna mi sorrise, poi, per tre volte, mi ripeté: «preghiera e penitenza!», e aggiunse: «Prega per i poveri peccatori più ostinati che stanno morendo in questo momento e che trafiggono il mio Cuore».
Come può accordarsi il sorriso della Madonna alla piccola Adelaide con tanto dolore per il Suo Cuore trafitto?
Per capire questo apparente contrasto occorre ricordare che Adelaide è la figlia prediletta di Maria, chiamata, come Sua immagine, a concepire misticamente il Cristo, e offrirsi in olocausto, con Lui, sulla Croce, per la salvezza dei peccatori.
La Madonna sorride ad Adelaide perché in lei vede la piccola martire che la Santissima Trinità ha scelto, affinché partecipasse, con Lei, all’Opera della Redenzione attuata dal Figlio, insieme ai bambini martiri mandati nel prato sopra il villaggio, che ad Adelaide hanno confidato tante storie di dolore, e rivelato che vivono in Cielo come angeli, a formare, attorno a Maria, e in comunione con Cristo, una Chiesa, nella Quale il dolore innocente è trasfigurato in un’immensa gioia.
Il sorriso di Maria alla piccola Adelaide rivela dunque, l’immensa gioia del Paradiso.
Ma in quel sorriso è riverberato purtroppo, anche il dolore del Suo Cuore trafitto dai peccatori che rifiutano la Redenzione, costata tanta sofferenza, e si perdono all’Inferno.
Non provoca perciò, sconcerto, constatare che proprio nel giorno solenne, colmo di Luce, nel quale la Chiesa invita ad alzare gli occhi a contemplare Gesù Risorto, la Madonna richiami lo sguardo al Suo Cuore trafitto dagli uomini che rifiutano la Grazia del perdono, e, continuando con ostinazione a reiterare il peccato, precipitano nel Buio eterno, separati per sempre da Dio.
E si comprende anche perché proprio quel giorno la Madonna implori per tre volte:
«preghiera e penitenza!», «preghiera e penitenza!», «preghiera e penitenza!».
Il Paradiso è ormai a un passo.
Occorre solo incamminarsi con Maria sulla Via tracciata da Gesù.
Ma l’uomo non vede, non crede, rigetta quella Via, e s’inoltra consapevolmente per la strada del falso bene che conduce a un continuo tormento, alla guerra e alla perdizione.
Per capire l’affannata e dolorosa esortazione della Madonna alla piccola Adelaide occorre ricordare che proprio in quel tempo infuriava la guerra e che persone di tutte le età, soprattutto giovani, erano costrette a soffrire terribili tormenti e morire fra strazi spaventosi, nella disperazione.
E’ per queste persone che la Madonna rivolge l’accorata e dolorosa esortazione a pregare.
Nella quale non possiamo non sentir echeggiare con forza le parole tanto amare della piccola Giacinta Marto che molti anni prima già vedeva quella catastrofe.
Lo ricorda Lucia nelle sue “Memorie”.
Vedendola pensierosa, Lucia le aveva chiesto:
«A cosa stai pensando».
E Giacinta aveva risposto:
«Alla guerra che deve venire. Dovrà morire tanta gente! E quasi tutta andrà all’Inferno…Che tristezza! Se smettessero di offendere Dio, non verrebbe la guerra, né andrebbero all’Inferno».
Il dramma aperto nella sesta apparizione di Ghiaie, visibile nel contrasto far il sorriso e il dolore di Maria, è racchiuso in questa semplice tristissima affermazione di Giacinta.
Come a Fatima, anche a Ghiaie la Santa Vergine appare nel mezzo di una lotta feroce fra il Paradiso e l’Inferno.
Il Suo Cuore Immacolato che a Fatima mostra coronato di spine perché oltraggiato dai peccati dell’umanità, a Ghiaie, è trafitto dalla spada di un dolore atroce causato dai peccatori più ostinati.
Nell’esortazione ad Adelaide del 18 maggio 1944
«Prega per i poveri peccatori più ostinati che stanno morendo in questo momento e che trafiggono il mio Cuore»,
risuona infatti, quella del 13 agosto ai pastorelli di Fatima
«Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori perché molte anime vanno all’Inferno perché non c’è chi si sacrifichi e interceda per loro»
Non è poi così difficile, a questo punto, riconoscere nelle due successive invocazioni sopra ricordate la continuità del messaggio di Ghiaie con quello di Fatima.
Lo stesso segreto affidato ad Adelaide, pur rimanendo nascosto, si disvela nelle parole affidate ai tre pastorelli di Fatima: «la guerra sta per finire, ma se non smetteranno di offendere Dio, ne comincerà un’altra ancora peggiore».
Per questo è determinante, per le sorti della Chiesa e dell’umanità, chiamare le genti alla fonte di Grazia donata dal Cielo a Ghiaie.
*
NELLA SETTIMA APPARIZIONE, LA MADONNA, TUTTA CELESTE, SI MOSTRA COME MEDIATRICE DI GRAZIA.
Il diario scritto da Adelaide nel 1953, grazie al quale possiamo continuare le nostre riflessioni sulle apparizioni di Ghiaie è un vero miracolo.
In quell’anno, infatti, Adelaide entra nella Famiglia delle suore Sacramentine, come le aveva indicato la Madonna, e in quella Luce di Paradiso, liberate da fitte tenebre, le immagini che il Cielo le aveva donato, riaffiorano alla sua mente in tutto il loro splendore accecante, illuminando le pagine del Diario a formare un ricchissimo Discorso Sapienziale.
Che tentiamo di ritrovare – consapevoli della nostra inadeguatezza rispetto a tale immenso dono di Grazia – con le riflessioni pubblicate in questo sito,
affrontando, ora, l’esame della 7a apparizione (19 maggio 1944),
nella quale si ripresentano le tre persone della Santa Famiglia, accompagnate dagli angioletti rosa e azzurri – comparsi per la prima volta, come si ricorderà, nei due giorni precedenti (17 e 18 maggio), Tempo dell’Ascensione, attorno alla Madonna apparsa senza Gesù Bambino e senza san Giuseppe.
Così scrive Adelaide, rievocando la 7a apparizione:
La Madonna aveva il vestito e il velo celeste; una fascia bianca le cingeva i fianchi; aveva le rose ai piedi e la corona fra le mani. Gesù Bambino vestiva ancora di rosa con le stelline d’oro e le mani congiunte; il suo volto era sereno quasi sorridente. San Giuseppe era sereno, ma non sorrideva, vestiva di marrone; dalle sue spalle scendeva un pezzo di stoffa pure marrone a forma di mantello, e nella mano destra teneva un bastoncino col giglio fiorito. C’erano gli angioletti. La Madonna mi guardò sorridendo…
Prima di ricordare le parole che la Madonna ha detto ad Adelaide dopo averle sorriso – poiché la molteplicità degli elementi che formano il complesso figurativo/simbolico di questa apparizione possono disperdere l’attenzione –
occorre fissare innanzitutto lo sguardo sul colore celeste, ovvero azzurro chiaro, che riveste totalmente la Madonna, e rammentare che l’azzurro colora la Madonna anche nelle prime quattro apparizioni.
Come si ricorderà infatti,
- nelle prime due apparizioni l’azzurro colora il velo della Madonna,
- nelle successive due l’azzurro colora l’abito,
- nelle altre due, invece, al Tempo dell’Ascensione, l’azzurro non compare, nè sul velo, né sull’abito, colorati rispettivamente di rosso e verde.
- ma nella settima e ottava l’azzurro torna, e questa volta nella dimensione chiara del celeste (formato dall’azzurro carico di bianco), colorando sia il velo che l’abito.
Per comprendere questa successione del colore azzurro, è necessario considerare innanzitutto l’azzurro in relazione al bianco – visto che l’azzurro appare sempre in relazione al bianco – e a tal guisa, ripercorrendo le prime otto apparizioni, secondo il ritmo binario con cui si succedono, riflettere sulla seguente sequenza:
PRIMA E SECONDA APPARIZIONE (13 e 14 maggio): velo azzurro e abito bianco, con rose bianche ai piedi e Rosario bianco.
TERZA E QUARTA APPARIZIONE (15 e 16 maggio): abito azzurro e velo bianco, con rose bianche ai piedi e Rosario bianco.
QUINTA E SESTA APPARIZIONE (17 e 18 maggio): abito rosso e velo verde, con rose bianche ai piedi e Rosario bianco.
SETTIMA E OTTAVA APPARIZIONE (19 e 20 maggio): abito e velo celeste, ovvero azzurro/bianco, e fascia bianca ai fianchi, con rose bianche ai piedi e Rosario bianco.
E poi, dopo aver fissato bene questa sequenza di colori, di nuovo ripercorrere le prime sei apparizioni rammentando i “titoli” con cui la Madonna vuole essere riconosciuta in relazione ai colori con cui si riveste, per scoprire alla fine con quale titolo vuol essere riconosciuta nella 7a e 8a apparizione.
Ripercorrendo dunque le prime sei apparizioni, si ricorderà che
1) nelle prime due (13 e 14 maggio) la Madonna si mostra come Madre del Verbo, poiché il velo azzurro indica che, per opera dello Spirito Santo, ha concepito il Verbo di Dio, sceso dal Cielo (azzurro) per prendere da Lei – Immacolata (vestito bianco) e Tutta Pura (rose bianche ai piedi) – la carne umana (vestito rosa di Gesù Bambino);
2) nelle due successive (15 e 16 maggio), la Madonna si mostra come Sposa del Figlio Crocifisso, poiché l’abito azzurro indica che, nel “mirabile Scambio”, Lei, Immacolata e Tutta Pura, è diventata una sola cosa col Divin Figlio sceso dal Cielo (azzurro), e dunque Sua sposa (velo bianco), per accompagnarlo nella Passione fino alla Crocifissione (vestito rosa di Gesù Bambino tempestato di stelline che indicano, come abbiamo visto, la carne dolente, ricevuta dalla Madre, carica del dolore innocente);
3) nella 5a e 6a apparizione, infine, al Tempo dell’Ascensione (17, 18 maggio), col vestito rosso, il velo verde e le rose bianche ai piedi (colori che rimandano alle tre virtù teologali), la Madonna si mostra come la Corredentrice, nella sua intima partecipazione alla Santissima Trinità, Che L’ha creata, Immacolata, in vista della partecipazione all’Opera della Redenzione che avrebbe compiuto il Figlio, e donata, per questo compito, al Figlio, come Sua Madre (come avverrà con l’Incarnazione) e Sua Sposa (come avverrà alla Crocifissione).
A questo punto, allora, dopo aver afferrato la relazione fra i colori con cui Maria si riveste e i titoli con cui intende essere identificata nelle prime sei apparizioni,
non è difficile scoprire con quale titolo vuol essere riconosciuta nella 7a apparizione mostrandosi tutta celeste, colore nel quale l’azzurro e il bianco, non più distinti, si fondono.
Per capirlo, occorre semplicemente considerare il passaggio dalla distinzione dell’azzurro dal bianco con cui si mostra la Madonna nelle prime quattro apparizioni, alla loro fusione nel celeste che la riveste nella 7a apparizione.
- Mentre infatti, nelle prime due apparizioni l’azzurro colora solo il velo e il bianco colora l’abito a indicare Maria come Madre del Verbo,
- e nelle altre due apparizioni il bianco colora il velo e l’azzurro colora solo l’abito, a indicare Maria come Sposa del Crocifisso,
- nella 7a apparizione, essendo l’azzurro e il bianco fusi nel celeste che colora sia il velo che l’abito, in Maria possiamo vedere insieme la Madre e la Sposa.
Considerando poi che nella 5a e 6a apparizione la Madonna vestita dei colori teologali (bianco verde e rosso) si mostra come la Corredentrice,
si può concludere affermando che,
- avendo Dio santissima Trinità reso Maria partecipe del Suo Essere Trinitario, come Corredentrice, e, per questo compito, in vista della Crocifissione del Figlio, come Sua Madre, Sposa,
- in Maria possiamo vedere la creatura Immacolata, alla Quale la Santissima Trinità fin dal Principio ha donato il Cielo, rivestendola di Cielo, dove, fin dal Principio Vi è Assunta, come la Piena di Grazia, e dunque come Mediatrice di Grazia.
*
Per comprendere meglio questo sublime “titolo” veicolato dal colore celeste che riveste la Madonna, occorre vederLa con Gesù Bambino tornato fra le Sue braccia col vestito rosa tempestato di stelline d’oro, e accompagnata da san Giuseppe (come nelle prime quattro apparizioni).
Contemplando la Santa Famiglia così ricomposta, possiamo infatti, vedere che il Mistero dell’Incarnazione ancor più si rischiara, proprio alla luce del colore celeste di Maria.
Maria tutta celeste col Bambino vestito di rosa fra le braccia, ci ricorda che grazie al Suo Fiat all’angelo, Ella si è disposta, come serva, a ricevere – per Opera dello Spirito Santo – nel Suo grembo immacolato (fascia bianca ai fianchi) – il Seme del Padre, aprendo così per tutti gli uomini il Cielo, Cui appartiene da sempre, e del Quale è da sempre Regina, rimanendo sempre serva.
Più compiutamente, si può dire che:
in virtù del “fiat” di Maria e del “mirabile scambio” – a partire dal quale, viene finalmente superata la disobbedienza di Eva che aveva spezzato ogni mediazione con Dio scegliendo il peccato – il Cielo viene riaperto, così che la Grazia di Dio passa di nuovo, in pienezza, attraverso la mediazione umana.
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Per comprendere ancor meglio il grande tema evidenziato fin qui, occorre fare un altro passo avanti, e orientare l’attenzione alle stelline d’oro sul vestito rosa di Gesù Bambino, figura, come abbiamo visto, della carne dolente del Redentore sulla Quale brilla, glorioso nella luce dorata, il dolore dei piccoli martiri di tutti i tempi chiamati da sempre a consoffrire con Gesù e partecipare, anch’essi, all’Opera della Redenzione.
Quelle stelline ci fanno capire che, non solo grazie all’atroce dolore di Maria, ma anche grazie all’immenso dolore di una schiera innumerevole d’innocenti, riassunto nell’infinito dolore sofferto nella Passione e sulla Croce da Cristo Innocente – da sempre unico sostituto di tutti davanti a Dio – l’uomo può chiedere e ottenere la Grazia di Dio.
Ovvero che:
al disegno della Redenzione e della Comunione d’Amore concepito dalla Santissima Trinità, sono contemplati anche i piccoli martiri di tutti i tempi, eletti anch’essi, perciò, nella Gloria di Dio, con Maria, e subordinati a Lei, come Mediatori di Grazia.
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Da ultimo, per completare ulteriormente la comprensione del complesso figurativo della settima apparizione, e approfondire il tema della Mediazione che ci viene offerto in pienezza nel vestito celeste di Maria, si consiglia di orientare lo sguardo, dal vestito rosa di Gesù Bambino tempestato di stelline d’oro, al coro di angeli rosa e azzurri, che attorniano la Santa Famiglia – apparsi, come si ricorderà, anche nei due giorni precedenti.
In quel coro angelico possiamo distinguere almeno tre realtà.
- l’immagine dell’umanità fanciulla angelicata considerata nella propria origine femminile (rosa) e maschile (azzurro), com’era al Principio, nel pensiero e nel progetto di Dio e alla Creazione, quando i progenitori vivevano nell’Ordine della Grazia e l’un l’altro erano mediatori di Grazia;
- la schiera dei Santi Innocenti chiamati all’Opera della Redenzione, che con la loro sofferenza pura, unita a quella infinita del Cristo Innocente ottengono, con Maria, di riaprire il Cielo e ottenere la Grazia della salvezza;
- il compimento della Comunione d’Amore dell’umanità con Dio – com’era al Principio, nel pensiero e nel progetto di Dio – in una sola Famiglia con Lui.
Contemplare la Madonna tutta celeste è dunque vedere, in Lei, già, la Chiesa nella pienezza della Grazia di Dio, affinché sia comunicata all’umanità, così da riunirla a Dio, in un solo corpo e in solo spirito, come una sola Famiglia.
*
La riflessione potrebbe, per il momento, concludersi così.
Ma un particolare, apparentemente insignificante, colpisce, e suscita ancora una domanda.
Leggendo attentamente il racconto di Adelaide, ci accorgiamo che la Madonna sorride, come Gesù Bambino – anche se Lui accenna un sorriso – mentre san Giuseppe non sorride.
Perché questa diversità?
- Come abbiamo visto nella precedente riflessione, il sorriso della Madonna – pur adombrato dal dolore del Suo Cuore trafitto a causa delle anime che si perdono – riflette la gioia immensa del Paradiso, e perciò del Padre Eterno, all’Amore del Quale Ella chiama gli uomini esortandoli continuamente a fuggire e riparare il peccato, i cui effetti devastanti sono visibili nello strazio del dolore innocente. (Alla gente che, attraverso Adelaide, chiede se i bambini ammalati debbano essere portati al luogo delle apparizioni per essere guariti, la Madonna risponde: «No, non è necessario che proprio tutti vengano qui; quelli che possono vengano che, secondo i loro sacrifici saranno guariti o rimarranno ammalati, però non si facciano più peccati gravi»)
- Il sorriso appena accennato di Gesù Bambino, che prega con le mani giunte – in una continua supplica d’intercessione al Padre offrendo a Lui la Sua Santa Passione in favore dell’umanità peccatrice – lo possiamo comprendere perché quel Bambino è il Verbo di Dio Che si è fatto uomo, per morire sulla Croce e salvare gli uomini, sapendo che molti avrebbero consapevolmente rifiutato: non solo la Redenzione da Lui attuata sulla Croce costata tanto dolore, ma anche lo strazio sofferto dalla Madre Corredentrice per colmarli di Grazie, e persino il dolore dei piccoli martiri innocenti offerto a Dio per la loro salvezza.
- In san Giuseppe infine, che non sorride, riconosciamo il rimprovero del Padre Eterno Che ricorda agli uomini il male compiuto e la riparazione necessaria del peccato così da intraprendere il cammino di conversione, tanto importante, e vitale, non solo per la salvezza dell’anima, e delle anime, ma anche per lo stesso riconoscimento delle apparizioni quale Fonte di Grazia.
Dopo aver ammonito di non fare più peccati, alla richiesta da parte di Adelaide di fare qualche miracolo affinché la gente possa credere, la Madonna risponde così:
«Verranno anche quelli, molti si convertiranno ed io sarò riconosciuta dalla Chiesa».
Affermazione, grazie alla quale possiamo comprendere ancor meglio, che mostrandosi tutta celeste, la Madonna desidera essere riconosciuta dalla Chiesa con il titolo di Mediatrice di Grazia, affinché la Chiesa stessa lo sia.
A questo fine, occorre ricordare la grande promessa con cui la Madonna concluderà le apparizioni dicendo ad Adelaide:
«Prega per il papa e digli di fare presto perché voglio essere premurosa per tutti in questo luogo. Qualunque cosa mi si chiederà la intercederò presso mio Figlio».
*
NELL’OTTAVA APPARIZIONE LA MADONNA INVITA ADELAIDE AD ESSERE “TUTTA SUA”, COME MADRE, SPOSA, CORREDENTRICE E MEDIATRICE.
L’immenso tesoro di Grazia che il Cielo le ha donato, Adelaide lo ha riversato in un quaderno di terza elementare, ogni pagina del quale è formata da 10 righe.
E’ uno strumento molto povero, capace però, di suscitare grande stupore e meraviglia, allorché la Grazia di Dio permette d’intravedere in esso lo splendore di un grande tesoro sapienziale.
Le cui perle preziose cerchiamo, con umiltà, di estrarre, mediante queste riflessioni;
come la presente, che riguarda le due pagine (16 righe) in cui Adelaide ha raccontato l’ottava apparizione,
La quale, a una prima lettura, non sembra rilevante.
Nel suo breve racconto infatti, Adelaide ricorda soltanto l’esortazione della Madonna a capire quanto le ha detto nelle precedenti apparizioni, e l’avviso che le sarebbe apparsa l’indomani e per altri quattro giorni, dopo una settimana d’intervallo.
Questo, il racconto di Adelaide.
Domani sarà l’ultima volta che ti parlo, poi per sette giorni ti lascio pensare bene quanto ti ho detto. Cerca di capirlo bene perché fatta più grandicella ti servirà molto se vorrai essere tutta mia. Dopo questi sette giorni ritornerò ancora quattro volte.
Nella semplicità del racconto, subito colpisce la condizione posta dalla Madonna ad Adelaide con la frase: se vorrai essere tutta mia.
Che suscita diverse domande.
E ci chiediamo:
- era forse in grado Adelaide, a sette anni, di capire cosa intendeva dire la Madonna con quella frase?
- e quali parole pronunciate dalla Madonna, avrebbe dovuto ricordare, Adelaide, per soddisfare quella condizione?
*
Prima di rispondere a queste domande, e per capire in profondità il significato di quella frase, occorre sfogliare il diario fino a incontrare, qualche pagina più avanti, nel racconto della dodicesima apparizione, questa affermazione della Madonna:
«Cara bambina, tu sei tutta mia».
E constatare che quel giorno la Madonna non pone alcuna condizione ad Adelaide. Non le dice più: «se vorrai essere tutta mia», ma, categoricamente, le dichiara: «tu sei tutta mia».
Come comporre questa contraddizione?
La condizione posta nell’ottava apparizione, con la frase espressa mediante il tempo futuro: «se vorrai essere tutta mia», appare infatti, in evidente opposizione con la dichiarazione enunciata nella successiva dodicesima apparizione, con la frase espressa mediante il tempo presente: «tu sei tutta mia».
Come avrebbe potuto, Adelaide, voler essere tutta di Maria se lo era già?
Per risolvere l’apparente contrasto e capire che le due frasi non collidono l’una con l’altra, iniziamo dapprima a dare significato all’affermazione categorica della Madonna: «Cara bambina tu sei tutta mia».
La quale si comprende ricordando che le parole della Madonna sono parole della Divina Sapienza e che, pronunciando la frase: «tu sei tutta mia», è come se avesse detto ad Adelaide:
Tu sei tutta mia, perché il mio Divin Figlio, Che tu vedi fra le mie braccia, per volontà del Padre e in unità con lo Spirito Santo, ha scelto di donarti a Me affinché tu mi appartenga in tutto, e diventi, con Me e come Me, una sola cosa con Lui, rimanendo sempre unita a Me.
Di conseguenza, ponendo la condizione: «se vorrai essere tutta mia», è come se la Madonna, rivelando ad Adelaide la sua elezione, le avesse ricordato la necessità della sua scelta con queste parole:
Fin dal Principio Dio ti ha scelto, donandoti a Me per essere tutta Sua, e ora che sei sulla terra aspetta il tuo sì a Me, come ha atteso il mio Sì all’angelo, sapendo che tu lo darai quando sarai più grandicella, come sapeva che avrei dato il mio Sì, senza condizioni, nel tempo deciso fin dal Principio, perché avvenisse in me l’Incarnazione del Verbo.
Dalla quale verità, si può facilmente comprendere che:
se con l’affermazione: «tu sei tutta mia», la Madonna ricorda ad Adelaide che dal Principio, prescelta da Dio, Le appartiene totalmente, come dono di Dio a Lei,
dicendole: «se vorrai essere tutta mia», la esorta a predisporsi a divenire, come Lei, Madre del Verbo di Dio, nella totale appartenenza a Lei, prescelta dal Padre e donata, Immacolata, al Figlio, in perfetto accordo con Lui e con lo Spirito Santo, in vista della Redenzione.
Più semplicemente:
dicendole: «se vorrai essere tutta mia» la Madonna richiama Adelaide a consacrarsi totalmente a lei come religiosa.
*
A questo punto, non è difficile capire quel che Adelaide avrebbe dovuto ricordare obbedendo all’esortazione della Madonna: «ti lascio pensare bene quanto ti ho detto. Cerca di capirlo bene perché fatta più grandicella ti servirà molto se vorrai essere tutta mia»
Quel giorno, Adelaide avrebbe dovuto riportare alla mente le parole pronunciate dalla Madonna nella seconda apparizione, del 14 maggio, per chiamarla, appunto, alla vita religiosa.
Ovvero:
«fra tra il 14° e il 15° anno ti farai suora Sacramentina»
Grazie alle quali, parole, possiamo tradurre il pensiero rivolto dalla Madonna ad Adelaide con la seguente proposizione:
Cara bambina tu sei tutta mia perché Dio ti ha prescelto, ma occorre che tu scelga d’essere tutta mia, e, se lo vorrai, quando sarai più grandicella, fra il 14° e il 15° anno ti farai suora Sacramentina.
Età cardine, quella – fra il 14° e il 15° anno -; e momento supremo, per Maria e per la storia della Salvezza.
Perché a quell’età – la stessa nella quale le donne ebree si sposano – Lei, Maria Santissima, ha pronunciato il Suo Sì all’angelo, ricevendo nel Suo Seno, per opera dello Spirito Santo, il Verbo di Dio.
Età cardine e momento supremo, quello stesso, anche per Adelaide, che, pronunciando il suo sì a quell’età, sarebbe diventata, misticamente, con Maria e come Maria, MADRE DEL VERBO DI DIO.
Come prima conclusione possiamo perciò, affermare che:
dicendo ad Adelaide «se vorrai essere tutta mia», la Madonna ha voluto richiamare di nuovo il Grande Mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio in Lei; tema che caratterizza fin dalla prima apparizione il ciclo epifanico di Ghiaie, provvidenzialmente scelto dall’Eterno per quel Tempo di Pasqua, affinché questo Grande Mistero tornasse a fondamento del pensiero dell’uomo, oscurato in un tempo di tenebra.
*
Per capire ancor meglio l’importanza del Mistero dell’Incarnazione nella chiamata di Adelaide alla vita religiosa, e contestualizzarla nel mirabile rapporto fra Eterno e tempo che illumina il ciclo epifanico di Ghiaie,
occorre inoltre, ricordare che,
in quello stesso tempo, e proprio nei giorni delle apparizioni, Adelaide attende il giorno della Prima Comunione, prevista per la Solennità di Pentecoste.
Questa coincidenza desta una grande meraviglia.
Soprattutto notare che,
proprio nei giorni in cui la Madonna chiede ad Adelaide di farsi suora Sacramentina per appartenerLe totalmente, la piccola veggente, prescelta dal Padre Eterno, si prepara a ricevere nell’anima il Divin Figlio nell’Ostia Consacrata, e divenire così, misticamente, per opera dello Spirito Santo, Sua piccola Sposa, iniziando a vivere, già da quel momento, la vocazione religiosa.
Sorprendente sincronia!
Grazie alla quale possiamo comprendere che, fin da quel momento Adelaide è chiamata pronunciare il suo sì a Maria, e in Lei unirsi a Gesù Eucarestia, come piccola suora Sacramentina, disponendosi, fin da quel giorno, al compito per cui è stata prescelta.
Ovvero:
donarsi come Ostia Eucaristica nel martirio inesausto che le è stato preparato dalla Santissima Trinità, e che la Madonna le ha preannunciato nella seconda apparizione.
Come si ricorderà, infatti, proprio quel giorno, 14 maggio, dopo averle indicato la vocazione religiosa come suora Sacramentina, la Madonna le ha profetizzato un’esistenza colma di dolore, con parole nette e recise.
«Soffrirai tanto e poi tanto», le ha detto quel giorno, chiamandola a con-soffrire, su questa terra, insieme a Lei e come Lei, la Santa Passione del Divin Figlio, fino al Calvario, per la Redenzione delle anime.
Possiamo così, affermare, che fin da quel giorno, la Madonna ha chiesto ad Adelaide di pronunciare il suo sì a Lei, evocando nel cuore il Suo Sì all’angelo, per divenire anch’ella, con Maria e come Maria, unita a Cristo Unico Redentore dell’umanità, una piccola CORREDENTRICE.
*
Oltre alla chiamata alla vita religiosa e alla sofferenza – continuando a obbedire all’esortazione della Madonna: «ti lascio pensare bene quanto ti ho detto. Cerca di capirlo bene perché fatta più grandicella ti servirà molto se vorrai essere tutta mia» – quel giorno, Adelaide ha sicuramente rammentato altre “parole” che le ha detto la Madonna nelle precedenti apparizioni,
come:
- le ferme prescrizioni impartite dalla Madonna – nella terza, quarta e settima apparizione – a rifiutare il peccato responsabile della sofferenza dei bambini, da comunicare ai genitori chiamati al sacrificio;
- e l’appello accorato della Madonna alla preghiera e alla penitenza, in particolare – nella sesta apparizione – per i poveri peccatori più ostinati, che trafiggono il Suo Cuore, perché, giunti al termine della vita, rifiutando il perdono di Dio, si separano per sempre da Lui.
Prescrizioni e appelli, nei quali Adelaide avrebbe dovuto riconoscere i compiti da sempre assegnati a lei dalla Divina Sapienza, che avrebbe dovuto svolgere, totalmente unita a Maria, come:
- MESSAGGERA, della Parola e della volontà di Dio;
- e MEDIATRICE DI GRAZIA, in Cristo unico Mediatore fra i peccatori e il Padre Eterno.
*
Per completare la riflessione sull’ottava apparizione non si può dimenticare che la Madonna ha offerto ad Adelaide indicazioni temporali precise, come vivesse anche Lei nel tempo finito.
Domani sarà l’ultima volta che ti parlo, poi per sette gironi ti lascio pensare bene quanto ti ho detto. Dopo questi sette giorni ritornerò ancora quattro volte – dice ad Adelaide.
Del resto già nella prima apparizione, come vivesse, oltre che nel tempo finito anche in uno spazio limitato, aveva detto ad Adelaide:
ritorna in questo luogo per nove volte, sempre a quest’ora
Per comprendere il mirabile intreccio fra Eternità e tempo, che caratterizza le apparizioni di Ghiaie, si propongono le seguenti prime note:
- Le 13 apparizioni si svolgono nel Tempo di Pasqua e portano il carattere trinitario.
Sono 13 (numero formato da 1 e 3), iniziano il giorno 13 (formato da 1 e 3) e terminano il giorno 31 (formato da 3 e 1).
- Sono divise in due tempi: il primo di 9 giorni e il secondo di 4 giorni.
Il primo tempo di 9 (3×3) giorni, che si svolge nel tempo liturgico dell’Ascensione, richiama i tre tempi della Salvezza: Incarnazione, Morte e Resurrezione del Signore Gesù Cristo.
Il secondo tempo di 4 (3+1) giorni, che si svolge nel tempo liturgico della Pentecoste, richiama il compimento dell’unione sponsale di Dio Santissima Trinità con l’umanità.
- I due tempi delle apparizioni sono intervallati (fra due domeniche) da una settimana.
Il periodo di 7 giorni (3+3+1), numero che simboleggia la completezza, ricorda la Nuova Creazione, e il compimento della Nuova ed Eterna Alleanza.
*
Tenendo conto di tale contesto provvidenziale, e ricordando che le apparizioni di Ghiaie avvengono in un tempo tenebroso di guerra, possiamo perciò, concludere in questo modo:
- Il ciclo epifanico di Ghiaie è preordinato dall’Eterno, per un tempo oscuro contraddistinto da una battaglia decisiva fra la Luce e le Tenebre, e, per questo, configurato in perfetta sincronia con la liturgia Pasquale.
Considerazione, in base alla quale si evince che:
- chiamando, proprio in quel tempo, la piccola Adelaide ad appartenerLe totalmente ed essere Sua immagine fedele, la Madonna ha voluto invitare l’umanità a riconoscere in quella bimba il modello e il mezzo per la totale consacrazione a Lei, e farsi condurre da Lei, attraverso le tenebre del tempo ultimo, nella Luce Eterna, alla Comunione con tutti nel Suo Divin Figlio.
Per questo, nel bosco sopra il villaggio, dove Adelaide ha incontrato i bambini martiri e pregato con loro, il Fanciullo Gesù l’ha presa per mano e accompagnata lungo le stazioni della via Crucis, promettendole di condurle la Madre come Suo dono.
*
NELLA NONA APPARIZIONE SAN GIUSEPPE RICONDUCE IL PECCATORE ALLA COPPIA SANTA DELL’INCARNAZIONE.
Prima di affrontare lo studio della nona apparizione di Ghiaie, occorre ricordare che Adelaide ha scritto il suo diario in una cella del convento delle Suore Sacramentine,
dov’era stata ammessa, col permesso del Vescovo di Bergamo, per prepararsi a pronunciare i voti solenni, come le aveva detto la Madonna nella seconda apparizione, e divenire Sua immagine quale Madre e Sposa del Verbo di Dio.
Il diario dev’essere perciò, considerato nell’ambito di questa Sacra Gestazione dell’eletta di Maria, chiamata a concepire misticamente il Verbo di Dio nel suo seno; e dunque, come frutto della stessa Parola Vivente concepita, con l’Incarnazione, nel Seno Purissimo dell’Immacolata Vergine Maria.
E’ in questa Luce Divina che dobbiamo avvicinarci al tesoro di Grazia custodito nel diario, costato ad Adelaide un incessante martirio.
Ben pochi sanno, purtroppo, nonostante molte testimonianze, che, nella cella di quel convento, Adelaide scrive di notte, per occultare e difendere il prezioso lavoro da interventi malvagi di alcune consorelle fomentate ad avversarla e vessarla per incrinare la sua vocazione e distruggere le apparizioni,
com’era accaduto nei conventi delle Suore Orsoline fin dai giorni delle apparizioni e poi nel convento delle Suore della Sapienza dove si è riunito il Tribunale Ecclesiastico e si è svolto il Processo contro di lei.
Questa, la premessa doverosa perché si veda ben inciso nelle pagine preziose del diario il segno della Croce di Cristo, Che Adelaide – suora Sacramentina, che, nell’adorazione della Santissima Eucarestia, si è offerta vittima per la salvezza dei peccatori – ha portato inciso nel cuore e nel corpo per tutta la vita.
*
Continuiamo allora le nostre riflessioni alla Luce del Segno della Croce, esaminando la nona apparizione (ultima del primo ciclo epifanico, nel Tempo dell’Ascensione),
nella quale emerge la persona di san Giuseppe, a segnare una continuità significativa del DISCORSO SAPIENZIALE principiato nelle prime otto;
continuità, che possiamo fin d’ora sintetizzare con la seguente proposizione, per predisporre il lettore alla comprensione del racconto di Adelaide:
- mentre nelle prime otto apparizioni, in Maria riconosciamo l’immagine della Chiesa, chiamata a partecipare all’Opera della Redenzione,
- nella nona apparizione, Giuseppe personifica la figura del sacerdote e pastore esemplare, chiamato a ricondurre alla Chiesa i peccatori, affinché siano Riconciliati in Cristo mediante la Grazia del Perdono, e cibandosi dell’Eucarestia, siano elevati, in Cristo, alla Grazia della Comunione con Dio Santissima Trinità come una sola Famiglia.
*
Rileggiamo dunque, il racconto di quel giorno, 21 maggio 1944, soffermandoci sulla prima parte.
Scrive Adelaide.
Anche questa apparizione fu preceduta dai colombi e nel punto luminoso si manifestò la Sacra Famiglia vestita come ieri, in mezzo a una chiesa. Verso la porta principale c’era: un asino color grigiastro, una pecora bianca, un cane dal pelo bianco con macchie marroni, un cavallo del solito color marrone. Tutte le quattro bestie erano inginocchiate e muovevano la bocca come se pregassero. Ad un tratto il cavallo si alzò e passando vicino alle spalle della Madonna, uscì dalla porta aperta e s’incamminò sull’unica strada che conduceva ad un campo di gigli, ma non fece in tempo a calpestarne quanti voleva perché San Giuseppe lo seguì e lo riprese. Il cavallo, appena vide San Giuseppe, cercò di nascondersi vicino al muricciolo che serviva di cinta al campo dei gigli: qui si lasciò prendere con docilità, e, accompagnato da San Giuseppe ritornò in chiesa, ove s’inginocchiò e riprese la preghiera.
In questo brano, si può notare, innanzitutto, che san Giuseppe, attore principale del racconto, non rimane fermo, come nelle precedenti apparizioni, accanto alla Madonna col Bambino Gesù in braccio,
ma si muove, ed esce dalla chiesa, staccandosi dalla coppia dell’Incarnazione (costituita dalla Madonna col Bambino Gesù in braccio), alla ricerca di chi se ne è andato, simboleggiato dal cavallo, figura del peccatore, per ricondurlo in chiesa a pregare e contemplare di nuovo il modello dell’Incarnazione.
E’ molto importante sottolineare questo passaggio, dalla stasi all’azione, perché proprio in questo passaggio si può comprendere il sublime ed eccelso compito assegnato da sempre a san Giuseppe, da Dio Santissima Trinità, nell’ambito del Mistero stesso dell’Incarnazione e, conseguentemente, della Redenzione.
Cerchiamo allora, di scoprire il significato di questo passaggio.
E a tal fine si propongono due percorsi similari, secondo due significati diversi da attribuire alla chiesa al centro della quale, come scrive Adelaide, appare la Santa Famiglia.
Ovvero consideriamo
- dapprima, la chiesa, come simbolo dell’anima umana
- e poi, la chiesa come casa di preghiera (come Adelaide stessa la identifica nella seconda parte del racconto).
PRIMA INTERPRETAZIONE: LA CHIESA COME FIGURA DELL’ANIMA
Essendo la Santa Famiglia lo specchio fedele della Santissima Trinità,
nella Santa Famiglia al centro della chiesa, possiamo vedere il modello d’amore posto al centro dell’anima per condurla all’unione con la Santa Trinità.
Di conseguenza, nei quattro animali che pregano inginocchiati contemplando la santa Famiglia, possiamo identificare le disposizioni virtuose originarie dell’anima umana (la pazienza raffigurata dall’asino, l’umiltà raffigura dalla pecora, la fedeltà raffigura dal cane, e la forza vitale raffigurata dal cavallo) orientate al modello d’amore della Santa Famiglia per condurre l’anima all’unione con Dio Santissima Trinità.
E poiché il cavallo, che esce dalla chiesa, rappresenta la forza vitale dis-orientata dalla seduzione di uno spirito maligno,
in san Giuseppe che riconduce il cavallo nella chiesa, possiamo riconoscere la funzione paterna dell’anima che riconduce questa disposizione al centro dell’anima, affinché, nella preghiera, riunita alle altre disposizioni virtuose, contemplando il modello d’amore della Santa Famiglia riprenda lo slancio verso l’unione con Dio Santissima Trinità.
SECONDA INTERPRETAZIONE: LA CHIESA COME CASA DI PREGHIERA
Confermando nella Santa Famiglia al centro della chiesa, il modello d’amore che conduce all’unione con la Santa Trinità,
nel cavallo possiamo anche vedere tutte quelle anime, o meglio quei figli di Dio che hanno rifiutato Dio Santissima Trinità e si sono allontanati dalla Chiesa rinnegando la Grazia del Battesimo per seguire una falsa trinità,
ma che, ricondotti alla Chiesa da san Giuseppe, ritrovano nella Confessione dei peccati la Grazia del Battesimo, e insieme ai fratelli rimasti nella Chiesa, di nuovo pregano contemplando il modello d’amore della Santa Famiglia, per ritrovare la Comunione con e in Dio Santissima Trinità.
Grazie a questa interpretazione riconosciamo in san Giuseppe il pastore che riporta l’unità nella Chiesa e ricompone la Famiglia dei figli di Dio.
In entrambe le interpretazioni san Giuseppe appare dunque come la persona della Santa Famiglia capace di ristabilire nel peccatore il legame spezzato con l’anima e con la Chiesa.
*
A tal proposito occorre fermare l’attenzione su un brano del racconto di Adelaide, ripreso nella seconda parte dello stesso racconto, nel quale la piccola eletta di Maria nel ricordare l’incontro fra il peccatore, raffigurato dal cavallo, e san Giuseppe, mette in evidenza che il peccatore si arrende al santo perché colpito dallo sguardo di san Giuseppe.
Scrive Adelaide nella seconda parte del racconto:
San Giuseppe, avvicinatosigli, lo guardò con dolce sguardo di rimprovero e lo condusse nella casa di preghiera.
Lo sguardo di Giuseppe si rivela, chiaramente, come il fattore determinante che in un istante fa capire al peccatore l’errore compiuto, tanto da farsi ricondurre docilmente alla chiesa.
Perciò, ci domandiamo:
cosa vede il cavallo peccatore nello sguardo di san Giuseppe?
Alla mente del cristiano, che conosce i vangeli dell’Infanzia, la risposta giunge immediata.
Nello sguardo di san Giuseppe, il peccatore riconosce lo sguardo di Gesù che san Giuseppe ha contemplato, tutti i giorni per tutti gli anni vissuti con Lui a Nazareth, fino a imprimerlo nel suo stesso volto.
Più semplicemente:
nel volto di Giuseppe, il peccatore riconosce il Volto Santo della Misericordia.
Giuseppe si rivela così come figura di Gesù Cristo Sommo Pastore, chiamato a ricondurre i figli di Dio alla Chiesa perché ricevano la Grazia del Perdono e, Riconciliati con Dio, siano elevati alla Comunione con Cristo, in seno alla Santissima Trinità, a formare una sola famiglia.
La riflessione sulla nona apparizione potrebbe terminare con questa scoperta tanto semplice ed evidente.
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Ma proprio grazie a questa scoperta, continuando a riflettere più in profondità, in san Giuseppe intravediamo una verità estremamente grande e sublime,
se col pensiero ci portiamo a Nazareth, ed entriamo alla Santa Casa nel momento del desco,
e vediamo
Giuseppe, capo famiglia, che prende il pane azzimo lo benedice, lo spezza e lo distribuisce; poi prende il calice di vino, lo benedice, lo beve e lo distribuisce.
Come non sentir risuonare, allora, nei sacri gesti di Giuseppe, le parole di Gesù ricordate nel brano evangelico che racconta l’istituzione dell’Eucarestia?
Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati
Confronto forse ardito, quello fra la Santa Casa e il Cenacolo, avvalorato tuttavia, dalla certezza interiore che:
proprio in quel momento, alla Santa Mensa di Nazareth, nei sacri gesti di Giuseppe,
Gesù, il Verbo di Dio, vive la Santa Passione, iniziata con la Sua Incarnazione nel Seno dell’Immacolata Madre, Vergine Maria, e rivelata in seguito, apertamente, al Cenacolo.
Certezza, che avvertiamo come verità, e che ci permette di riconoscere il Cenacolo prefigurato, in quel momento, nella Santa Casa,
- dove il Verbo di Dio Incarnato vive già, sulla terra, la Sua Santa Passione e celebra misticamente la Santa Eucarestia in unità
- con l’Immacolata Madre Maria, figura della Sua Chiesa – chiamata a partecipare all’Opera della Redenzione,
- e con il castissimo padre Giuseppe, sposo della Sua Santa Madre Maria e dunque della Sua Chiesa; e Sua stessa immagine, come figura di Lui, Verbo di Dio Incarnato, Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza.
Su quella Santa Tavola, Santo Altare della Santa Casa, il Verbo di Dio nel Fanciullo Gesù, con Giuseppe e unito a Maria, si offre, già, come al Cenacolo e poi sul Calvario, al Padre Eterno, quale Vittima Purissima per la salvezza del mondo,
confermando innanzitutto ai Santi Genitori – che, in quel pane e in quel vino, si cibano misticamente del Suo Corpo e del Suo Sangue – la Preredenzione donata loro, per Grazia, da Lui, Figlio di Dio, in unità col Padre e lo Spirito Santo.
Grande Mistero di Grazia, che si può contemplare in tutta la Sua immensa estensione ( sempre nella stessa interiore certezza che nella Santa Casa si anticipa il Sacrificio Eucaristico),
scorgendo, presenti al Desco-Altare di Nazareth – e uniti al Fanciullo Gesù, Vittima Immolata per la Redenzione dei peccatori – la moltitudine immensa di piccoli martiri innocenti prescelti da Dio Santissima Trinità a partecipare, con la Santa Madre Maria Immacolata, all’Opera della Redenzione.
Grazie al quale, finalmente, si può comprendere in pienezza, rileggendo il racconto di Adelaide, la ragione profonda che piega il cavallo peccatore, tanto furioso.
Sul volto di Giuseppe, il peccatore vede il dolce sguardo di rimprovero di Gesù che soffre, nella Sua Santa Passione e Morte in Croce, per la remissione del suo peccato, e il Martirio di tanti innocenti, raffigurati dai gigli da lui calpestati, che soffrono, con Gesù, per espiare la sua colpa.
E per questo si pente con tutto il cuore, con il proposito di convertirsi, tornare alla chiesa a contemplare di nuovo la santa Famiglia e riunirsi ai fratelli, in Comunione con Dio santissima Trinità.
Nell’azione di san Giuseppe possiamo così capire, ancor meglio, la continuità della nona apparizione con le otto precedenti.
Gli appelli accorati al rifiuto del peccato e alla conversione implorati dalla Madonna nelle prime otto apparizioni si ritrovano nello sguardo di Giuseppe chiamato a ricondurre alla Chiesa i peccatori che si sono allontanati, perché, pentiti, confessino i loro peccati e, nelle mani di Maria, si uniscano a Cristo Eucarestia per vivere in Comunione con Dio Santissima Trinità.
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Come si può notare, nella nona apparizione torna con grande risalto il tema Eucaristico, tanto importante nel messaggio di Ghiaie,
chiaramente evidenziato nella vocazione di Adelaide chiamata dalla Madonna, nella seconda apparizione, a farsi suora Sacramentina;
e, ancor prima dello stesso ciclo epifanico, nelle Messe al bosco,
celebrate da Candido, sacerdote nell’anima, e dunque anch’egli figura di Giuseppe, assistito dalla piccola Adelaide, già religiosa nell’anima, e dunque figura di Maria, con la moltitudine di bambini martiri mandati dal Cielo in quel bosco a partecipare alla celebrazione di quell’innocente e puro Sacrificio Eucaristico, con la presenza, in mezzo a loro, del Fanciullo Gesù, come al Santo Desco di Nazareth prefigurazione del Cenacolo.
*
A conclusione di questa prima parte della riflessione su san Giuseppe, e in rapporto a quel che abbiamo affermato nelle precedenti riflessioni, sulla Santa Vergine Maria,
ci par di poter dire che:
con Maria – donata dal Padre, nello Spirito Santo, al Figlio, e scelta dal Figlio stesso per essere la Sua Santa Madre, e dunque figura della Chiesa, partecipe della Redenzione,
anche l’umile e casto Giuseppe viene donato dal Padre, nello Spirito Santo, al Figlio, e scelto dal Figlio stesso – perché sia immagine fedele del Figlio, quale Sommo Sacerdote e Pastore della Chiesa, e dunque suo Vicario,
chiamato a ricondurre i peccatori alla Chiesa, affinché ricevano la Grazia del Perdono e, Riconciliati con Dio, siano elevati, nelle mani di Maria, alla Comunione con Cristo Eucarestia, e riuniti come una sola famiglia, nell’Amore di Dio Santissima Trinità.
A conferma di quanto affermato, si propone il seguente brano di Joseph Ratziger (in Maria, chiesa nascente, san Paolo, 1998, pg. 75)
San Giuseppe viene indicato tramite il bastone fiorito come sommo sacerdote come archetipo del vescovo cristiano. Maria è invece la Chiesa vivente. Su di lei viene lo Spirito santo e così diventa il nuovo tempio. Giuseppe il giusto è presentato come amministratore dei misteri di Dio, come sovrintendente e custode del santuario che è la Sposa e il Logos in lei. Così egli diventa l’immagine del Vescovo, al quale è affidata la sposa, essa non è a sua disposizione, ma sotto la sua protezione.
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IN RAPPORTO A FATIMA
Al fine di confermare ulteriormente la figura di san Giuseppe come presentata in questa riflessione, si propone
- dapprima di allontanarci da Ghiaie e recarci, per un momento, a Fatima, ad assistere, in particolare, all’ultima apparizione del 13 ottobre 1917,
nella quale san Giuseppe benedice il mondo, in tutta la Gloriosa Maestà di cui il Signore lo riveste, mostrandosi, con grande evidenza, nella figura del Vicario di Cristo che impartisce, “Urbi et Orbi”, la più solenne benedizione apostolica nella Chiesa.
come si legge nelle “Memorie” di suor Lucia, che scrive:
Sparita la Madonna nell’immensa distanza del firmamento, vedemmo, accanto al sole, San Giuseppe col Bambino e la Madonna, vestita di bianco, con un manto azzurro. San Giuseppe col Bambino sembravano benedire il mondo. Poco dopo, sparita questa apparizione, vidi il Signore e la Madonna che mi pareva la Madonna Addolorata. Il Signore sembrava benedire il mondo nello stesso modo di San Giuseppe.
- E poi, da Fatima, tornare a Ghiaie dove san Giuseppe riappare, come a Fatima, con la Santa Famiglia;
ma non nella chiesa del Cielo a benedire il mondo nella figura del Vicario di Cristo, bensì in una chiesa della terra, dalla quale esce a cercare i peccatori, nella figura del Sommo Pastore.
Così da riconoscere, fra le due grandi epifanie, un’evidente continuità e circolarità
Ovvero che:
- se a Fatima san Giuseppe si mostra come Vicario di Cristo e figura del Sommo Pastore che benedice il mondo, dalla Chiesa del cielo, consacrandolo al Cuore Immacolato di Maria per riunirlo in Cristo all’Amore del Padre,
- a Ghiaie san Giuseppe si mostra come Vicario di Cristo e figura del Sommo Pastore che riconduce i peccatori alla Chiesa della terra per riunirli nelle Mani Immacolate di Maria e, nel Suo Cuore, in Cristo all’Amore del Padre, perché salgano alla Chiesa del Cielo.
Importante notare che, nella circolarità fra Chiesa del Cielo e Chiesa della terra, Giuseppe si rivela, quale figura del Vicario di Cristo, come PONTE fra le due Chiese.
Questo lo si rimarca perché, com’è noto, nell’esaminare i rapporti fra le due trinità – terrestre e celeste (Santa Famiglia e Dio Santissima Trinità) – molti autori hanno correlato Giuseppe con lo Spirito Santo in quanto sposo di Maria e dunque come suo Vicario; e molti altri col Padre, come Suo Vicario in quanto padre putativo.
Mentre Gesù è solitamente rapportato a Se stesso quale Figlio di Dio.
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NELLA DECIMA APPARIZIONE LA MADONNA SI MOSTRA COME CORREDENTRICE, MADRE E REGINA DELLA CHIESA.
Nella precedente riflessione – commentando la visione del 21 maggio 1944 – ci siamo identificati col peccatore ricondotto da san Giuseppe alla chiesa,
nella quale abbiamo ritrovato la coppia santa dell’Incarnazione, formata dal Bambino Gesù vestito di rosa in braccio a Maria tutta celeste,
che ci ha ricordato la storia della Salvezza, principiata con l’Incarnazione del Verbo di Dio nel Seno Verginale di Maria, per opera dello Spirito Santo, e confermato che la Redenzione, preordinata in Dio Santissima Trinità, principia con l’Incarnazione del Verbo di Dio nell’Immacolata
In questa coppia santa, abbiamo riconosciuto infatti:
- nel Divin Bambino Gesù, il Redentore dei nostri peccati, Risorto e Asceso al Cielo, dopo aver sofferto per noi fino alla morte, sulla Croce;
- e nelI’Immacolata Sua Madre Maria, la Corredentrice, Assunta in Cielo, dopo aver consofferto con il Divin Figlio, sotto la Croce;
A questo punto, consapevoli che ci troviamo nella chiesa insieme al peccatore ricondotto da san Giuseppe, ci siamo predisposti a contemplare la visione successiva – quella offerta ad Adelaide, una settimana più tardi, il 28 maggio 1944 –
dinnanzi alla quale – così com’è stata rappresentata nella pala d’altare dipinta dalla pittrice Vitalba – proviamo un grande stupore per la complessità dei motivi che la compongono distinguendola nettamente da quella precedente.
- Con la corona d’oro sul capo, la Madonna si mostra infatti, come una grande Regina, ma non tiene più nelle mani il Bambino Gesù, bensì una figura enigmatica e perturbante: due colombi scuri e divaricati.
- Inoltre, non c’è più san Giuseppe accanto a lei, ma l’affiancano due santi apostoli ed è circondata da un coro d’angeli rosa e azzurri.
- Infine, pur conservando ancora le due rose bianche ai piedi, non veste più l’abito celeste, ma rosso; nemmeno il velo è celeste, ma verde.
Questa ricca composizione figurativa induce a pensare d’essere giunti al punto d’arrivo dei vari quadri che abbiamo fin qui esaminato, e dunque all’apice del messaggio dell’intero ciclo epifanico, oltre che del DISCORSO SAPIENZIALE iniziato con la prima apparizione del 13 maggio.
Comprendiamo così che occorre studiarla con molta attenzione,
senza dimenticare
- che il Cielo ha voluto offrire questa visione proprio il Giorno Santo, di Pentecoste, in cui nasce la Chiesa, chiamata a celebrare il Santo Sacrificio dell’Altare;
- e che la contempliamo nella chiesa dove siamo tornati col peccatore per partecipare al Santo Sacrificio dell’Altare; condizione indispensabile per poterla comprendere nel suo significato eterno.

In questo spirito prendiamo allora in esame i tre motivi principali che la compongono.
Ovvero:
- 1. la coppia di colombi neri e divaricati nello sguardo, che la Madonna, nell’aspetto di una grande Regina con la corona d’oro sul capo, tiene nelle mani;
- 2. il coro di angeli azzurri e rosa, disposti a coppie, attorno alla Madonna nell’aspetto di una grande Regina (presenti anche nelle apparizioni del tempo dell’Ascensione);
- 3. i due santi apostoli (Matteo e Giuda Taddeo), al fianco della Madonna, nell’aspetto di una grande Regina;
e affrontiamo il primo motivo,
cercando di capire perché la Madonna tiene nelle mani una coppia di colombi neri e divaricati, mostrandosi con una corona d’oro sul capo come una grande Regina.
*
I DUECOLOMBI SCURI E DIVARICATI NELLE MANI DI MARIA REGINA

Il contrasto fra il nero dei colombi e il biancore delle mani di Maria appare davvero stridente; ancor più, fra la tendenza all’incontro delle Sue mani e la divaricazione delle teste dei colombi che guardano in direzioni opposte.
Nei due colombi neri e divaricati riconosciamo una coppia divisa, due fratelli nemici, un’amicizia spezzata, due persone rivali in profondo conflitto; ovvero il simbolo di tutte le ostilità che dividono una persona dall’altra, ad iniziare dalla separazione di una madre dal bambino nascente in lei,
ma soprattutto, in loro vediamo la separazione da Dio provocata dal peccato, e dunque la nostra condizione.
Per questa ragione,
ci è sinceramente difficile:
- vedere questa figura inquietante nelle mani di Maria come immagine fissata per sempre, affinché, proprio in quella condizione Ella sia conosciuta simile a noi peccatori, pur essendo la Purissima, Tutta di Dio, Eternamente partecipe del Suo Essere Trinitario;
- ancor più pensare che anche Lei, l’Immacolata, sempre Vergine, tutta di Dio, abbia fatto esperienza della separazione da Dio;
- e infine vederci nelle Sue mani purissime.
Identificarci nella figura del cavallo-peccatore ricondotto alla Chiesa da san Giuseppe, non è stato difficile.
Come non è stato difficile vedere nei gigli calpestati la distruzione dell’innocenza provocata da una forza maligna alla quale abbiamo obbedito sradicando la nostra anima da Dio.
E per questa ragione, spontaneamente c’identifichiamo anche nella figura dei colombi oscuri e divisi negli sguardi, poiché nell’oscurità e nella divisione mostrano chiaramente le conseguenze provocate dal peccato che priva della Luce di Dio e ci separa da Lui.
Ma ritrovarci, come i colombi, in quelle mani purissime, oltretutto con tutti i peccatori di tutti i tempi, carichi di tutti i loro peccati commessi fin dal peccato originale, ci riesce proprio difficile.
Sappiamo certo che Maria è Madre della Misericordia, ma non basta per colmare l’abisso, aperto nel nostro pensiero, fra la purezza di Maria e il nostro peccato.
Per capire il grande mistero d’Amore rivelato da quest’immagine, e credere,
continuando a ricordare che siamo stati ricondotti alla Chiesa, nella Quale ci troviamo per la celebrazione del Santo Sacrificio,
occorre portarci con la mente al Calvario,
dove, una volta giunti, dobbiamo, con coraggio, accostarci a Maria immersa nel fuoco tremendo della sofferenza del Figlio che brucia ed estingue tutti i peccati del mondo. E accanto a Lei, sotto la Croce, assistere alla preghiera del Figlio che, nel dolore più atroce, perdona tutti i peccatori e riconsegna al Padre, con il Suo Spirito, lo Spirito della Madre (lo stesso per opera del Quale si è incarnato in Lei e Che L’ha unito a Lei per tutto il tempo passato sulla terra) affinché anche la Madre possa soffrire nello stesso modo, senza il minimo sollievo, per dimostrare, in unità col Figlio, contrariamente ai progenitori, l’amore incondizionato e la totale obbedienza al Padre.
Vediamo allora, che Maria, sul Golgota, ha preso il nostro stesso volto, e, deprivata dal Figlio di ogni prerogativa, muore della morte del Figlio, separata da Lui, nella più totale oscurità e umiliazione, povera oltre ogni limite, sfigurata dal dolore.
Ma ancora non basta.
Perché, attorno a Maria, sul Golgota esteso a dismisura come un immenso altare, vediamo addensarsi da ogni parte la moltitudine immensa delle anime vittime e dei martiri di tutti i tempi, in particolare dei più piccoli, investiti anche loro, come Maria, dallo stesso fuoco tremendo della sofferenza del Cristo Crocifisso che brucia ed estingue tutti i peccati del mondo.
Comprendiamo così che
proprio sull’immenso altare del Golgota, Maria ha sofferto, col Figlio, la più terribile separazione da Dio, e dal Figlio stesso, affinché ogni peccatore sia salvato e possa riconoscere in Lei la Corredentrice, Madre della Misericordia e Regina dei martiri, chiamata da sempre a compartecipare al Santo Sacrificio del Figlio, per far nascere, in un nuovo adombramento dello Spirito, la Chiesa.
*
Per questo – affinché si ricordi quanto dolore è costato il riscatto dei peccatori – la prima frase che, quel giorno di Pentecoste, la Madonna dice ad Adelaide riguarda la salvezza delle anime.
“Prega per i peccatori più ostinati che fanno soffrire il mio Cuore perché non pensano alla morte”
la supplica – con le stesse parole usate nella sesta apparizione al tempo dell’Ascensione – parlando in nome della Chiesa e per la Chiesa.
Confermando poi, che parla in nome della Chiesa, quale Madre e Regina della Chiesa, con l’esortazione a pregare per il Santo Padre, Capo della Chiesa, chiamata a raccogliere tutti i figli di Dio, redenti dal peccato, per unirli, e condurli, nella Pace, alla Comunione con Dio.
“Prega pure per il Santo Padre che passa momenti brutti. Da tutti è maltrattato e molti attentano la sua vita. Io lo proteggerò ed egli non uscirà dal Vaticano. La Pace non tarderà, ma al mio Cuore preme quella Pace mondiale nella quale tutti si amino come fratelli. Solo così il Papa avrà meno da soffrire”
dice ancora la Madonna ad Adelaide,
che, terminando il racconto dell’apparizione, nello Spirito Santo esorta i coniugi, chiamati a formare famiglie cristiane, a collocarsi nelle mani della Madonna, quale Madre e Regina della Chiesa, per ricevere dalle Sue mani la Grazia dello Spirito Santo, sempre gravido del dolore sofferto dal Figlio Redentore in unità con Lei, Sua Madre e Sposa, Corredentrice, immagine dell’unione nuziale fra Cristo e la Chiesa, modello degli sposi cristiani.
*
Nelle mani di Maria riconosciamo dunque, le stesse mani della Chiesa piene della Grazia dello Spirito Santo, sceso a Pentecoste, gravido della Redenzione di tutte le anime ottenuta dal Figlio di Dio Crocifisso, Risorto, e Asceso al Cielo, Che siede alla Destra del Padre come Re e Signore della storia e del tempo, accanto alla Sua Santa Madre e Sposa, Corredentrice e Regina.
*
IL CORO DEGLI ANGELI AZZURRI E ROSA ATTORNO A MARIA

Dopo aver capito perché la Madonna tiene nelle mani una coppia di colombi neri e divaricati, mostrandosi come una grande Regina,
affrontiamo l’esame del secondo motivo che forma il complesso figurativo della decima apparizione,
ovvero:
il coro di angeli rosa e azzurri, disposti a coppie, attorno alla Madonna nell’aspetto di una grande Regina (presenti anche nelle apparizioni del tempo dell’Ascensione).
- Il numero quattro delle coppie induce a vedere in quel coro una totalità di angeli,
- che, nei colori, rosa e azzurro, dei loro abiti, si rivelano come i testimoni del “mirabile scambio“, fra Dio e l’uomo, avvenuto con l’Annunciazione.
In loro riconosciamo ‘gli iniziati dell’Incarnazione’ (san Gregorio di Nazianzo),
ai quali la Santissima Trinità ha rivelato il Mistero del Verbo di Dio, sceso dal Cielo (colore azzurro) per assumere, per opera dello Spirito Santo, la carne umana (colore rosa) nel seno purissimo della Immacolata sempre Vergine Maria, al fine di attuare, in obbedienza al Padre Eterno, la Redenzione dell’umanità dal peccato.
Questi angeli
- sono scesi dal Cielo all’Annunciazione, per onorare Maria, come loro Regina, nel momento del suo ‘SI’’, in un profondo atto di umiltà e amore;
- li ritroviamo poi alla grotta di Betlemme, a illuminare la notte santa e annunciare la grande gioia della nascita del Salvatore ai pastori, i primi a udire il loro sublime canto di Gloria a Dio, prostrati ad adorare il Divin Bambino, e onorare ancora la Sua Santa Madre, loro Regina;
- hanno accompagnato la coppia dell’Incarnazione per tutti gli anni dell’infanzia del Signore,
- fino al Calvario, chiamati a raccogliere tutto il dolore del Redentore e della Corredentrice unita ai martiri di tutti i tempi;
- e hanno esultato alla Resurrezione del Signore, accompagnandoLo nella Sua Ascensione al Cielo, per scendere poi, A Pentecoste, con lo Spirito Santo alla celebrazione della nascita della Chiesa, attorno agli apostoli e Maria, Con la Quale sono andati ad abitare in attesa di accompagnarLa in Cielo, dal Divin Figlio, e glorificarLa nell’eterna lode incessante come loro Regina.
Gli angeli rosa e azzurri che attorniano Maria, sono dunque gli iniziati dell’Incarnazione, testimoni della storia della Salvezza,
- principiata con l’Incarnazione del Verbo di Dio nel Suo Seno Verginale di Maria,
- compiuta con la santa Passione-Morte-Risurrezione del Signore,
- e destinata a continuare nella storia per mezzo della Chiesa (come sacramento di Salvezza) della Quale Maria, Assunta in Cielo nel cuore della Santissima Trinità (come rivelano i i tre colori simbolo delle virtù teologali di cui è ammantata) è Madre e Regina.
Nelle mani purissime di Maria, attorniata dal coro angelico, che tengono due colombi neri e divaricati, possiamo allora contemplare il Luogo Santo della Comunione d’amore che si celebra eternamente in Cielo, realizzata, sull’immenso altare del Golgota, dal Figlio, con il Suo Santo Sacrificio, al Quale ha partecipato la Sua Santa Madre, separata da Lui in un indicibile martirio.
*
I DUE APOSTOLI AL FIANCO DI MARIA

Ed eccoci infine al terzo motivo che forma il complesso figurativo della decima apparizione, nella figura dei due santi apostoli Matteo e Giuda Taddeo che affiancano la Madonna nell’aspetto di una grande Regina.
Vedendoli disposti su una stessa linea orizzontale, intuiamo subito in loro una continuità di significato.
Che riusciamo senza difficoltà a scoprire ricordando semplicemente la posizione occupata da ciascuno dei due apostoli nella Bibbia:
il primo, Matteo, collocato all’inizio del Nuovo Testamento quale cerniera con i libri dell’Antica Alleanza, l’altro, Giuda Taddeo, alla soglia del libro dell’Apocalisse.
In questa luce
- i due apostoli ci appaiono con estrema chiarezza, come due porte della Parola di Dio;
- e di conseguenza, Maria, in mezzo a loro, come il Luogo Santo della pienezza, dell’integrità e dell’unità della stessa Parola espressa nel Vangelo, e perciò come il centro della storia della Salvezza, perché Ella ha concepito nel Suo seno il Verbo di Dio (Incarnazione).
in Maria, che stringe nelle mani due colombi, attorniata dal coro angelico e affiancata da due santi apostoli, riconosciamo perciò, l’unità della Parola, che dalla Genesi all’Apocalisse, canta ininterrottamente l’amore del Creatore per la Sua creatura, come amore di coppia, amore fra due amanti, due fidanzati, due sposi.
Conclusione che tuttavia, i due colombi neri e divaricati negli sguardi, quale segno di contraddizione, sembrano negare.
Ma proprio questo segno di contraddizione ci aiuta a scoprire la relazione eterna che intercorre fra Maria che tiene due colombi scuri e divaricati e i due apostoli, rappresentanti dell’intero collegio apostolico.
Per afferrare il significato ultimo di questa relazione,
- dopo aver ricordato che i due colombi neri nelle mani di Maria, raffigurano l’atroce martirio sofferto, sull’immenso altare del Golgota, da Maria Corredentrice, nella separazione dal Figlio orribilmente Crocifisso, Che restituisce al Padre, col proprio Spirito, lo Spirito della Madre
- occorre vedere che, insieme allo Spirito della Madre, Gesù restituisce al Padre il ministero sacerdotale custodito in Lei, fino a quel momento, in nome della Chiesa, dall’Incarnazione, affinché sia donato agli apostoli con la discesa dello Spirito Santo, nel giorno di Pentecoste, in cui nasce la Chiesa.
La relazione che lega Maria agli apostoli al Suo fianco, si comprende dunque così:
- sotto la Croce Maria, Madre del Verbo, obbedendo al Figlio, nella separazione da Dio e dal Figlio si separa dal ministero sacerdotale (che tuttavia continuerà ad abitare in Lei ecclesialmente, senza poterlo trasmettere),
- perché, dal Divin Figlio, Asceso al Cielo, sia affidato all’Unica Sua Chiesa, così che l’apostolo possa esercitarlo in Lui, Unigenito Verbo di Dio, Sommo Sacerdote, AFFINCHE’ TUTTI SIANO UNA SOLA COSA CON LUI E IN LUI.
Da ultimo occorre aggiungere che il colore degli abiti dei due apostoli (indicati da Adelaide grazie alla sorella Vittoria) rivelano le disposizioni necessarie all’apostolo chiamato a esercitare questo stesso ministero:
- il colore viola dell’abito raffigura la totale offerta di sé, nella penitenza e nel sacrificio, come vittima;
- e il colore marrone del mantello l’annientamento di sé, in totale semplicità e umiltà di cuore.
*
Il complesso figurativo della decima apparizione (nella pala d’altare dipinta dalla pittrice Vitalba) appare come una porta santa aperta per i figli redenti della Famiglia di Dio, affinché, nell’Unica Chiesa di Dio, partecipando al Santo Sacrificio dell’altare e uniti all’eterna Liturgia Celeste, con gli angeli, i santi, e i martiri, possano elevare l’inno di gloria a Maria Corredentrice, Madre e Regina della Chiesa.
*
NELLA UNDICESIMA APPARIZIONE LA MADONNA SI MOSTRA COME LIBERATRICE E AFFIDA AD ADELAIDE LA MISSIONE PER LA SALVEZZA DEI PECCATORI.

Prima di addentrarci nella presente riflessione occorre ricordare due capisaldi fondamentali per la comprensione del ciclo epifanico di Ghiaie.
Ovvero:
– la stretta relazione fra lo stesso ciclo epifanico di Ghiaie e il tempo di Pasqua, di cui segue il tempo liturgico, in perfetta sintonia con le solennità dell’Ascensione e della Pentecoste;
– la continuità di senso delle 13 apparizioni, legate da un chiaro nesso narrativo, a rammentare, una dopo l’altra, l’Opera della Redenzione – attuata dal Verbo di Dio fatto uomo, per mezzo dello Spirito Santo, nel seno della Vergine Maria – alla Quale la stessa Santa Vergine, Corredentrice, chiama tutti i Suoi figli, per condurLa a compimento.
Questi due capisaldi infatti, rappresentano il presupposto necessario per comprendere la MISSIONE consegnata dalla Santa Vergine ad Adelaide, e, attraverso Lei, a tutti i figli redenti della Famiglia di Dio, con le apparizioni di Ghiaie.
Cerchiamo allora di enucleare i caratteri essenziali di questa MISSIONE.
1. Adelaide prescelta da Dio per la Missione della Chiesa degli ultimi tempi.
La Missione affidata ad Adelaide si trova chiaramente espressa a conclusione della pagina del diario dedicata all’undicesima apparizione, del 29 maggio;
all’inizio della quale la Madonna si presenta (come nella precedente, del 28 maggio) in un aspetto statico, che, alla fine della stessa apparizione, abbandona, imprimendo un improvviso dinamismo con la liberazione dei colombi e il bacio mandato ad Adelaide.
Così scrive Adelaide a conclusione della pagina:
«Mentre la Madonna portava la mano alla bocca per mandarmi un bacio con indice e pollice uniti, le due colombine le svolazzavano d’intorno e accompagnarono la Madonna mentre si allontanava adagio adagio»
Nelle due azioni evidenziate in questo breve racconto (la liberazione dei colombi e il bacio ad Adelaide) possiamo individuare due significati connessi fra loro.
Ovvero:
– nella liberazione dei colombi neri e divaricati, la Missione della Santa Vergine (Che dona la Grazia della liberazione dal peccato in virtù dei meriti del Divin Figlio Unico Mediatore di tutti dinnanzi al Padre conseguiti con la Crocifissione, alla Quale Lei, Sua Madre Immacolata, ha partecipato, come Corredentrice, in obbedienza al Figlio stesso);
– nel bacio mandato ad Adelaide, l’affidamento ad Adelaide, da parte della Santa Vergine, della Sua stessa Missione, tramite il dono dello Spirito Santo (affinché, in Comunione con Lei, Adelaide partecipi all’Opera di Corredentrice e Mediatrice della Grazia).
Più precisamente, in quest’ultima azione, riconosciamo
– l’investitura conferita alla piccola Adelaide, da parte dello Spirito Santo – tramite il dono del respiro di Maria, Madre del Verbo e Sua Sposa – della MISSIONE, affidata a Lei, nel giorno di Pentecoste, per la Chiesa degli “ultimi tempi”.
Diversi e molteplici sono gli atti mediante i quali la Santa Vergine, nelle diverse apparizioni, conferma ad Adelaide questa Investitura, riconoscibili:
– in primis
nell’ingiunzione a farsi suora Sacramentina, per divenire Sua stessa Immagine come Madre del Verbo, e sposa del Crocifisso, chiamata ad adorare Gesù Eucarestia e offrire la vita come anima vittima per la salvezza delle anime;
– e poi
nella reiterata esortazione alla preghiera in favore dei peccatori, e del Santo Padre capo della Chiesa, chiamata a operare per la salvezza delle anime e la Comunione dell’umanità con Dio in una sola Famiglia;
nelle continue esortazioni alla riparazione e alla penitenza in favore del dolore innocente;
negli ammaestramenti e inviti a meditare le Sue parole;
nell’elezione di Adelaide a figlia prediletta, prescelta da Dio, con la dichiarazione “Cara bambina tu sei tutta mia”;
nel sigillo di totale eterna appartenenza alla santa Vergine e al Suo Divin Figlio impresso col bacio lasciato dalla Santa Vergine sulla fronte di Adelaide, nell’ultima apparizione, come conferma ultima della partecipazione di Adelaide alla Sua stessa Missione.
Estremamente importante a tal proposito risuona l’appello accorato e tanto doloroso che la santa Vergine rivolge ad Adelaide, nell’undicesima apparizione, prima di liberare i colombi e mandarle il bacio.
«Prega molto per coloro che hanno l’anima ammalata» le ordina, riassumendo in questo comando la finalità della Missione, che comporta di tener sempre viva nella mente la terribile sofferenza del Divin Figlio Redentore. Per questo, chiamandola ad ammonire i peccatori che non ricordano a quale prezzo sono stati salvati, le dice:
«Il Figlio mio Gesù è morto sulla Croce per salvarli!»; aggiungendo: «Molti non capiscono queste mie parole e per questo io soffro!» affinché, mediante la compassione del Suo dolore di Madre del Crocifisso, i peccatori seguano i Suoi ammonimenti, prima di tutto l’invito a santificare la sofferenza. «Spero che tutti quelli che conosceranno la mia parola faranno ogni sforzo per meritarsi il Paradiso. Quelli che soffriranno senza lamento otterranno da me e dal Figlio mio qualunque cosa chiederanno» le dice ancora, assegnando ad Adelaide il compito di messaggera e testimone dell’unica via di salvezza tracciata dal Suo Divin Figlio Crocifisso, alla Cui sofferenza infinita, ogni uomo deve unire la propria, partecipando così alla stessa Missione salvifica della Chiesa, della Quale Ella è Madre.
In estrema sintesi possiamo dire, che
la Madonna conferisce la propria MISSIONE ad Adelaide chiamandola alla vocazione religiosa come suora Sacramentina, per condurla al Calvario, perché vi porti i peccatori, e a loro insegni a offrire a Dio, attraverso Lei, Sua Santa Madre, in un atto di ADORAZIONE CONTINUA, tutti i patimenti per la riparazione del peccato;

a conferma dell’esordio della stessa vocazione, vissuta nel bosco sopra il villaggio, dove Adelaide ha partecipato alle Messe di Candido insieme ai bimbi martiri mandati dal Cielo, e dove il Fanciullo Gesù l’ha accompagnata alla via Crucis lungo gli alberi del bosco promettendole alla fine di farle conoscere la Sua Mamma;
Che le apparirà il 13 maggio, col Bambino Gesù e san Giuseppe, perché, com’era stabilito nel disegno di Dio, fosse Lei, Madre del Verbo, a conferire ad Adelaide:
– la MISSIONE di condurre le anime alla Comunione con Dio in una sola Famiglia,
– assegnandole il TITOLO di “piccola martire”, come la chiamerà nell’ultima apparizione, affinché, grazie alla sua inesausta testimonianza di Fede e di Amore, con questo TITOLO la Chiesa dovrà riconoscerla, riconoscendo anche la Missione a lei conferita dallo Spirito Santo per il TRIONFO DELLA SANTA VERGINE nella battaglia definitiva contro il peccato.
2. La chiamata dei figli di Dio alla Missione della Chiesa degli ultimi tempi.
Offrendo ad Adelaide lo Spirito Santo con il bacio, la Madonna estende la Missione, attraverso Adelaide, a tutti i figli redenti della famiglia dei figli di Dio, invitati:
– a identificare nella piccola eletta della Santa Vergine, il riferimento e il modello della Missione stessa affidata alla Chiesa degli ultimi tempi,
– e a seguirla al Calvario, affinché, immersi con lei, e con la Santa Vergine, nel fuoco tremendo della sofferenza del Divin Figlio, possano ricevere, come Adelaide, dal Divin Figlio, la Grazia di offrire la vita per la salvezza delle anime.
Come Adelaide e con Adelaide, suora Sacramentina, questi “missionari” sono chiamati a vivere sulla terra, in un’ADORAZIONE CONTINUA, come ai piedi di un immenso ALTARE consacrato dal Purissimo sangue di Cristo sceso dalla Croce, insieme alla moltitudine immensa delle anime vittime e dei martiri di tutti i tempi, in particolare dei più piccoli, investiti anche loro, per volere di Dio, dallo stesso fuoco tremendo della sofferenza del Cristo Crocifisso che brucia ed estingue tutti i peccati del mondo.
Testimoni della Fede e dell’Amore di Dio, totalmente consacrati a Maria, questi “missionari” li possiamo vedere, trasfigurati, nel coro di angeli rosa e azzurri attorno alla Regina del Cielo e della terra, ammessi, già sulla terra, come angeli e con gli angeli, all’eterna Liturgia Celeste, nella perenne memoria viva, in Lei e con Lei, del Santo Sacrificio del Suo Divin Figlio (come appaiono nel complesso pittorico della pala d’altare dipinta dalla pittrice Vitalba).
3. Il Ministero affidato agli apostoli della Chiesa degli ultimi tempi
A compimento di questa riflessione, occorre ricordare che, raccontando alle suore Sacramentine il bacio ricevuto dalla Madonna, Adelaide dirà di aver visto la Madonna unire l’indice e il pollice “come fa il sacerdote quando tiene l’Ostia consacrata prima di offrirLa ai credenti per unirli a Gesù”.
Dettaglio molto importante, in base al quale possiamo constatare che, ad Adelaide, la Madonna dona il Suo Spirito come una Comunione Eucaristica, ma non le offre l’Eucarestia, poiché non possiede più il MINISTERO sacerdotale, affidato, dopo il compimento della Redenzione, agli apostoli.
E dunque rilevare la distinzione fra:
– la MISSIONE affidata dallo Spirito Santo, attraverso la Santa Vergine, ad Adelaide e ai figli redenti della Famiglia di Dio per la Chiesa degli ultimi tempi,-
e il MINISTERO affidato dallo Spirito Santo esclusivamente agli apostoli della Chiesa degli ultimi tempi;
Come abbiamo rilevato nella precedente riflessione, i due apostoli san Matteo e san Giuda Taddeo apparsi nella decima apparizione al fianco della Vergine Santa, quali rappresentanti dell’intero collegio apostolico, riconoscono, in Lei:
– non solo la loro Regina, Corredentrice, Portatrice della MISSIONE (a Lei affidata per il compimento della Redenzione attuata dal Figlio col Santo sacrificio della Croce);
– ma anche e, ancor prima, la Portatrice del MINISTERO Eterno del Figlio (da Lei custodito fin dall’Incarnazione, perché fosse affidato a loro, apostoli della Chiesa, generata dal Sacrificio del Divin Figlio Redentore, Modello supremo, inalterabile, eternamente vivo nella Santissima Trinità, in cui l’umanità e la divinità sono eternamente unite).
*
Verità grazie alla quale possiamo comprendere più in profondità il significato della coppia di colombi bianchi annunciatori di tutte le apparizioni del ciclo epifanico di Ghiaie.
Questa DIADE rappresenta con evidenza, nel perfetto candore e nel volo armonico, quale figura sponsale,
il Modello d’Amore Eterno fra l’uomo e Dio com’era al Principio, nel pensiero di Dio, realizzato, nella storia, dopo il peccato originale, con l’Incarnazione del Verbo di Dio, per opera dello Spirito Santo, nel Seno della Sempre Vergine Maria, al Quale ogni uomo, che nasce diviso nel peccato, come simboleggiano i colombi neri nelle mani della Madonna, deve tendere, per vivere, liberato dal peccato, in Comunione con Dio.
Per questo in essa si può riconoscere:
il fine e l’esito
della MISSIONE affidata ad Adelaide per i figli redenti della Famiglia di Dio, posti sotto la protezione di Maria Corredentrice e Mediatrice di Grazia, e del MINISTERO affidato agli apostoli, posti sotto la protezione di san Giuseppe figura di Gesù, Sommo Pastore e Sommo Sacerdote.
*
NELLA DODICESIMA APPARIZIONE LA MADONNA SI MOSTRA COME LA PRIMA EVA – PRIMA CREATURASCELTA FIN DAL PRINCIPIO DALLA SANTISSIMA TRINITA’ NEL DISEGNO DELLA REDENZIONE.
Prima di affrontare la riflessione sulle due ultime apparizioni del 30 maggio e del 31 maggio, occorre nuovamente rammentare che:
le 13 apparizioni da cui è composto il ciclo epifanico di Ghiaie, sono mirabilmente correlate fra loro in un compiuto discorso sapienziale, suddiviso in due parti organiche corrispondenti a due grandi solennità della Pasqua: L’ASCENSIONE E LA PENTECOSTE.
- Nella prima parte,
di 9 apparizioni, che avvengono nel tempo dell’ASCENSIONE, si ricorda
LA REDENZIONE, attuata da nostro Signore Gesù Cristo con l’INCARNAZIONE nel Seno della Vergine Maria, la Sua Santa Morte in Croce e l’Ascensione al Cielo.
- Nella seconda parte,
di 4 apparizioni, che avvengono nel tempo di PENTECOSTE, si ricorda
la nascita della Chiesa, chiamata alla Missione di rivelare, attualizzare e “completare” LA REDENZIONE.
(con Cristo Risorto Che agisce nello Spirito Santo – fino a quando Cristo stesso ritornerà per stabilire il suo Regno definitivo e “tutte le cose brilleranno nello splendore dell’Eterno”).
*
Riferimento liturgico e teologico, quest’ultimo, da tener ben presente nell’affrontare l’esame dell’apparizione del 30 maggio (terza della seconda parte del ciclo epifanico) che ci accingiamo a svolgere,
per comprendere la quale occorre, dapprima, rammentare il significato delle due precedenti apparizioni (le prime due della seconda parte del ciclo epifanico),
che possiamo sintetizzare nei seguenti due punti.
- Nell’apparizione di Pentecoste del 28 maggio,
mostrandosi coi due colombi neri nelle mani, la Madonna ricorda la Missione conferita dallo Spirito Santo, attraverso Lei, alla Chiesa, di rivelare, attualizzare e “completare” LA REDENZIONE
attuata compiutamente dal Divin Figlio con il Santo Sacrificio della Croce, e alla Quale Lei partecipato, come Corredentrice, in obbedienza al Figlio stesso, nella totale separazione da Dio, fino alla spogliazione di tutti i suoi privilegi.
- Nella successiva apparizione del 29 maggio,
svincolando i colombi neri dalle sue mani, la Madonna si mostra come Liberatrice delle anime schiave del peccato, in virtù dei meriti del Divin Figlio Redentore,
e rende partecipe Adelaide – tramite il dono dello Spirito Santo effuso col bacio Eucaristico – della Sua stessa Missione salvifica – Che abbiamo indicato come MISSIONE D’ALTARE.
E dunque,
dopo aver compreso che
- proprio il 28 maggio, giorno di Pentecoste,
la Madonna ha ricordato la Missione conferita dallo Spirito Santo, attraverso Lei, alla Chiesa, di rivelare, attualizzare e “completare” LA REDENZIONE
- e il 29 maggio, giorno successivo a Pentecoste
ha reso partecipe Adelaide della Sua stessa Missione Salvifica ricevuta nello stesso giorno di Pentecoste – Che abbiamo indicato come MISSIONE D’ALTARE,
procediamo all’esame della successiva apparizione del 30 maggio, cercando di scoprire la correlazione fra questa apparizione e le prime due, così da unirle in un discorso compiuto.
*
Leggiamo allora cosa racconta Adelaide nel suo diario.
«In questa apparizione la Madonna mi apparve vestita di rosa col velo bianco; non aveva gli oscuri colombi fra le mani, ed attorno a lei vi erano solo gli angioletti».
La piccola eletta di Maria ricorda dunque, che il 30 maggio la Madonna si è mostrata:
- con l’abito rosa, il velo bianco,
- senza i colombi scuri nelle mani,
- ma ancora circondata dal coro di angioletti rosa e azzurri.
E ci domandiamo:
- cosa indicano l’abito rosa e il velo bianco con cui si veste Maria proprio quel giorno, il secondo dopo Pentecoste?
- Perché non ha più i colombi nelle mani?
- E perché invece rimangono gli angeli rosa e azzurri attorno a Lei?
Rispondiamo così:
- il vestito rosa (simbolo della carne di cui è fatta Maria come creatura) e il velo bianco (simbolo della purezza di cui è rivestita Maria come Sposa Immacolata del Verbo di Dio) raffigurano Maria come la creatura pensata fin dal Principio nel disegno Trinitario della REDENZIONE, per essere Madre Sposa sempre Vergine del Figlio, il Quale sceglie, in obbedienza al Padre e in unità con lo Spirito, d‘INCARNARSI e farsi uomo in Lei, per salvare l’umanità schiava del peccato con la morte in Croce;
- i colombi non ci sono più nelle Sue mani perché la REDENZIONE è compiuta, e il peccato e la morte sono vinti per sempre dalla Morte in Croce del Figlio di Dio;
- il coro di angioletti rosa azzurri attorno a Maria raffigurano, da parte loro, il compimento della REDENZIONE eternamente pensata da Dio Santissima Trinità fin dal Principio, e affidata, a Pentecoste, attraverso Maria, alla Chiesa per condurre l’umanità redenta dal Figlio, in unità con Lui Divin Redentore, nella Luce del Regno, a formare, alla fine dei tempi, una sola Famiglia.
In estrema sintesi possiamo dire che:
apparendo col vestito rosa e il velo bianco,
la Madonna si disvela come:
la PRIMA CREATURA scelta fin dal Principio da Dio Santissima Trinità nel disegno della REDENZIONE
e dunque come LA PRIMA EVA – per essere Madre Sposa del Figlio, e per questo, preredenta, in virtù dei meriti del Figlio acquisiti col Sacrificio della Croce,
accanto alla Quale (Croce) la santa Vergine è posta fin dal Principio,
ovvero:
fin dal momento stesso in cui la Croce è presentata dal Padre e dallo Spirito Santo al Figlio come mezzo efficace di REDENZIONE del mondo; e il Figlio decide di salvare il mondo, con la Sua Passione e Morte in Croce, affinché il Padre possa riconoscere in Lui tutti i peccatori e per loro ne paghi le colpe.
Momento eterno nel quale,
alla presenza della Santa Vergine, attorniata dal coro di angioletti rosa e azzurri, possiamo contemplare, anche, l’elezione di Adelaide, come riflesso dell’elezione stessa di Maria da parte di Dio Santissima Trinità, e considerare perciò l’elezione di Adelaide nel Disegno Redentivo della Santissima Trinità.
Verità che viene rivelata dalla stessa Santa Vergine, nell’apparizione del 30 maggio, rivolgendo ad Adelaide, per bocca della Divina Sapienza, la seguente affermazione:
«Cara bambina tu sei tutta mia».
grazie alla quale possiamo comprendere che Adelaide
- è stata scelta, fin dal Principio, da Dio santissima Trinità in vista dell’INCARNAZIONE del Figlio nel Seno della Immacolata Sempre Vergine Maria,
- e, a tal fine, chiamata, fin dal Principio, alla vocazione religiosa, per essere investita della Sacra Missione di diventare immagine fedele della Santa Vergine Madre Sposa del Verbo di Dio, e così salire con Lei al Calvario per partecipare con Lei all’Opera della REDENZIONE.
E’ come se la santa Vergine le avesse detto:
Cara Adelaide, tu mi appartieni da quando il Figlio di Dio, ha deciso – in obbedienza al Padre e in unità con lo Spirito Santo – di redimere il mondo, e ha scelto – per volontà del Padre e in unità con lo Spirito Santo – d’incarnarsi nel Mio Seno. In quel momento il Mio Divin Figlio e Signore ha anche deciso di donarti a Me, affinché tu diventassi, con Me e come Me, una sola cosa con Lui, rimanendo sempre unita a Me.
*
Giunti a questo punto della riflessione, non dovrebbe essere difficile capire la frase con la quale la Santa Vergine prepara il congedo da Adelaide, dicendole:
«Pur essendo cara al mio cuore, domani ti lascerò in questa valle di pianto e di dolore. Mi rivedrai nell’ora della tua morte, e, avvolta nel mio manto ti porterò in Cielo. Con te prenderò quelli che ti comprendono e soffrono».
Anticipandole il commiato, la Santa Vergine conferma la terribile sofferenza che le ha preannunciato nella seconda apparizione, dopo averle ingiunto di farsi suora Sacramentina, rivelandole il compito a lei assegnato fin dal Principio da Dio Santissima Trinità:
- offrirsi come Ostia Santa per la salvezza delle anime, nella incessante ADORAZIONE D’ALTARE EUCARISTICA, lungo un’inesausta Via della Croce, fino alla morte.
Nella Quale si consumerà tutta la sua vita.
Avanzando nel mondo deformato dal peccato in una valle di pianto e di dolore, Adelaide rifulgerà della perfetta innocenza e purezza, come una creatura del Paradiso, ma nessuno vedrà in lei la Luce del Cuore Immacolato di Maria.
Nemmeno la Chiesa, Che inizierà a martirizzarla, dimentica d’esser stata concepita fin dal Principio, con Maria, per essere Sposa del Cristo Crocifisso, il Verbo di Dio, nostro Redentore, Che, per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel Seno della Sempre Vergine Maria, si è fatto uomo, e per la nostra salvezza è morto sulla Croce.
Per questo, non potrà riconoscersi, in volo con lo Sposo Divino, nella coppia dei colombi bianchi che guidano lo sguardo della piccola Adelaide alla Luce accesa nel cielo a Oriente, che avvicinandosi si aprirà dinnanzi ai suoi occhi mostrandole la coppia dell’Incarnazione Gesù Maria.
Adelaide percorrerà così, l’esistenza come una pietra d’inciampo:
discrimine, e promessa del Cielo per quelli che la comprendono e soffrono, come le ha detto la Santa Vergine.
PRECEDENTI RIFLESSIONI SULLA STESSA APPARIZIONE e SULLO STESSO TEMA
Vestita di rosa, col velo bianco, Maria, la Nuova Eva, concepita immacolata e predestinata ad essere Madre di Dio e della Chiesa.
“Tutta di Maria”, perché tutti siano, con Maria, una sola cosa in Cristo.
*
NELLA TREDICESIMA APPARIZIONE LA MADONNA RIVELA CHE LE APPARIZIONI DI GHIAIE SONO IL PRELUDIO DEL SUO TRIONFO.
«La Madonna in questo giorno vestiva come nella prima apparizione».
Così scrive Adelaide aprendo la pagina del diario dedicata all’ultima apparizione,
con la chiara intenzione di mostrare che l’ultima apparizione debba essere considerata come la prima di un nuovo ciclo, ripercorrendo il quale è possibile ritrovare ed estendere le verità rinvenute con le riflessioni acquisite nel primo ciclo, e scoprire che l’evento epifanico di Ghiaie è davvero un evento soprannaturale possedendo il carattere di “un sempre più”, proprio come lo è un autentico Discorso della Divina Sapienza.
A tal fine, e a conferma di quanto rilevato sopra, occorre evidenziare che, oltre all’analogia indicata da Adelaide, fra le due apparizioni si riscontra una palese differenza:
nell’ultima apparizione infatti, la Madonna si mostra da sola (come del resto, in tutte le ultime quattro apparizioni che avvengono nel Tempo di Pentecoste, a segnare, appunto, una progressione dello stesso Discorso Sapienziale).
Pur vestendo come il 13 maggio (velo azzurro e abito bianco) non porta il Bambino Gesù in braccio, e Giuseppe non è al suo fianco.
Differenza di non poco conto.
Per comprendere la quale occorre leggere attentamente il lungo Discorso che la Madonna rivolge ad Adelaide, e mettere in risalto la seguente frase, che contiene una grande promessa:
Qualunque cosa mi si chiederà lo intercederò presso mio Figlio.
Sconcerta soprattutto notare, rileggendo per intero il periodo cui è connessa la frase, che questa grande promessa viene elargita dalla Madonna senza condizioni, eccetto una, molto semplice, ma importantissima.
Dice la Madonna ad Adelaide:
«desidero presto il mio trionfo. Prega per il Papa e digli che faccia presto, perché voglio essere premurosa per tutti in questo luogo. Qualunque cosa mi si chiederà lo intercederò presso mio Figlio».
Come non stupirci nel constatare che la Madonna vincoli il Suo TRIONFO alla decisione del Papa, invitato a fare presto (avverbio ripetuto ben due volte!).
E’ come se la Madonna dicesse:
Il Papa riconosca presto le mie apparizioni a Ghiaie e sancisca presto il mio trionfo.
Inevitabile a questo punto chiederci:
perché tanta importanza attribuita dalla Madonna al Papa da cui fa dipendere il Suo trionfo?
Per rispondere occorre rileggere la frase che abbiamo messo in rilievo,
- «Qualunque cosa mi si chiederà lo intercederò presso mio Figlio» (31 maggio)
e confrontarla con una frase analoga detta dalla Madonna due giorni prima.
- «Quelli che soffriranno senza lamento otterranno da me e dal Figlio mio qualunque cosa chiederanno» (29 maggio).
La differenza è assai evidente:
- mentre nella prima frase, per ottenere qualunque cosa, la Madonna non pone condizioni se non la parola del Papa;
- nella seconda frase, la condizione per ottenere qualunque cosa è molto severa, ovvero santificare la sofferenza e soffrire senza lamento.
Per questo ci si chiede:
come può la parola del Papa valere come e più di tutte le sofferenze santificate e accettate in silenzio?
La risposta giunge immediata.
Ed è la seguente:
la parola del Papa vale più di tutte le sofferenze patite dagli uomini perché, essendo “il dolce Cristo in terra”, la sua parola è la Parola stessa di Cristo, colma della tremenda sofferenza del Calvario, che brucia ed estingue tutti i peccati del mondo e ottiene per tutti la Grazia del perdono e della guarigione.
La differenza sostanziale evidenziata nelle due frasi ci permette allora di comprendere che la Madonna si rivolge a due entità diverse:
da un lato alla Chiesa gerarchica e dall’altro all’umanità.
Più precisamente:
- da un lato alla Chiesa gerarchica, identificata con il Papa, nata dall’infinita sofferenza del Calvario patita dal Divin Figlio Redentore – alla quale Lei, Corredentrice, ha partecipato per volontà del Figlio stesso –ricevendo, in dono, l’incommensurabile Tesoro del Corpo e del Sangue Purissimo di Cristo Redentore; nato da Lei nell’Incarnazione;
- dall’altro all’umanità redenta dal Suo Divin Figlio col Santo Sacrificio della Croce, al quale Sacrificio è chiamata a partecipare, con Lei, per offrire a Lui, le sofferenze, fino al Suo ritorno nella Gloria, alla fine dei Tempi.
Distinzione assai netta e chiara in relazione alla quale possiamo dire, più semplicemente, che
la Madonna si pone come Mediatrice di Grazie,
- da un lato fra Cristo e la Chiesa
- dall’altro fra Cristo e l’umanità.
ponendo il primo rapporto, quello fra Cristo e la Chiesa, come preminente e determinante per sancire il Suo TRIONFO, rispetto al secondo, quello fra Cristo e l’umanità.
*
Purtroppo, come sappiamo, l’appello urgente della Madre di Dio non è stato ascoltato, con la conseguenza che la Chiesa e l’umanità, sempre più lontane da Cristo, sono preda di un mondo dominato dal peccato.
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Questo rifiuto tuttavia non deve essere motivo di scoraggiamento, perché il TRIONFO della Santa Vergine, è certissimo, come il vincolo eterno di Maria coi Suoi figli (la Sua stirpe) chiamati a vivere, con Lei, sulla terra, in un’ADORAZIONE CONTINUA, come ai piedi di un immenso ALTARE consacrato dal Purissimo sangue di Cristo sceso dalla Croce, insieme alla moltitudine immensa delle anime vittime e dei martiri di tutti i tempi, fino alla fine dei tempi, nella battaglia definitiva contro il peccato, allorquando la Chiesa, come una Sposa, sarà una sola cosa con Cristo, come Maria, segnando il Suo TRIONFO.
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Non era difficile, per i Ministri Sacri – chiamati alla custodia di un immenso tesoro di scienza e sapienza – riconoscere nella coppia dei colombi bianchi che aprono tutte le apparizioni – e guidano lo sguardo della piccola Adelaide alla Luce accesa nel cielo a Oriente spalancando poi dinnanzi ai suoi occhi la coppia dell’Incarnazione Gesù Maria – il simbolo delle nozze eterne fra Cristo e la Chiesa.
Come non era difficile capire che il Figlio, Cui la Madonna (apparsa col velo azzurro e l’abito bianco per ricordare l’Incarnazione) promette di intercedere come Mediatrice fra Cristo e la Chiesa, è lo stesso Verbo di Dio fatto uomo in Lei, Suo Sposo, Che morendo sulla Croce ha vinto il peccato e la morte, generando la Chiesa.
Ma così doveva essere, secondo il disegno della Divina Provvidenza, ben noto alla Santa Vergine.
Per questo, ricordando l’Ora del Calvario, che è l’Ora della Misericordia (con le parole: ma la mia ora è passata), la santa Vergine ha prefigurato l’inesausta sofferenza di Adelaide, destinata a salire fino all’ora della morte, la stessa Via Dolorosa percorsa dal Figlio, lungo la Quale cammineranno i Suoi figli redenti, fino al Suo Ritorno e alla VITTORIA DI CRISTO SULLA CITTA’ DEL PECCATO.
In tutti i modi si è cercato di negarle, alterarle, sminuirle, ma ormai
LE APPARIZIONI DI GHIAIE EMERGONO SEMPRE PIU’ CHIARAMENTE COME IL PRELUDIO DEL TRIONFO DI MARIA.
SANCITO IL GIORNO SUCCESSIVO ALL’ASCENSIONE, DALLA STESSA VERGINE SANTA APPARSA A GHIAIE, CON QUESTE PAROLE:
«MOLTI SI CONVERTIRANNO, ED IO SARO RICONOSCIUTA DALLA CHIESA»
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Le apparizioni sono descritte nel diario di Adelaide qui riportato in originale