Note per lo studio della poesia SACERDOS
Affronteremo lo studio della poesia in relazione a quattro momenti della celebrazione Eucaristica che corrispondono alle quattro strofe della stessa poesia:
CONSACRAZIONE: Alato sorge un canto, / Di gioventù divina. / Virtude arcana adombran, / Entro tue mani sante, / Mistico altar di Cristo.
ELEVAZIONE: Novella Aurora dalle palme innalzi, / Nel misticismo dell’arcan silenzio, / Che ti circonda nel mistero sacro, / Con un immenso palpitar divino.
SACRIFICIO: Nella divina ebbrezza, / Del sacrificio eterno, / D’un giovin cor nell’estasi, / Godi immortal visione, / Di redentor con Cristo.
MEMORIALE: Tu canti l’inno dell’amor supremo, / Dolce ricordo d’un’offerta monda, /Virgineo brivido di voce arcana, / Palpito e incanto che sublima il core.

PRIMA STROFA
Alato sorge un canto, / Di gioventù divina. / Virtude arcana adombran, / Entro tue mani sante, / Mistico altar di Cristo.
- Primo e secondo verso della prima strofa: Alato sorge un canto, / Di gioventù divina.
Questi due versi indicano che il santo Sacrificio Eucaristico (tema centrale della poesia) è introdotto, alla CONSACRAZIONE, da un canto angelico (alato) intonato da anime ricolme in Dio di fortezza e purezza (gioventù divina) come in Apocalisse 14, 1-5.
1 Ed ecco che io vidi l’Agnello, che stava sul monte di Sion, e con esso cento quarantaquattro mila persone, le quali avevano scritto sulle loro fronti il nome di lui, e il nome del Padre di lui. 2 E udii una voce dal cielo, come romore di molte acque, e come romore di gran tuono: e la voce, che udii, quasi di citaristi, che suonavano le loro cetere. 3 E cantavano come un nuovo cantico dinanzi al trono, e dinanzi ai quattro animali, e seniori; e nissuno poteva impararequel cantico, se non que’ cento quarantaquattro mila, i quali furono comperati di sopra la terra. 4 Questi son quelli, che non si sono macchiati con donne: perché sono vergini. Questi seguon l’Agnello, dovunque vada. Questi furon comperati di tra gli uomini primizie a Dio, e all’Agnello, 5 Nè si è trovata menzogna nella lor bocca: imperocché sono scevri di macchia dinanzi al trono di Dio.
Nel primo verso della poesia, Candido rivela dunque, che alla CONSACRAZIONE, i martiri e i vergini elevano all’altare lo stesso cantico che cantano dinanzi al trono di Dio, e che intonerà con loro il sacerdote al quale Dio concede, fin dal Principio, questa Grazia. Lo scrive Candido, alla vigilia dei santi esercizi della professione dei voti solenni, nelle pagine del quaderno del Seminario. Ricordando la frase di san Paolo Deus elegit me ante mundi costitutionem, in quelle pagine, il 6 luglio 1951, Candido afferma:
Da tutta l’Eternità Dio mi contemplò gioiosamente nella sua mente infinita e mi ha chiamato a dissetarmi più largamente alle fonti delle sue grazie, mi predestinò ad essere un sole più splendente di gloria in Cielo, ove avessi l’ineffabile privilegio di ripetere un cantico, che non sarebbe concesso ad altre infinite anime di far risuonare sulle loro labbra glorificate.(pg. 126).
E così scrive alla mamma (pg. 216):
Tu non lo sai forse, io sì. Come parlano i Sacri libri ispirati dallo Spirito Santo è facile dedurlo. Così dicono le sacre carte: “Coloro che hanno scelto Gesù solo, costoro avranno un posto distinto, elevato, glorioso nel cielo, saranno vicini al trono di Dio. I Vergini seguiranno Gesù, l’Agnello I. e canteranno un cantico che ad essi soli sarà dato di cantare e porteranno un nome tutto celeste”.
Questo stesso canto lo si ritrova in una sublime visione di Candido – frutto dell’Adorazione Eucaristica – scritta ben quarant’anni dopo la stessa poesia, ovvero nell’ultimo periodo della sua vita (1990-95) quando Candido si prepara a vestire l’abito di san Domenico.
Esplodesti di gioia o Dio, e innalzasti verso i mondi infiniti il primo nato dal tuo caloroso amore, e gridasti con voce eterna esponendolo all’ammirazione delle profondità celesti: “ecco l’uomo!” – si alzò allora e si intonò un canto mai prima, udito nei cieli e sulla terra, così poderoso mentre Dio teneva alzato ed esposto questo infante che guardò per la prima volta il mondo, il cielo, il mare, le schiere dei beati vestiti di colori e di luci. “Adoratelo” dicesti “è mio figlio, per lui esiste il tutto”.
La visione di Candido rivela che il “canto alato” sorge alla CONSACRAZIONE com’é sorto al momento della Creazione dell’uomo nel quale traspare mirabilmente l’Incarnazione del Figlio di Dio, che si farà Eucarestia mediante il santo Sacrificio del Calvario, attualizzato ad ogni santa Messa.
- Terzo e quarto verso della prima strofa: Virtude arcana adombran / Entro tue mani sante
Per comprendere questi due versi – e in particolare il significato delle mani sante del sacerdote oggetto dell’adombramento delle Virtude (coro angelico delle Virtù) – occorre ricordare la lettera del 21 luglio1948, scritta da Candido (studente diciottenne del Collegio Divin Salvatore di FRASCATI della Congregazione dei Figli del Cuore Immacolato di Maria) a padre Felice Murachelli, nella quale Candido esprime tutta la gioia provata al pensiero di unirsi, nella santa Comunione, con Gesù e con la sua santa Madre, che egli bacia e stringe nel cuore baciando e stringendo Gesù, in attesa di prendere. fra le mani, il Figlio di Dio e di Maria. Scrive Candido in questa lettera:
Che gioia prendere fra le nostre indegne mani il Figlio di Dio e di Maria, ma giacché per me è ancora troppo presto, formo le mie delizie nella S. Comunione, l’intima unione dell’anima con Gesù. Sì, allora sono contento di cibarmi del Corpo del Nostro Divin Salvatore, ma quando penso che Gesù è formato della Carne Immacolata e del Sangue di Maria, allora il mio fervore aumenta pensando che ad ogni stretta e ad ogni bacio di Gesù, bacio e stringo Maria.
Candido esulta di gioia nel contemplare il sublime Mistero dell’Incarnazione nelle mani sante del sacerdote che celebra il santo Sacrificio. Le mani sante del sacerdote riconducono il pensiero di Candido al grembo della santa Vergine adombrato dallo Spirito Santo e dunque all’Incarnazione fonte prima dell’Eucarestia. Il mistero dell’Incarnazione che si attua misticamente nelle mani del sacerdote, con la TRANSUSTANZIAZIONE, è confermato altresì, dall’azione delle Virtude, nelle quali si riconosce il coro angelico delle Virtù, che predispongono il sacerdote a ricevere nelle sue mani sante il Verbo di Dio in una rinnovata mistica Incarnazione, similmente all’arcangelo Gabriele che predispone la santa Vergine a ricevere, nel suo grembo santo, il Verbo di Dio.
Alla CONSACRAZIONE delle Sacre Specie, Il coro angelico delle Virtù rafforza nel sacerdote la Grazia della Fede nel Miracolo Eucaristico della Transustanziazione, così che le sue mani sante possano ricevere in pienezza lo Spirito Santo, ovvero siano adombrate dallo Spirito Santo, e il pane e il vino diventino, per la potenza dello Spirito Santo, il Corpo e il Sangue di Cristo. In questa azione angelica si evidenzia il connubio eterno fra Cristo che opera per mezzo del sacerdote e lo Spirito Santo che opera per mezzo dei suoi santi angeli nel santo Sacrificio Eucaristico. (La continuità fra Incarnazione e Eucaristia è raffigurata nel dipinto murale ideato da Candido e realizzato dalla pittrice Lazzarini sull’abside della chiesa di Ari – CANDIDO SACERDOTE POETA pg. 72,73).
- 5° verso della prima strofa: Mistico altar di Cristo
Candido rappresenta il sacerdote nella figura del Mistico altar di Cristo, ricordando che Cristo è:
Sacerdote, Vittima e Altare. Quale Alter Christus, il sacerdote è infatti, non solo sacerdote come Cristo è Sommo Sacerdote e vittima come Cristo è la Vittima; ma è anche altare come Cristo è l’Altare. Il sacerdote è così: Mistico altar di Cristo. E come Cristo ha offerto il sacrificio della vita per la salvezza di tutti sull’altare del proprio Corpo, così il sacerdote offre con Cristo il sacrificio della vita per la salvezza di tutti sull’altare del proprio corpo. E poiché Cristo è altare del sacrificio di tutti, il sacerdote, con Cristo, è il mistico altare del sacrificio di tutti. Il sacerdote è perciò, con Cristo, il luogo della santità e della immolazione di tutti i cristiani, che sono martiri, come scrive don Divo Barsotti: “essere cristiani vuol dire partecipare al Mistero di Cristo, e Cristo è Colui che ha reso testimonianza col suo Sangue, l’Agnello Immolato sopra l’altare” (Meditazione sull’Apocalisse, pg. 116)
La nostra vocazione è martirio, immolazione, sacrificio e morte. È una lenta agonia di Cristo sulla croce.. scrive Candido a padre Felice Murachelli.Il 6 luglio 1956, confermando che nel santo Sacrificio Eucaristico il sacerdote è Mistico altar di Cristo, essendo tutt’uno con l’altare e tutt’uno con Cristo,
PARAFRASI DELLA PRIMA STROFA: Alato sorge un canto, / Di gioventù divina. /Virtude arcana adombran, / Entro tue mani sante, / Mistico altar di Cristo.
Alla CONSACRAZIONE, un canto angelico di anime martiri e vergini ricolme in Dio di fortezza
e purezza si eleva / mentre il coro degli angeli delle Virtù si raccolgono attorno alle mani sante del
sacerdote perché siano adombrate dallo Spirito Santo come il grembo della santa Vergine
all’Incarnazione / e sull’altare, tutt’uno col corpo del sacerdote che è tutt’uno col Corpo di Cristo,
si compia la Transustanziazione.
SECONDA STROFA
Novella Aurora dalle palme innalzi, / Nel misticismo dell’arcan silenzio, / Che ti circonda nel mistero sacro, / Con un immenso palpitar divino.
- Primo verso della seconda strofa: Novella Aurora dalle palme innalzi,
Per comprendere questo verso riprendiamo la sublime visione di Candido – frutto dell’Adorazione
Eucaristica – scritta ben quarant’anni dopo la stessa poesia, ovvero nell’ultimo periodo della sua
vita (1990-95) quando Candido si prepara a vestire l’abito di san Domenico.
Esplodesti di gioia o Dio, e innalzasti verso i mondi infiniti il primo nato dal tuo caloroso amore, e gridasti con voce eterna esponendolo all’ammirazione delle profondità celesti: “ecco l’uomo!” – si alzò allora e si intonò un canto mai prima, udito nei cieli e sulla terra, così poderoso mentre Dio teneva alzato ed esposto questo infante che guardò per la prima volta il mondo, il cielo, il mare, le schiere dei beati vestiti di colori e di luci. “Adoratelo” dicesti “è mio figlio, per lui esiste il tutto”.
Il canto mai prima, udito nei cieli e sulla terra sorge dunque, al momento della Creazione dell’uomo, in cui Dio Padre innalza “il primo nato dal suo caloroso amore” e in cui traspare mirabilmente il Disegno Trinitario: l’Incarnazione del Figlio unigenito, che si fa uomo per opera dello Spirito Santo nel seno della santa Vergine Maria per redimere l’umanità dal peccato e unirla nel suo Corpo Eucaristico come una sola cosa. Grazie a questa visione sapienziale, nel sacerdote che, quale alter Christus, eleva, nell’Ostia consacrata, con le mani adombrate dallo Spirito Santo, il Figlio di Dio e di Maria, per offrirLo, con Cristo stesso, al Padre, possiamo vedere la figura del Padre che innalza, dal Principio, il Figlio unigenito, nel quale traspare, fin dalla Creazione dell’uomo: la sua Incarnazione nel seno della santa Vergine per opera dello Spirito Santo – la sua Immolazione sulla Croce per la Redenzione dell’uomo – e la sua Resurrezione Novella Aurora, alba del Nuovo Giorno senza tramonto, primizia della Nuova Creazione, che, dunque, possiamo vedere sorgere dalle mani del sacerdote all’ELEVAZIONE.
Il verso Novella Aurora dalle palme innalzi, è chiaramente in continuità coi versi della prima strofa: Virtude arcana adombran, Entro tue mani sante, come l’ELEVAZIONE alla CONSACRAZIONE.. Da rilevare l’esclamazione di Dio Padre: “ecco l’uomo!”; che si trova nel vangelo di san Giovanni (19,5) pronunciata da Pilato nel mostrare Gesù flagellato e coronato di spine col mantello di porpora, alla quale frase i Giudei hanno contrapposto la volontà di crocifiggere Gesù dicendo: “Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire perché si è fatto Figlio di Dio”. La frase di Pilato riprende, come noto, l’esclamazione del Precursore: “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!” (Gv. 1, 29), che il sacerdote ripete, prima della Comunione, innalzando l’Ostia, ovvero il Verbo di Dio fatto carne, come lo ha innalzato il Padre fin dal Principio, in unità col Figlio stesso e lo Spirito Santo, nella prima eterna santa Messa, nella quale trova luce la creazione dell’uomo. Il Sacrificio Eucaristico celebrato dal sacerdote è disegnato fin dal Principio dalla Santa Trinità e svela l’origine e il fine dell’uomo. Per questo, nel sacerdote l’uomo può ritrovare se stesso nella sua totalità al centro di Dio Santa Trinità. Nelle palme del sacerdote che innalzano la Novella Aurora, si possono contemplare le mani di Dio Padre che innalzano il Figlio Vittorioso sulle le tenebre del male e illuminano tutta la storia dell’uomo.
- Secondo e terzo verso della seconda strofa: Nel misticismo dell’arcan silenzio / Che ti circonda nel mistero sacro,
Per comprendere l’espressione “arcan silenzio” di questo verso, ricordiamo due brani, frutto dell’Adorazione Eucaristica, scritti nel tempo (1990-95) in cui Candido si prepara a vestire l’abito di san Domenico: nel primo brano il silenzio avvolge il momento della Creazione dell’uomo, nel quale traspare (come nel brano ricordato sopra) l’Incarnazione del Figlio di Dio; nel secondo brano il silenzio fa scaturire, dalla Crocifissione, la nuova Creazione, il nuovo giorno eterno, “la Novella Aurora“,
Respirai ed usci dalla gola e dalla bocca il primo pianto, il primo singulto che ruppe la terra e divenni vivo per te e non mi accorsi che eri tu a respirare in me, eri tu che emettevi per la prima volta, o Dio dell’universo e dei secoli, il primo entusiastico suono armonioso, e riempisti di te la fredda materia che si sentì calda tra le tue braccia tenere, eri tu che mi coprivi di luce e di silenzio. Dio com’eri bello! Com’eri giovane! Com’eri grande! Il tuo pianto indefinito fuso col mio divenne respiro, e si mosse in quell’istante l’orologio del tempo, e mi circondasti delle meraviglie di cui mai saprò dirti un grazie di cuore (scritto alle tre del mattino probabilmente nell’anno 1994)
E gridasti, alla storia dei secoli sterilizzati, il vagito del bimbo che stanco di lotta, sfiorato dai secoli eterni, nacque in nuova esplosione di silenzio col respiro divenuto rantolo, agonia, morte e vita: è rinato l’uomo nuovo al mondo della croce amorosa rifatto specchio e riflesso di una lotta impari che è divenuto vita, vagito, tempo ed eternità insieme. Mi cercasti, mi desiderasti e feristi la tua carne creatrice per seminare nella ingrata terra il piccolo germe che da quell’istante avrà il sapore dell’amore eterno. Oh dolcissimo e luminoso connubio, l’Eterno generò il tempo che mai più finirà. Da quel meriggio l’uomo avrà i riflessi del sangue e del riscatto, sentirà in sé di essere generato nel mistero con lo scalpello dell’Amore. E lasciasti appesa all’albero che ti crocifisse la tua pelle sanguinante e martoriata, testimone di un fuoco, di un amore, seme di vita nuova, appena nata dalle spoglie doloranti di una lotta generante che finirà nell’eternità. (scritto alle 3 del mattino, il 1° febbraio 1994).
Nei due brani, il silenzio di Dio è prodromico: alla Creazione dell’uomo, nel quale traspare Il Verbo di Dio fatto uomo, e alla Crocifissione del Figlio di Dio fatto uomo; in cui si rinnova il silenzio dell’Incarnazione. E’ questo il silenzio arcano che circonda il sacerdote all’ELEVAZIONE, nel santo Sacrificio, in cui si riassume il Mistero Sacro, Mistero della Fede, nel quale è celata la verità della storia dell’uomo e della salvezza operata da Dio, e svelata nel santo Sacrificio di Cristo.
- Quarto verso della seconda strofa: Con un immenso palpitar divino.
All’ELEVAZIONE, Il sacerdote che celebra il santo sacrificio è circondato, nel silenzio di Dio, dall’immenso palpitare del Cuore di Dio innamorato della sua creatura, come ha palpitato alla Creazione dell’uomo e all’Incarnazione, e infine, sulla Croce, nel Cuore del suo Verbo fatto uomo, trafitto per partorire la Chiesa e far rinascere alla Vita Vera l’uomo decaduto.
PARAFRASI DELLA SECONDA STROFA: Novella Aurora dalle palme innalzi, / Nel misticismo dell’arcan silenzio, / Che ti circonda nel mistero sacro, / Con un immenso palpitar divino.
All’ELEVAZIONE dell’Ostia consacrata, dalle palme del sacerdote sorge la Luce della Nuova Aurora, ovvero del giorno dell’eterna felicità segnato dalle nozze di Dio con l’umanità / nel silenzio del Mistero Sacro della Fede, in cui si riassume tutta la verità della storia della salvezza / e nell’immenso palpitare del Cuore del Verbo di Dio fatto uomo, trafitto per partorire la Chiesa e far rinascere alla Vita Vera l’uomo decaduto.
TERZA STROFA
Nella divina ebbrezza, / Del sacrificio eterno, / D’un giovin cor nell’estasi, / Godi immortal visione, / Di redentor con Cristo.
- Primo e secondo verso della seconda strofa: Nella divina ebbrezza, / Del sacrificio eterno
Questi versi fanno capire che, nel santo Sacrificio Eucaristico l’anima del sacerdote vive dell’ebbrezza di Dio; ovvero il sacerdote vive lo stesso sommo gaudio vissuto eternamente da Dio nel santo Sacrificio della Croce, perché è Dio che si unisce al sacerdote chiamato a unirsi s Lui; è Dio a donare al sacerdote l’ebbrezza d’amore del Sacrificio. Candido esprime la tensione del sacerdote all’unione nuziale con Dio nel biglietto commemorativo dell’emissione dei voti perpetui ricordando il passo del Cantico dei Cantici nel quale la Sposa dichiara l’unità d’amore con lo Sposo (Il mio diletto è mio e io sono tutto suo. Egli mi pasce fra i gigli), e la ribadisce nella lettera a padre Felice Murachelli e poi nella lettera alla mamma.
In quel felicissimo giorno il suo Candido sarà per sempre unito a Gesù, celebrerà le sue mistiche eterne nozze con Gesù Figlio di Maria Vergine. Il mio gaudio è immenso (a padre Felice).
Con la piena consapevolezza dei miei 24 anni celebro, fra l’esultanza degli angeli, tra il gaudio di Maria, mia dolcissima Mamma, e fra il tripudio di tutto il cielo, le mie perpetue nozze con l’agnello Immolato Gesù, figlio di Maria Vergine, colui che non si pasce tra gli amori della terra, amori divisi in mille parti; ma alberga solo nelle anime pure, sue spose per la professione religiosa (alla mamma).
Dio dona al sacerdote l’ebbrezza dell‘immolazione d’amore vissuta da Gesù nel santo Sacrificio della Croce. Questa ebbrezza divina, donata alle anime dei sacerdoti, nella celebrazione del sacrificio eterno, li configura a Cristo Agnello Immolato. In un’adorazione Eucaristica (26 luglio 1991) Candido fa capire che l’abbraccio d’Amore di Gesù è un dono che conduce il sacerdote all’Immolazione d’amore.
Mi hai fatto vedere l’orto del Getzemani, il tuo comportamento, la tua preghiera di affido al Padre, la tua
rassegnazione, ma ho sentito tuonare nella notte buia dell’abbandono dei tuoi amici, il tuo profondo e singhiozzante Sì all’immolazione d’amore. Quanto ti è costato quest’ultimo atto della tua esistenza che ha ricapitolato tutti gli anni di predicazione amorosa, di fraternità cordiale coi miseri, gli emarginati, gli impuri, gli scartati di Gioele. Qui con te Gesù, non ho paura e ti ripeto senza alcuna umana vergogna né debolezza affettata: “Gesù abbracciami”. Non pensare che la tua forza mi farebbe male, perché la tua forza è l’Amore.
- Terzo, quarto e quinto verso: D’un giovin cor nell’estasi, / Godi immortal visione, / Di redentor con Cristo.
Com’è dono di Dio è l’ebbrezza vissuta dal sacerdote nell’immolazione d’amore del santo Sacrificio, così è dono di Dio la visione immortale, di cui il sacerdote gode nell’estasi dell’unione con Cristo, grazie alla quale può contemplare il proprio cuore eternamente giovane, ricolmo in Dio di fortezza e purezza perché unito al Sacro Cuore di Cristo Redentore. Ed è proprio grazie all’unione del cuore del sacerdote con il Sacro Cuore di Cristo trafitto d’Amore nell’Immolazione, che in ogni santo Sacrificio si effettua l’opera della Redenzione. Scrive Candido in un’Adorazione Eucaristica nel 1991 (pg. 155)
Passa sul mio cuore, sulla mia carne tutto il tuo amore potente, mi sento bagnato e nudo, il mio cuore si arresta per lo sforzo di tanto amore, e mi accorgo che non sono più io; mi hai rivestito di rosso purpureo sangue veste nuova del redento, presenza misteriosa di chi nel segreto grida all’anima: “Io sono l’Amore e tu il mio unico tesoro non ti cedo a nessuno”
PARAFRASI DELLA TERZA STROFA: Nella divina ebbrezza, / Del sacrificio eterno, / D’un giovin cor nell’estasi, / Godi immortal visione, / Di redentor con Cristo.
Nel SACRIFICIO EUCARISTICO l’anima del sacerdote vive dell’ebbrezza di Dio essendo unito a Dio nell’immolazione d’amore della Croce, e nell’estasi dell’unione sponsale con Dio, il sacerdote gode la visione immortale del proprio cuore eternamente giovane, ricolmo in Dio di fortezza e purezza perché unito al Sacro Cuore di Cristo Redentore, e contempla l’opera della Redenzione.
QUARTA STROFA
Tu canti l’inno dell’amor supremo, / Dolce ricordo d’un’offerta monda, /Virgineo brivido di voce arcana, / Palpito e incanto che sublima il core.
- Primo e secondo verso della quarta strofa: Tu canti l’inno dell’amor supremo, / Dolce ricordo d’un’offerta monda,
L’inno dell’amor supremo, cantato dal sacerdote è l’Inno Eucaristico cantato al termine della santa Messa il giovedì santo, in cui si fa memoria della Passione e Incarnazione di Cristo, e dell’Ultima Cena in cui Gesù offre agli apostoli il proprio Corpo e il proprio Sangue. Il sacerdote canta “il mistero del corpo glorioso e del sangue prezioso che il Re delle nazioni, frutto benedetto di un grembo generoso, sparse per il riscatto del mondo” (Pange lingua)
- terzo e quarto verso della quarta strofa: Virgineo brivido di voce arcana, / Palpito e incanto che sublima il core.
Il sacerdote unisce, in un tremore verginale, la propria voce alla Voce di Cristo e il palpito del proprio cuore al Palpito del Sacro Cuore di Cristo, mentre pronuncia l’eterne parole pronunciate all’Ultima Cena da Cristo, nell’offerta purissima del suo Corpo e del suo Sangue lasciata alla Chiesa, sua amata Sposa, perché fosse attualizzata in ogni santo Sacrificio Eucaristico fino alla fine del mondo, pegno della gloria futura.
PARAFRASI DELLA QUARTA STROFA: Tu canti l’inno dell’amor supremo, / Dolce ricordo d’un’offerta monda, /Virgineo brivido di voce arcana, / Palpito e incanto che sublima il core.
Al MEMORIALE il sacerdote canta, in un tremore verginale, nella contemplazione della visione celeste, l’Inno Eucaristico e, unendo la propria voce e il cuore alla Voce e al Sacro Cuore di Cristo, pronuncia, nel canto dei martiri e degli angeli, l’eterne parole pronunciate da Cristo nell’offerta purissima del suo Corpo e del suo Sangue all’Ultima Cena.
PARAFRASI DELLA POESIA: SACERDOS
Alla CONSACRAZIONE, un canto angelico di anime martiri e vergini ricolme in Dio di fortezza e purezza si eleva / mentre il coro degli angeli delle Virtù si raccolgono attorno alle mani sante del sacerdote perché siano adombrate dallo Spirito Santo come il grembo della santa Vergine all’Incarnazione / e sull’altare, tutt’uno col corpo del sacerdote che è tutt’uno col Corpo di Cristo, si compia la Transustanziazione.
All’ELEVAZIONE dell’Ostia consacrata, dalle palme del sacerdote sorge la Luce della Nuova Aurora, ovvero del giorno dell’eterna felicità segnato dalle nozze di Dio con l’umanità / nel silenzio del Mistero Sacro della Fede, in cui si riassume tutta la verità della storia della salvezza / e nell’immenso palpitare del Cuore del Verbo di Dio fatto uomo, trafitto per partorire la Chiesa e far rinascere alla Vita Vera l’uomo decaduto.
Nel SACRIFICIO EUCARISTICO l’anima del sacerdote vive dell’ebbrezza di Dio essendo unito a Dio nell’immolazione d’amore della Croce, e nell’estasi dell’unione sponsale con Dio, il sacerdote gode la visione immortale del proprio cuore eternamente giovane, ricolmo in Dio di fortezza e purezza perché unito al Sacro Cuore di Cristo Redentore, e contempla l’opera della Redenzione.
Al MEMORIALE il sacerdote canta, in un tremore verginale, nella contemplazione della visione celeste, l’Inno Eucaristico e, unendo la propria voce e il cuore alla Voce e al Sacro Cuore di Cristo, pronuncia, nel canto dei martiri e degli angeli, l’eterne parole pronunciate da Cristo nell’offerta purissima del suo Corpo e del suo Sangue all’Ultima Cena.
RIFLESSIONI
In questa poesia Candido-poeta eleva il sacerdozio ponendolo al centro dell’eccelso disegno divino sull’uomo pensato dalla Santa Trinità fin dal Principio. Il sacerdote, alter Christus viene rivelato quale primo e vero paradigma di comprensione di tutta la storia dell’uomo, dalla Creazione al Trionfo di Cristo e della Chiesa. Questa poesia introduce alla poetica di Candido e permette di comprendere che la sua poesia è la poesia dell’uomo creato e atteso da Dio. Candido è il poeta dell’Adorazione, grazie alla quale l’uomo entra in Comunione con Dio e partecipa al mondo di Dio rivelando, nell’Amore di Dio, sé stesso (pg.128). Occorre ricordare che il sacerdozio di Candido è confermato dalla santa Vergine nella seconda apparizione ad Adelaide, domenica 14 maggio 1944, che ha detto ad Adelaide queste parole: Sì egli si farà Sacerdote Missionario secondo il mio Sacro Cuore. Parole che Candido sempre ricorderà come fonte del suo sacerdozio disposto a dare la vita per la verità delle apparizioni della santa Vergine ad Adelaide delle quali il suo sacerdozio rappresenta la più alta testimonianza (cfr: CANDIDO SACERDOTE POETA, pg. 87, pg. 191, pg. 196, pg. 202, pg. 203; PICCOLA MARTIRE pg. 29; L’ORA DI MARIA L’ORA DELLA CHIESA, pp. 46 – 51).
*
Note per lo studio della poesia: LUIGI
Luigi
Dolce Luigino, sorriso del cielo, / Vezzoso fiore di mamma, tu gioia, / Del babbo amore, carezza novella, / del cor letizia, tu frutto d’amore.
Limpido sogno di notti di stelle, / Sospiro soave di notti silenti, / Palpito e incanto d’amore materno, / Dolce visione tu vita del babbo.
Grazia e bellezza divina ti fece, / Angel sublime di niveo candore, / Cresci e sorridi al mattin di tua vita, / Rifletti dal cor la purezza. / Grazioso bocciol di rosa fragrante.
Il primo bacio che a te sulla fronte, / Posò tremante di gioia fu il mio, / Ti strinsi al cuore con palpito immenso, / Cara speranza d’un cuore che t’ama.
Vegli su te con sorriso d’amore, / Ti culli a sera vagente nel buio, / la Vergin Bella dal Cuore Materno, / sul tuo visino riponga il suo bacio.
7 marzo 1952


Nella poesia dedicata alla nascita del nipotino Luigi – scritta a 22 anni, nel collegio claretiano della Mentuccia a Roma, dov’è seminarista – si evidenziano i temi centrali della poesia e della spiritualità di Candido sull’uomo, che troveranno compimento negli scritti poetici degli ultimi anni della sua vita frutto dell’adorazione eucaristica, a conferma di una continuità ininterrotta della poetica di Candido, nel passaggio dalla contemplazione all’adorazione (“la poesia accuratamente meditata e proposta in versi del primo periodo, nel secondo periodo, all’acme del martirio, si fa prosa poetica frutto di appassionati colloqui con Gesù e di illuminanti visioni sapienziali” – pg. 124).
nella poesia dedicata al nipotino, possiamo riscontrare tre momenti nei quali si connota la vita stessa di ogni uomo. Luigi è assunto a paradigma universale di ogni vita (nelle prime due strofe Luigi si rivela frutto d’amore divino-umano/ nella terza strofa porta una vocazione d’amore ricevuto da Dio / nelle ultime due strofe è sorretto nella missione d’amore da chi lo ama e dalla santa Vergine), di conseguenza, Candido vede in Luigi la sorgente della propria vita / della propria missione sacerdotale / e del compimento della propria missione sacerdotale. La poesia dedicata alla nascita del nipotino LUIGI è, pertanto, strettamente correlata alla poesia SACERDOS, e deve essere letta alla luce dell’unione nuziale con Dio, che Candido esprimerà due anni più tardi nel biglietto commemorativo dell’emissione dei voti perpetui (nella lettera a padre Felice Murachelli e poi nella lettera alla mamma).
In quel felicissimo giorno il suo Candido sarà per sempre unito a Gesù, celebrerà le sue mistiche eterne nozze con Gesù Figlio di Maria Vergine. Il mio gaudio è immenso (a padre Felice). Con la piena consapevolezza dei miei 24 anni celebro, fra l’esultanza degli angeli, tra il gaudio di Maria, mia dolcissima Mamma, e fra il tripudio di tutto il cielo, le mie perpetue nozze con l’agnello Immolato Gesù, figlio di Maria Vergine, colui che non si pasce tra gli amori della terra, amori divisi in mille parti; ma alberga solo nelle anime pure, sue spose per la professione religiosa (alla mamma).
Occorre sempre ricordare che Candido vede e scrive le poesie in una perenne unità sponsale con Dio.
Ovvero: Candido scrive quel che vede con lo Sposo, e dunque scrive quel che vede lo Sposo Divina Sapienza (ragione della continuità ininterrotta della poetica di Candido nel passaggio dalla contemplazione degli anni giovanili all’adorazione degli anni che precedono la morte).
La poesia di Candido si può definire perciò come poesia sapienziale.
In tale contesto affronteremo il commento della poesia LUIGI, vedendo Candido che contempla amorevolmente Luigi con Gesù Divina Sapienza, e evidenzieremo alcune “parole” nelle quali si trovano i temi peculiari della poesia sapienziale di Candido sposo dell’Agnello Immolato.
Iniziamo dal sostantivo SORRISO, del primo verso della poesia (Dolce Luigino, sorriso del cielo) che si ritrova, come tante parole della stessa poesia, in molte poesie e scritti di Candido oltre che nella Bibbia.
IL SORRISO
Contemplando il nipotino appena nato, Candido seminarista ventiduenne vede risplendere nella piccola creatura il sorriso del cielo, ovvero il sorriso di Dio sorgente della vita umana, e in quel sorriso riconosce la sorgente della propria vita e della missione sacerdotale connessa fin dal Principio alla propria vita, che esprimerà, frate domenicano sessantenne, nello scritto, frutto di un’adorazione eucaristica, dell’anno 1991 (CANDIDO SACERDOTE POETA, pg. 155).
Dio, mi figuro il giorno in cui mi hai seminato sulla terra. Il tuo viso grande sorrideva al miracolo della vita racchiusa nel piccolo seme. La tua mano longa di speranza mi ha fatto cadere sul mondo per una missione. Sorridevi e ti scoppiava il cuore dalla felicità, che ti era nato un figlio, da te voluto, desiderato, pensato, costruito. (pg. 155)
Questa visione è profondamente radicata nell’anima di Candido fin da bambino. Con questa visione Candido ragazzo quattordicenne chiederà alla Madonna, attraverso Adelaide, se potrà diventare sacerdote ottenendo la conferma dal Cielo. Otto anni più tardi esprimerà questa stessa visione nella poesia dedicata al nipotino Luigi scritta nel collegio claretiano dove si prepara a diventare sacerdote missionario. E questa stessa visione la esprimerà definitivamente a pochi anni dalla morte
Nel nipotino appena nato, Candido ventiduenne seminarista vede dunque, se stesso, come figlio, voluto, desiderato, pensato, costruito da Dio, per la grande missione sacerdotale, avvertita da bambino, e confermata otto anni prima dalla Madonna.
Candido ventiduenne seminarista si appresta dunque a condurre la missione sacerdotale nella contemplazione continua del sorriso del cielo, di cui è colmo il suo cuore fin da bambino, che contempla ammirato, con Gesù, nel nipotino Luigi.
Candido seminarista ventiduenne si prepara a celebrare il santo Sacrificio col cuore colmo del sorriso di Dio, perché, quando sarà sacerdote i fedeli possano incontrare nel suo sorriso il sorriso di Dio, e, poi, ricordando il suo sorriso, possano veder trasparire il sorriso di Dio nel “Bambino Eucaristico” innalzato dalle sue “palme” sacerdotali, all’ELEVAZIONE dell’Ostia Consacrata (come abbiamo rilevato commentando la poesia SACERDOS – in particolare il primo verso della seconda strofa – Novella Aurora dalle palme innalzi).
Ovvero: Candido seminarista ventiduenne si prepara a celebrare la santa Messa col cuore colmo del sorriso di Dio, perché i fedeli possano vedere nel “Bambino Eucaristico” elevato nelle sue mani, l’eterno sorriso di Dio Padre, colmo di gioia, per la Creazione dell’uomo e per l’Incarnazione del Figlio unigenito operata dallo Spirito Santo nel seno della santa Vergine, al fine di redime l’uomo mediante il santo Sacrificio della Croce.
Nel nipotino Luigi, sorriso del cielo, Candido vede perciò, la gioia di Dio Santa Trinità per la Creazione dell’uomo in cui rifulge la luce accecante dell’INCARNAZIONE, che esprimerà, in modo sublime, in uno scritto dell’età avanzata frutto d’Adorazione Eucaristica, con queste parole:
Esplodesti di gioia o Dio, e innalzasti verso i mondi infiniti il primo nato dal tuo caloroso amore, e gridasti con voce eterna esponendolo all’ammirazione delle profondità celesti: “ecco l’uomo!”… Lentissimamente quelle palme divine si abbassarono in gesto solenne e mi deponesti nel prato più bello della terra…(8 agosto 1991, pg. 194)
Nel piccolo Luigi, Candido seminarista vede dunque, il momento eterno della CREAZIONE dell’uomo, in cui il Padre eleva, con l’uomo, il Figlio unigenito fatto uomo per opera dello Spirito Santo, al fine di redimere, col sacrificio della vita, l’umanità dal peccato e ricondurla al Padre.
Di conseguenza, in Luigi sorriso del cielo, Candido vede anche il “dolore del cielo”, ovvero il dolore stesso di Dio Padre che fin dal Principio dona all’umanità il Figlio destinato all’Immolazione perché l’umanità sia ricondotta, nel suo Spirito, al Padre per godere alla fine l’eterno sorriso di Dio Padre col Figlio e con lo Spirito Santo. Nel nipotino, Candido vede perciò, i tre momenti della Salvezza disegnati dalla Santa Trinità fin dal Principio – Incarnazione, Passione, Resurrezione.
Di conseguenza, nel sorriso di Luigi appena nato, Candido vede la sua stessa immolazione come sacerdote missionario del Sacro Cuore, chiamato a partecipare all’opera della Redenzione, voluta dal Padre in unità con il Figlio e lo Spirito santo, e attuata da Figlio di Dio perché, al compimento della Redenzione, sia ridonato al Padre il sorriso.
Il sorriso che Candido contempla con Gesù, in Luigi, assume perciò un significato escatologico.
Come Luigi, sorriso del cielo è chiamato a far sorridere Dio Padre, con una vita di amore puro, seguendo l’esempio del Verbo di Dio fatto uomo, così Candido è chiamato a far sorridere Dio Padre vivendo con Cristo il suo santo Sacrificio nell’immolazione della vita sacerdotale.
E’ questo un principio costante nell’anima di Candido.
A tal proposito mettiamo confronto l’esortazione presente in due versi della terza strofa della poesia dedicata a Luigi, scritta da Candido a ventidue anni, con l’esortazione presente in uno scritto di Candido sessantenne, frutto d’adorazione Eucaristica.,
- Cresci e sorridi al mattin di tua vita, / Rifletti dal cor la purezza. / Grazioso bocciol di rosa fragrante.
- Sorridi al mondo piccolo figlio, è tutto tuo, è il dono di nozze dello sposo...Cresci piccolo figlio, di tanto in tanto incontriamoci a metà strada…(CANDIDO SACERDOTE POETA PG.178)
Nei due scritti distanti fra loro quattro decenni ritroviamo gli stessi verbi, Cresci e sorridi, i quali compongono l’esortazione sapienziale a vivere la vita, e dunque la missione, alla luce del sorriso di Dio nella purezza e nel sacrificio (per il sacerdote: nell’immolazione) seguendo l’esempio del Verbo di Dio fatto uomo, che Candido vede, con Gesù, in Luigi, nell’immagine del bocciolo di rosa fragrante, figura della santa Vergine.
L’espressione: incontriamoci a metà strada, ovvero fra Cielo e terra, completa l’esortazione sapienziale ad ascendere con l’anima a Dio, e vivere in unione con Cristo, in particolare nel santo Sacrificio della Messa e con Lui partecipare, sulla Croce del Calvario, alla Redenzione del mondo, da Lui attuata, poiché il dono di nozze dello Sposo richiede di unirsi allo Sposo sul talamo della Croce.
*
La parola SORRISO torna nella poesia dedicata a Luigi, nell’ultima strofa, in stretta relazione al BACIO. Il sorriso forma un tutt’uno col bacio, a rappresentare l’unione amorosa, che rimanda al Cantico dei Cantici, vertice poetico dell’unione sponsale dell’anima con Dio, e di Cristo con la Chiesa, oltre che riferimento primo della poetica e della spiritualità di Candido. Leggiamo infatti nella terza strofa:
- Vegli su te con sorriso d’amore, / Ti culli a sera vagente nel buio, / la Vergin Bella dal Cuore Materno, / sul tuo visino riponga il suo bacio.
Contemplando con Gesù, il piccolo Luigi, Candido vede, nel piccolo Luigi, Gesù Bambino, e anche se stesso. Perciò, nella Vergin Bella dal Cuore Materno, che veglia sul piccolo Luigi Luigi, Candido vede la santa Vergine che a Betlemme veglia e bacia Gesù Bambino, come veglierà e bacerà ogni creatura che viene al mondo. Nella Vergin Bella dal Cuore Materno, che veglia sul piccolo Luigi Luigi, Candido vede la santa Vergine che culla il Bambino Gesù vagente nel buio – ovvero che esprime angoscia e dolore col vagito quando ancora non è giorno (riferimento alla notte della santa Passione che prepara il nuovo Giono della Resurrezione), e in questa contemplazione vede la santa Vergine che culla ogni creatura nell’angoscia e nel dolore affinché sia unita al suo Divin Figlio Redentore.
Come abbiamo sopra evidenziato, nella poesia di Candido, Il sorriso è strettamente legato al dolore, evidente nella poesia intitolata DOLORE, quarta terzina.
- Per me a la Vergine Madre ricorda / Che il figlio suo sen giace nel pianto / Solo un sorriso vogl’io e una carezza
In questa poesia il sorriso è associato al bacio, di cui il sorriso è portatore, come nell’invocazione al nome santo di Maria nell’utima strofa.
- O nome santo del ciel melodia / Ultima speme dell’alma che muore / Col tuo sorriso ribaciami ancora.
Invocazione ripresa con le stesse parole nell’ultima strofa della poesia dedicata alla MAMMA.
- Quando verrà per me la dolce sera / Che in braccio a te men volerò al Signore / Col tuo sorriso ribaciami ancora.
In un’adorazione Eucaristica di Candido sessantenne l’impossibilità di baciare il Signore è compensata dalla beatitudine di godere del suo sorriso, grazie al quale ritrova il Signore in se stesso.
- Signore vorrei darti un bacio, ma il tuo volto è tanto infinito, impalpabile, enigmatico, quasi sconosciuto. Vorrei vederlo così fresco, pulito, toccarlo, e sentire la sensazione del tuo calore, fissare gli occhi sulla tua pelle e bearmi del tuo splendido sorriso – Penso che saresti…come me. 1991
Candido sessantenne chiede al Signore di aiutarlo a non fuggire dal dolore atroce e tenerlo in vita col suo amoroso sorriso di fratello che condivide da sempre il suo dolore.
- Guardami Maestro buono e se volessi chiudere gli occhi tienimeli aperti col tuo amoroso sorriso di fratello…1991
E grazie all’aiuto del Signore che accondiscende alla sua preghiera Candido offrirà il suo sorriso ai suoi nemici tanto feroci. Glielo ricorderà lo stesso Signore in un’adorazione Eucaristica, dicendogli:
- Ti ho visto lottare, e io ho contato i tuoi sforzi, il tuo sereno perdono; ho visto quei giorni di tremenda, inumana solitudine in cui hai esposto le tue guance agli schiaffi della calunnia e della denigrazione; avevi sempre un fraterno sorriso mentre scendevano lacrime miste al mio sangue. La gente non capirà mai lo sguardo buono, mentre il tradimento solleticava il loro cuore e ti credeva l’uomo più felice non sapeva leggere oltre la pelle sotto cui si celava un altro abitante al quale andava l’insulto, il livore e il satanico sputo.
In una visione sapienziale Candido sessantenne, in una lotta con Dio, come Giacobbe con l’angelo, riconosce il Signore grazie al suo sorriso appena accennato, ma sufficiente perché Dio si riconosce nel suo sorriso d’Amore.
- Infine il suo volto grande accennò un sorriso, feci appena in tempo a gridare: “Sei tu! Tu sei Gesù!”
*
In Luigi sorriso del cielo, Candido di certo vede il sorriso di Sara per la nascita di Isacco, che chiamerà “sorriso di Dio” (in un’Adorazione Eucaristica il Signore presenta Candido come Isacco immagine di Cristo Redentore, grazie alla quale Adorazione si comprende come, per Candido, il sorriso è inscindibile dal dolore, cfr. 166). Numerosi sono altresì i riferimenti biblici al sorriso di Dio ben conosciuti e amati da Candido, in prospettiva escatologica, come nel salmo 126, e luca, 6,21.
LA DOLCEZZA
Nel nipotino appena nato Candido riconosce la propria natura, dono di Dio e immagine di Dio stesso, quale radice della vocazione sacerdotale, e la rivela fin dal primo verso nell’aggettivo dolce e nel sostantivo sorriso, che si ritrovano in molte poesie e scritti. Candido cercherà e sarà dolcezza e sorriso per tutti in tutta la sua vita, anche nei momenti più difficili di grande sofferenza.
In un’adorazione Eucaristica Gesù gli dirà:
Tante volte ho permesso tante devastanti, rumorose frane che ti hanno annichilito, mi sono servito di te, dei tuoi difetti, del tuo carattere, del tuo affetto, della tua dolce natura per torturarti amorosamente per richiamarti a me. Io ti ho sempre amato. E poco più avanti così continuerà: Ti ho visto lottare, e io ho contato i tuoi sforzi, il tuo sereno perdono; ho visto quei giorni di tremenda, inumana solitudine in cui hai esposto le tue guance agli schiaffi della calunnia e della denigrazione; avevi sempre un fraterno sorriso mentre scendevano lacrime miste al mio sangue. La gente non capirà mai lo sguardo buono, mentre il tradimento solleticava il loro cuore e ti credeva l’uomo più felice non sapeva leggere oltre la pelle sotto cui si celava un altro abitante al quale andava l’insulto, il livore e il satanico sputo.