La morte santa di Adelaide

Più volte la santa Vergine ha promesso ad Adelaide il Paradiso, ponendo se stessa come premio del suo martirio.
La morte di Adelaide appare così, chiaramente, come il compendio, il compimento e il compenso della Missione accettata e vissuta da Adelaide nella sequela di Cristo, il Verbo di Dio, che, per questo fine, si è fatto uomo e ha sofferto fino a morire sulla Croce per salvare gli uomini e unirli come una sola famiglia, in una sola Chiesa. Per questo la morte di Adelaide è un grande dono per la vera Chiesa, come lo è la sua Missione.
E poiché la morte santa di Adelaide è tutt’uno con la sua Missione, possiamo dire che: se la partecipazione alla Missione di Adelaide, e al suo martirio, permette di accedere alla stessa Missione della Vergine, e dunque della Chiesa, così la partecipazione alla morte di Adelaide permette di accedere alla morte nelle mani della santa Vergine, e dunque della Chiesa.
La morte santa di Adelaide è un grande dono, perché la promessa della santa Vergine di portare Adelaide in Paradiso dopo una vita di martirio, è da considerarsi, ecclesialmente estesa a tutti coloro che vi partecipano dopo una vita di martirio spesa nell’offerta di sé, seguendo Adelaide quale modello per la Chiesa e della Chiesa.
La lacrima di Adelaide

Erano quindi circa le 3 di notte, da una parte la figlia e dall’altra io le tenevamo la mano, entrambi con gli occhi ludici, Adelaide si rivolse a me e mi disse: “Grazie Gianluigi, va tutto bene, è qui con me la Madonna! Ora mi devi lasciare la mano perché la devo dare a Lei! Tu mi hai accompagnata fin qui ma ora devo andare con Lei! Grazie di tutto!”, e con una lacrima che scendeva dal suo viso, tipica di molti pazienti la cui anima abbandona il proprio corpo, Adelaide esala il suo ultimo respiro.
Così si conclude la testimonianza dell’infermiere dell’Istituto oncologico, che ha accompagnato suor Adelaide alla morte. Connotata da pura oggettività, come una cronaca, la testimonianza dell’infermiere dell’Istituto oncologico (che pubblicheremo integralmente in uno scritto di prossima pubblicazione) appare fredda. Per questo è necessario leggerla con gli occhi della Fede e alla Luce della vita di martirio sofferta da Adelaide. Solo così infatti possiamo, scorgere, nella morte di Adelaide, il grande mistero, di solitudine e abbandono, della stessa morte di Cristo, ignorato dall’infermiere.
Adelaide non si è svelata. Perciò l’infermiere non può riconoscere, nella lacrima che scende dal viso di Adelaide morente, il pianto di Cristo Crocifisso che muore per amore degli uomini, per i quali, anche Adelaide ha accettato di soffrire un atroce martirio e morire, come Cristo, in solitudine, abbandonata, rigettata, obbedendo alla Missione ricevuta da Cristo stesso, attraverso la santa Vergine nella seconda apparizione del 14 maggio.
Missione che Adelaide ha adempiuto in totale disposizione del Cielo, accettando tutte le più terribili sofferenze, per amore.
Adelaide non si è svelata. Perciò, l’infermiere nemmeno può vedere nella lacrima di Adelaide morente tutte le lacrime versate nella sua vita di martirio che hanno fecondato la sua Missione d’amore. Egli vede soltanto la lacrima “tipica di molti pazienti la cui anima abbandona il proprio corpo”, e non comprende che, proprio morendo come una persona qualunque, Adelaide ha manifestato la grande Missione compiuta sulla terra per amore di Cristo, che ancora continua sulla terra per i sofferenti e i morenti.
Adelaide infatti, è vicina a tutti coloro che soffrono, e accorre al capezzale dei morenti per accompagnarli nel passaggio da questa vita all’altra, affinché approdino, al sicuro, fra le braccia della santa Vergine, alla Luce Divina.
Per questo, sia pur oggettiva come una cronaca, la testimonianza dell’infermiere è un grande dono.
La mano di Adelaide

L’infermiere che ha accompagnato Adelaide nel trapasso da questa vita al Cielo, è del tutto ignaro che, alcuni anni prima, in un reparto d’ospedale della stessa città di Milano, una notte di luglio,
Adelaide infermiera, proprio come lui, aveva tenuto la mano di un morente: don Ettore Bonaldi.
Quella notte, nonostante la dottoressa del reparto avesse escluso altri interventi terapeutici ritenendoli del tutto inutili, Adelaide si era posta in ginocchio accanto a don Ettore, e aveva continuato a pregare tenendo la mano del morente dopo avergli posto al collo la catenina che lei portava, (con l’effige della Madonna apparsa a Ghiaie); accompagnata in questo estremo appello alla Grazia, da un giovane medico non credente, giunto a tenere l’altra mano del prete ormai in agonia.
Tutta quella notte era trascorsa così.
Finché al mattino, uscendo come da un sonno profondo, don Ettore si era destato, e, seduto sul letto, sorridendo, aveva affermato di sentirsi bene, nello stupore della dottoressa, giunta in reparto dal pronto soccorso, sicura di trovarlo senza vita.
La guarigione miracolosa di don Ettore Bonaldi (convalidata da esami immediati e ripetuti che hanno escluso ogni traccia della leucemia sorta in lui per portarlo inesorabilmente alla morte) è ben conosciuta dai fedeli delle apparizioni, perché costituisce la conferma della veridicità delle stesse (purtroppo elusa con la sottrazione delle cartelle cliniche stranamente smarrite e mai concesse ai parenti).
Tuttavia nessuno dei fedeli, finora, ha mai posto l’attenzione sulla mano di Adelaide che per molte notti ha preso la mano di don Ettore fermandosi a pregare in ginocchio accanto al suo letto d’ospedale, fino a quell’ultima notte di lotta contro il male, conclusa con una vittoria straordinaria.
Ma ora, grazie alla preziosa testimonianza dell’infermiere dell’ospedale oncologico dov’è morta Adelaide,
possiamo fermare l’attenzione sulla mano di Adelaide morente, che l’infermiere ha preso nella sua, proprio come Adelaide aveva tenuto la mano di don Ettore morente.
L’infermiere di certo non poteva sapere che la mano di Adelaide era colma di Grazia, e che la stessa morte di Adelaide sarebbe stata una Grazia, proprio come la guarigione di don Ettore, perché anch’essa ha confermato la veridicità delle apparizioni di Ghiaie.
Adelaide infatti, ha lasciato questa vita segnata dall’inesausto martirio predettole tanti anni prima dalla Madonna, scesa quella notte del 24 agosto, in quella stanza d’ospedale a prenderla per mano, come le aveva promesso.
- Pochi sanno quanto bene ha lasciato sulla terra la mano di Adelaide,
sempre più configurata a Cristo nel dolore, in obbedienza alla vocazione religiosa che la Madonna le aveva indicato (farsi suora Sacramentina) preannunciandole la salita al Calvario, quale mistica sposa del Divin Figlio, Che si è fatto uomo nel seno della santa Vergine per redimere l’umanità dal peccato e vincere la morte, mediante la morte in Croce.
- Ancor meno persone poi, sanno che la mano di Adelaide portava, invisibilmente, i segni del Cristo Crocifisso,
lasciati da Lui, quando ancor bambina, nel bosco sopra il villaggio, l’aveva presa per mano e condotta lungo la Via Crucis preparata da Candido con segni di croce sul tronco degli alberi, al termine della quale le aveva promesso che le avrebbe mostrato la sua Mamma.
- Ma poiché Adelaide vive ancora,
possiamo finalmente far conoscere a molti la santità di Adelaide e dire che la sua mano continua a operare il bene, per la Grazia del Signore, nonostante l’irriconoscenza, l’indifferenza, il rifiuto, il disprezzo, l’ostilità, le violenze e anche l’odio ricevuto.
L’Amore di Adelaide
«Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina».
Questo ripeteva, Adelaide, con forza agli amici più vicini negli ultimi tempi della sua esistenza mentre si avviava con decisione verso la morte, scelta col dono della vita.
Era come se volesse lasciare in eredità se stessa nella luce di questa identità, per essere ricordata e compresa esclusivamente alla luce di questa identità, intesa come radice sempiterna della sua persona e della sua vita, della sua vocazione e del suo martirio.
Ma, comprenderla, non era facile,
anche perché lei stessa aveva celato molti eventi della sua esistenza – grazie ai quali si sarebbe capita questa sua affermazione – nella certezza che la Divina Provvidenza avrebbe permesso ad altri di ritrovarli, al tempo stabilito dalla stessa Divina Provvidenza.
Come è avvenuto recentemente grazie alla scoperta di un evento sorprendente, mai rivelato e sempre nascosto, ma determinante per comprendere: sia la vocazione religiosa di Adelaide che il significato delle apparizioni di Ghiaie.
Questo evento riguarda la malattia di Adelaide emersa al tempo della guarigione di don Ettore Bonaldi.
Nello stesso reparto d’ospedale in cui Adelaide, infermiera caposala, si era presa tanta cura di don Ettore, affetto da leucemia mieloide acuta, una malattia infausta la costringe a passare dalla condizione di infermiera a quella di paziente. E’ tanto sfiancata, dalla malattia, da dover lasciare il lavoro e coricarsi in un letto del reparto. Il suo stato d’infermità, molto grave, presto viene confermato dagli esami del sangue che rivelano una preoccupante diminuzione di piastrine, e infine dalla diagnosi dell’ematologa dottoressa Pellò. Il referto clinico della dottoressa non lascia scampo: Adelaide è affetta da leucemia mieloide acuta e sembra proprio non ci sia nulla da fare.
I medici combattono, ma, inesorabilmente, gli effetti della malattia infausta si aggravano. Giorno dopo giorno, crisi ripetute conducono Adelaide a una condizione sempre più preoccupante, e una notte le sue condizioni si fanno disperate: la piastrinopenia peggiora in modo irreversibile, tanto che i medici, col passar delle ore, temono emorragie del sistema nervoso centrale. Adelaide è in immediato pericolo di vita. C’è solo da sperare che reagisca con tutte le sue forze al franamento.
Per questo, al mattino, la dottoressa Pellò, giunta in reparto dal Pronto Soccorso, e il giovane medico del reparto – lo stesso che, con Adelaide, aveva tenuto la mano di don Ettore – si affiancano ai due lati del letto di Adelaide prendendo le sue mani nelle loro mani. E Adelaide sente, in quelle mani amiche che la trattengono, quanto è importante che viva ancora, e per quell’amore, tutto umano, resiste, perché così vuole anche la Madonna.
Come abbiamo raccontato in altra riflessione, solo molti anni dopo, sul letto di un altro ospedale, di nuovo in fin di vita, con le sue mani in altre mani, Adelaide chiederà di non esser trattenuta perché, giunta la sua ora, doveva dare le sue mani alla Madonna scesa in quella stanza d’ospedale per condurla finalmente in Cielo come le aveva promesso.
Questa storia tanto sofferta, desta davvero una profonda commozione,
dalla quale tuttavia, per comprenderla bene nella sua grande importanza occorre distanziarci, almeno per un breve momento, e porre qualche domanda in apparenza impertinente.
Guidati dalla semplice ragione, e senza remore, ci si chiede:
perché Adelaide sì è spesa così tanto per la guarigione di don Ettore fino al punto da offrire tutta se stessa? Non c’erano forse tante altre persone bisognose da aiutare, visto che don Ettore morendo sarebbe stato accolto in Cielo, traguardo desiderato fin dalla sua ordinazione sacerdotale?
Per rispondere a questa domanda, è necessario:
- innanzitutto ricordare la frase che Adelaide ripeteva con forza agli amici più vicini negli ultimi tempi della sua esistenza mentre si avviava con decisione verso la morte, ovvero: «Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina»
- e di conseguenza comprendere che in don Ettore sacerdote, Adelaide vedeva Cristo sofferente, poiché ogni sacerdote è figura di Cristo, e che, quale suora Sacramentina, desiderava partecipare alla sofferenza di don Ettore alter Christus, come vittima espiatoria, testimoniando così la vocazione religiosa alla quale la santa Vergine l’aveva esortata: essere sua immagine quale Madre e Sposa del Divin Figlio Crocifisso.
Solo in questa luce è possibile altresì capire che l’’incontro fra don Ettore e Adelaide, in quella corsia d’ospedale, è predisposto dal Cielo perché, nella Fede in Cristo, ognuno possa vedere:
- in don Ettore e Adelaide uniti nel dolore, la perfetta coppia eucaristica,
- e nel loro accordo, segretamene taciuto, il vero e più profondo significato delle apparizioni di Ghiaie, sempre annunciate dal volo di due colombi bianchi.
Questo mirabile incontro, finora mai svelato, costituisce oggi la fulgida prova che
Adelaide, pur scacciata con violenza dal convento, è sempre rimasta, nello spirito, suora Sacramentina, e che, come suora Sacramentina ha sempre testimoniato col martirio il vero Amore pagando con la vita, perché la Grazia di Cristo è donata a caro prezzo.
Al fine di comprendere ancor meglio questo mirabile evento, determinante per il riconoscimento delle apparizioni di Ghiaie, necessita, a questo punto, porre un’altra domanda, anch’essa in apparenza impertinente. E ci chiediamo: perché Adelaide ha voluto e ottenuto che, nonostante le condizioni molto gravi, don Ettore fosse portato al luogo delle apparizioni di Ghiaie, dove inginocchiata accanto a lui, prima di pregare il rosario, lo ha esortato a rivolgersi alla santa Vergine con queste semplici parole: “Se sei veramente apparsa, ascolta la mia preghiera”?
Per chi conosce i messaggi rivolti dalla santa Vergine alla Chiesa attraverso Adelaide, la risposta è immediata. E’ sufficiente ricordare la solenne dichiarazione della santa Vergine nell’ultima apparizione del 31 maggio: «desidero presto il mio trionfo. Prega per il Papa e digli che faccia presto perché voglio essere premurosa per tutti in questo luogo. Qualunque cosa mi si chiederà lo intercederò presso mio Figlio». La dichiarazione della santa Vergine consente chiaramente di capire che la Grazia accordata a don Ettore grazie al sacrificio di Adelaide, avrebbe favorito il riconoscimento delle apparizioni da parte della Chiesa e alle Ghiaie sarebbe affluita una moltitudine di sofferenti nel corpo e nello spirito a chiedere la Grazia della guarigione, come don Ettore, e segnare così il trionfo della santa Vergine.
Che ancora si attende.
Da ultimo occorre ricordare che don Ettore sacerdote salesiano è stato condotto al luogo delle apparizioni il 24 maggio, dedicato a Maria Ausiliatrice, perché la Regina della famiglia e della Chiesa possa essere invocata anche con questo titolo.
Suora per sempre

Nella precedente riflessione dal titolo “l’Amore di Adelaide” abbiamo rivelato che in don Ettore morente, Adelaide vedeva Cristo sofferente, poiché ogni sacerdote è figura di Cristo, e che, quale suora Sacramentina, desiderava partecipare alla sofferenza di don Ettore, alter Christus, come vittima espiatoria, testimoniando così la vocazione religiosa alla quale la santa Vergine l’aveva esortata nell’apparizione del 14 maggio: essere sua immagine quale Madre e Sposa del Divin Figlio Crocifisso.
Inoltre, grazie a questa premessa, abbiamo visto:
in don Ettore e Adelaide uniti nel dolore di Cristo, la perfetta coppia eucaristica. Scoperta che possiamo ancor meglio comprendere soffermandoci, brevemente, sul momento estremo della vita di don Ettore, ovvero sulla sua morte, avvenuta 36 anni dopo la guarigione, il 24 luglio 2002;che brevemente raccontiamo.
Gravemente malato, ai primi di luglio dell’anno 2002, don Ettore viene ricoverato nel reparto di chirurgia dell’Ospedale di Clusone. Nei giorni successivi si aggravano le sue condizioni, e il 21 luglio perde conoscenza. Quel giorno è assistito dal nipote Adalberto e dalla moglie, che hanno dato il cambio a Italo, fratello di don Ettore. E’ domenica sera. Tutto è silenzio nella stanza, ma a un tratto, come uscendo da un sonno profondo, don Ettore inizia a salmodiare. Stupiti, Adalberto e la moglie si mettono in ascolto, ma non capiscono le parole che lo zio pronuncia. E’ una lingua che non conoscono. Lo spirito di don Ettore sembra vivere come in un’altra dimensione. In quel momento, accanto a loro, giunge un salesiano, don Camillo Giordani, amico di don Ettore. Adalberto e la moglie chiedono subito a lui cosa accade allo zio. La risposta li lascia allibiti: «Canta Messa in Aramaico!» E’ uno squarcio di luce abbagliante che conduce tutti i presenti in Terra Santa, dove don Ettore vive, con Cristo, le sue ultime ore, per morire, con Lui. E dirà Messa fino all’ultimo respiro.
Questo racconto ci permette di comprendere che don Ettore, unito a Cristo nell’anima con tutta la sua persona, ha partecipato interiormente alla Passione di Cristo per tutta la vita, in una Messa ininterrotta, fino all’ultimo istante.
Come non vedere allora, in don Ettore agonizzante sul letto del reparto del Policlinico, il sacerdote che, unito a Cristo sale il Calvario per morire con Cristo, e in Adelaide orante accanto a lui, la religiosa, unita alla santa Vergine Addolorata, che sale il Calvario per soffrire e morire con il Divin Figlio Sposo!
Certo, non appartiene a questo mondo tale visione, ma con la mente illuminata dalla Fede, nella certezza che il santo Sacrificio di Cristo ha un valore infinito e si rinnova oltre il tempo e lo spazio, ognuno può riattualizzare quel momento e vedere, ancora, in don Ettore e suor Adelaide la coppia eucaristica che, a quel capezzale d’ospedale, offre il santo Sacrificio del Calvario, potendo vivere con loro quella santa Messa.
E così comprendere che: la guarigione di don Ettore, non è da considerarsi semplicemente un evento prodigioso,
- ma un frutto della Grazia ottenuta da Cristo col suo santo Sacrificio, al quale don Ettore ha partecipato, in persona Christi, unito a suor Adelaide, figura della santa Vergine Addolorata.
E di conseguenza
- contemplare il letto d’ospedale trasfigurato in un altare e l’ospedale in una chiesa.
La qual cosa non deve stupire.
Perché, fin da bambina Adelaide aveva imparato a riconoscere Cristo nel sacerdote; in particolare partecipando alle Messe celebrate nel bosco da Candido coi bambini martiri mandati dal Cielo e col fanciullo Gesù, sentendo nel cuore d’essere nata per essere suora;
vocazione confermata il 14 maggio dalla santa Vergine, che ha unito, quale mediatrice della Divina Sapienza, Adelaide e Candido nella stessa Missione Eucaristica, eleggendo Candido sacerdote per sempre tutto di Dio, e Adelaide suora per sempre tutta di Dio.
Occorre altresì ricordare:
- che, nella Fede in Cristo, la guarigione di don Ettore non è un evento passato,
- e che ancor oggi – soprattutto oggi – si rinnova, a ricordare quale era e quale è la Missione affidata alla Chiesa di Cristo, dalla Divina Sapienza, per mezzo della santa Vergine, apparsa ad Adelaide, nel piccolo villaggio di Ghiaie, come Regina della famiglia e della Chiesa.
Ovvero:
- ricondurre l’umanità, divisa dal peccato e dalla guerra, all’Amore di Dio, e unirla nell’Unità e nella Pace, a formare una sola famiglia e una sola Chiesa, PER ESSERE UNA SOLA COSA, nel santo Sacrificio di Cristo celebrato in tutto l’universo.
Grande Missione, per quale, la santa Vergine ha impresso su Adelaide
il SIGILLO DI DIO CON IL BACIO EUCARISTICO
mandato il 29maggio (giorno seguente a Pentecoste, solennità in cui nasce la Chiesa, figura del nostro tempo) dalle sue labbra con l’indice e il pollice uniti – ponendo poi, il 31 maggio, le sua labbra purissime sulla fronte di Adelaide.
SIGILLO INDELEBILE – che rimane in eterno – perché le parole e le azioni dell’uomo non potranno mai
La Fede di Adelaide

...si era solo limitata a dire che per lei la Fede era una parte fondamentale della sua vita.
Così scrive l’infermiere dell’Ospedale oncologico che ha seguito Adelaide fino al trapasso da questa vita, lasciandoci, in un successivo passaggio della sua testimonianza, essenziale e oggettiva, una preziosa memoria:
Ricordo che durante le domande di rito mi aveva parlato della sua grande Fede e della vicinanza alla Vergine Maria e queste rappresentavano le sue certezze che le davano la forza di andare avanti ed affrontare il suo fine vita.
Grazie a questo ricordo, inconsapevolmente, l’infermiere permette,
innanzitutto,
di capire che Adelaide ha affrontato le sofferenze della vita con lo spirito alimentato da due certezze strettamente connesse fra loro : la Fede e la vicinanza alla Vergine Maria, vivendo la propria Fede alla luce della Fede della santa Vergine.
Inoltre,
permette di comprendere che Adelaide si è disposta ad abbracciare la morte con un ultimo atto di Fede,
nel quale possiamo riconoscere il compimento di tutti gli atti di Fede, con cui, sempre unita alla santa Vergine, ha vissuto tutti i passaggi della sua esistenza sulla terra, a iniziare dal primo atto di Fede,
pronunciato da Adelaide in obbedienza alla divina disposizione indicatale dalla santa Vergine nella seconda apparizione della stessa santa Vergine, nel maggio del 1944, Tempo di Pasqua e tempo di guerra, in un prato del suo piccolo villaggio.
Quel giorno,
14 maggio 1944,
rivelando la volontà di Dio su di lei, la santa Vergine le aveva detto :
«Tra il quattordicesimo e quindicesimo anno ti farai suora Sacramentina».
Parole che Adelaide, ancor bambina, aveva accolto con fiduciosa semplicità, rassicurata dalla voce dolcissima della santa Vergine e dalla sua bellezza, senza poter comprendere
la dolorosa e grandiosa Missione espressa in quel comando;
che in lei si chiarirà, in pienezza, solo allorquando,
dopo incessanti vessazioni di un Inquisizione atroce, inferte in una penosa segregazione, conclusa con la preconfezionata condanna al termine di un processo iniquo, seguito da un’altra lunga segregazione forzata, finalmente liberata dalla continua oppressione, sarà accettata come postulante al convento di Bergamo, ed entrerà come novizia nella famiglia delle suore Sacramentine.
Quel giorno, 11 luglio 1953, alla cerimonia di vestizione, ritrovandosi stesa per terra, nel cerchio delle suore del convento di Lavagna in attesa delle parole della Madre: entrate dunque nella nostra famiglia! siate la benvenuta fra noi, Adelaide sentirà echeggiare nell’anima le parole pronunciate dall’Angelo alla santa Vergine il giorno dell’Annunciazione:
- «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù». (Lc. 1, 30 – 31)
che rischiareranno, di fulgida Luce Divina, la Missione d’Amore indicatale, otto anni prima, con le parole della santa Vergine:
- «Tra il quattordicesimo e quindicesimo anno ti farai suora Sacramentina»
e in quella Luce Divina, rinnoverà con tutto il cuore l’atto di Fede pronunciato in tutta semplicità da bambina, prendendo piena consapevolezza che, da quel giorno,
- in lei, suora Sacramentina, come nelle caste vergini consacrate alla vita religiosa, si sarebbe misticamente rinnovato il mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio nel seno della Vergine Maria,
- per essere condotta, dalla santa Vergine, lungo la via della Croce, fino al Calvario, quale madre e sposa del suo Divin Figlio, nella partecipazione, in unità con la santa Vergine, all’opera della Redenzione dell’umanità peccatrice,
- approdando alla fine, con il Divin Figlio e Sposo, alla Luce della Resurrezione, condotta in Cielo, nella gloria della Santissima Trinità, dalla santa Vergine, come la stessa santa Vergine le aveva promesso, dopo averle indicato il volere di Dio su di lei.
Purtroppo, però, com’è tristemente noto, dopo pochi mesi, i suoi persecutori, nemici delle apparizioni della santa Vergine, in accordo con la santa Sede, con un colpo di mano, la strapperanno di prepotenza dal convento come fosse una delinquente, facendola precipitare in un nero abisso mortale,
dal quale non sarebbe più riemersa, straziata da un atroce dolore, che nessuno avrebbe mai potuto condividere – perché nessuno avrebbe potuto capire che strappandole l’abito le avevano sradicato la Vita Nascente dal cuore,
se nel fondo più buio dell’anima, la voce tanto cara della Madre di Dio non l’avesse richiamata in vita, a rinnovare l’atto di Fede pronunciato da bambina;
che, da quel giorno Adelaide confermerà, per tutto il resto della sua esistenza sulla terra, in una incessante offerta della vita ai peccatori e ai bisognosi, per amore di Dio, fino all’ora della morte, vissuta in un ultimo atto di Fede nell’ultimo dono della vita.
La vita di Adelaide la si comprende solo in questa Luce Divina,
come un continuo atto di Fede e di Amore in Dio, pronunciato in un continuo martirio, nell’offerta della vita, al fine di ottemperare alla Missione affidatale, per divina disposizione, dalla santa Vergine:
rinnovare incessantemente nell’anima il Mistero dell’Incarnazione, per partecipare, in unità con Cristo Eucarestia, all’Opera della Redenzione, e alla nascita della Chiesa, alla quale ricondurre le anime pentite, a formare, nell’Amore di Dio, una sola Famiglia.
Missione d’Amore alla quale Adelaide ha tenuto fede, con l’anima rivolta costantemente a Dio, disponibile sempre ad adempiere il Volere di Dio, nella certezza che tutti i passaggi della sua vita erano scritti nel progetto di Dio su di lei, fin dal Principio, per questa stessa Missione d’Amore,
come il lavoro d’infermiera, condotto con grande professionalità, sempre sorretta dalla Fede, nel totale nascondimento, segnato, come sappiamo, dall’offerta della vita per la guarigione di don Ettore Bonaldi; e poi il matrimonio, passaggio ultimo della Missione a lei affidata, concluso con l’ultimo dono della vita alla persona a lei più cara; che Adelaide ha accettato con l’anima pura, costantemente immersa nell’anima della santa Vergine, consegnando a Dio, nell’incomprensione di molti, tutta se stessa in un continuo atto di Fede, per lasciare a Dio di svelarne la ragione provvidenziale, desiderosa soltanto di portare ovunque l’Amore e la Pace di Cristo, divenendo così, inconsapevolmente: «segno di contraddizione, per la rovina e la salvezza di molti» (Lc,2, 34). Tutta la vita di Adelaide si può dunque comprendere alla luce di questa Missione d’Amore, collocata provvidenzialmente nel passaggio pasquale in cui Cristo ha posto la Missione stessa della Chiesa in cui rifulge la Missione della santa Vergine.
Per questo, ogni atto di Fede in Dio, Adelaide l’ha accompagnato con le parole pronunciate dalla santa Vergine al momento dell’Incarnazione, e da lei ripetute in tutta la vita nascosta fino al Calvario:
- «che mi avvenga secondo la tua parola».
ponendosi di fronte a Dio, ad imitazione della santa Vergine, come:
- «l’ancella del Signore» (Lc. 1, 38)
Il mese precedente alla sua morte, Adelaide aveva confidato a un suo amico, che il suo tanto sospirato trapasso sarebbe avvenuto dopo la morte incipiente di una persona da lui conosciuta; com’è accaduto, nelle modalità che Adelaide gli aveva descritto, a testimonianza che tutta la sua esistenza doveva essere compresa solo alla luce del Disegno di Dio su di lei, e da lei accettato con continui atti di Fede in Dio.
Adelaide aveva usato proprio quelle parole: sospirato trapasso, per far comprendere l’anelito a lungo sospirato di ricongiungersi alla santa Vergine, che chiamava Mamma, e a Gesù, che chiamava Fratello.
Per questo, l’infermiere dell’ospedale oncologico, senza saper nulla di Adelaide, scrive:
Ricordo bene quel momento perché ho in mente il grande imbarazzo che ho provato, nel non sapere cosa dire, nel non sapere cosa fare, nel tentare di nascondere i miei occhi lucidi pieni di commozione, nel non riuscire a trovare le parole di conforto che usualmente utilizziamo con i pazienti terminali, perché Adelaide pur essendo terminale era Lei che stava confortando me e mi diceva “Stai tranquillo, non devi dirmi nulla! Stai facendo un buon lavoro, non devi dire o fare altro, io sono tranquilla!
Ricordo commovente e prezioso, che permette altresì
- di riconoscere, ancor più chiaramente, nell’ultimo atto di Fede di Adelaide, il suo primo atto di Fede,
- e capire che Adelaide è morta come suora Sacramentina, portata in Cielo dalla santa Vergine con l’abito che i suoi persecutori le avevano strappato, ma non avrebbero mai potuto distruggere, perché confezionato con la Luce, dagli angeli, per volontà di Dio.
La maternità di Adelaide

La storia di Adelaide, come le apparizioni della santa Vergine a Ghiaie, può essere compresa solo alla luce del Disegno Eterno della Divina Provvidenza su di lei e sul suo piccolo villaggio.
Per questo, è necessario evitare assolutamente valutazioni storicistiche e giudizi espressi in base alla fredda “norma”, sulla quale il potere giustifica i propri atti violenti d’ordine, e condanna pubblicamente le vittime designate esponendole alla gogna,
come hanno fatto i persecutori di Adelaide, membri della Chiesa, che,
dopo averla violentemente inquisita, suppliziata, segregata, processata, condannata, stracciandole con brutalità l’abito di novizia perché non facesse la professione, e aver imposto poi a tutte le madri di tutti i conventi di rifiutarla,
hanno voluto indicare, da ultimo, anche nel suo matrimonio, da loro peraltro favorito, la prova finale della negazione delle apparizioni.
Accecati da una bieca concezione materialistica, costoro non hanno potuto riconoscere il Disegno di Dio su Adelaide,
che si è completato proprio nel suo matrimonio,
grazie al quale
- si è manifestata la santità di Adelaide, nell’espressione più grande e bella della donna, a immagine della santa Vergine: la Maternità,
- e realizzato compiutamente il messaggio delle apparizioni.
Per capire il Disegno di Dio su Adelaide
occorre tornare un’altra volta alle tre predizioni comunicate ad Adelaide, dalla santa Vergine, il 14 maggio:
- tra il quattordicesimo e quindicesimo anno ti farai suora Sacramentina,
- soffrirai molto,
- ma non piangere perché dopo verrai con me in Paradiso.
nelle quali, predizioni, possiamo distinguere tre passaggi molto chiari della Missione pensata fin dal Principio dalla Divina Sapienza per Adelaide:
- concepire Cristo nell’anima e divenire sua madre, come Maria,
- salire con Cristo il Calvario e, nel martirio, estendere la maternità all’umanità, partecipando, come Maria e con Maria, alla Redenzione,
- essere condotta in Cielo da Maria avendo compiuto la Missione.
Inoltre, per capire ancor meglio il Disegno di Dio su Adelaide, distinguendo in questi tre passaggi
- l’azione di Dio, nel primo e nel terzo,
- dall’azione violenta dell’uomo, nel secondo (limitato all’espressione: “soffrirai molto”),
possiamo chiaramente comprendere che: la persecuzione perpetrata contro Adelaide, fino alla sua esclusione violenta dalla vita religiosa, è stata permessa da Dio perché Adelaide completasse nel matrimonio la Missione religiosa ricevuta attraverso la santa Vergine, e vivesse la maternità fisica unita alla maternità spirituale, divenendo così immagine compiuta della santa Vergine – Madre del Verbo di Dio nello spirito e nel corpo – per essere corredentrice – come la santa Vergine Madre di Dio e dell’umanità.
Il disegno di Dio su Adelaide lo si vede ancor più compiutamente, riconoscendo:
- innanzitutto le creature partorite da Adelaide come fratelli in Cristo partorito nel suo spirito di religiosa Sacramentina,
- e poi, in quelle creature, riconoscere noi stessi, che formiamo, con loro, come fratelli in Cristo, una stessa famiglia, un solo Corpo,
- e di conseguenza, in Adelaide, immagine di Maria Madre di Cristo, la nostra madre nello spirito.
Verità semplice e lampante, grazie alla quale possiamo altresì capire che, rimanendo religiosa nello spirito, Adelaide ha elevato il matrimonio, quale eccelso divino Sacramento, alla sublime Grazia per cui Dio lo ha istituito. Ella infatti, vivendo la vita quotidiana al servizio della propria famiglia in una continua preghiera e offerta della vita per le sue creature e per la salvezza delle anime dei peccatori, ha esteso la maternità divenendo, anche, madre delle anime generate in Cristo e con Cristo alla vita divina, come l’aveva supplicata la santa Vergine nelle apparizioni con ripetute esortazioni e accorati dolorosi ammonimenti.
La storia di Adelaide la si comprende, dunque, solo riconoscendo la Missione affidatale da Dio, attraverso la santa Vergine, di elevare la Maternità al sublime livello di Grazia nell’Opera di generare le anime a Dio. Disegno provvidenziale che ha permesso ad Adelaide
- di vivere la propria maternità nella maternità di Maria,
- e poterla estendere, per Grazia di Dio, a tutti coloro che grazie al suo martirio – unito al martirio di Cristo e della santa Vergine Corredentrice – sono rinati all’Amore di Cristo e condotti a far parte della Sua Sacra Famiglia.
Per questo, proprio nel matrimonio, inteso nel suo profondo significato di Grazia, Adelaide ha realizzato compiutamente il messaggio delle apparizioni. Com’è noto infatti, le apparizioni di Ghiaie si aprono con il volo di una coppia di colombi bianchi, immagine della nuzialità, Realtà d’Amore Eterna presente e viva nel Santo Sacramento dell’Eucarestia, istituito da Cristo con il suo santo Sacrificio, per unire l’uomo a Dio come una cosa sola, come gli sposi, come Cristo e la Chiesa.
Qualche mese prima del suo sospirato trapasso, a un religioso, suo amico, la “piccola martire” ha confidato che nella Luce delle apparizioni la santa Vergine le aveva mostrato la moltitudine dei volti dei peccatori salvati dal suo martirio, al quale era stata destinata da Cristo stesso fin da quando, ancor bambina, Cristo Fanciullo l’aveva accompagnata per mano lungo la Via della Croce, nel bosco sopra il villaggio, conducendola poi nel prato a coglier fiori, figura delle anime che Adelaide avrebbe donato a Lui, grazie al suo martirio.
L’anima di Adelaide

Iniziamo questa riflessione rammentando, un’altra volta, l’affermazione che Adelaide ripeteva, con forza, agli amici più vicini negli ultimi tempi della sua esistenza sulla terra mentre si avviava con decisione verso la morte, scelta col dono della vita:
- «Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina».
E’ un’affermazione assai importante, anzi determinante, perché solo accettandola in questa luce Adelaide permette di avvicinarla, conoscere la sua storia, e così accedere alla sua anima,
nella quale è iscritta da sempre la vocazione religiosa e la Missione a lei indicata dalla santa Vergine per conto della Divina Sapienza.
E a questo fine aggiungiamo che, per far comprendere il fine della sua vocazione religiosa, agli amici più vicini Adelaide, diceva anche
- di aver sempre desiderato d’essere suora per portare e far crescere l’Amore di Dio nei cuori delle consorelle come voleva la santa Vergine,
rivelando poi, che:
- in obbedienza alla santa Vergine, avrebbe dovuto affiancare, come suora Sacramentina, il santo Padre, per riportare l’Eucarestia al centro della Chiesa e aiutare la Missione Eucaristica della Chiesa nel mondo.
la quale rivelazione
consente di affermare che le apparizioni di Ghiaie non devono essere confinate al luogo e al territorio dove la santa Vergine si è manifestata nel maggio dell’anno 1944,
ma considerate come
un evento soprannaturale deciso da Dio santa Trinità, per la Chiesa Universale, chiamata a portare l’Amore Eucaristico nel mondo, dalla santa Sede di Roma,
come ha fatto ben capire Adelaide dicendo al pittore Galizzi – impegnato a rappresentare in una pala d’altare l’immagine della santa Vergine apparsa a Pentecoste – che il manto verde della santa Vergine si estendeva fino a Roma,
soprattutto com’é ben esplicitato dal “desiderio” espresso dalla santa Vergine nell’apparizione di Pentecoste:
«al mio cuore preme quella pace mondiale nella quale tutti si amino come fratelli. Solo così il Papa avrà meno da soffrire»
nel quale risuona chiaramente il “comandamento” espresso da Gesù all’Ultima Cena coi suoi discepoli, il giovedì santo, giorno in cui la Chiesacelebra l’istituzione dell’Eucaristia:
«che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv. 13, 34-35).
Per comprendere meglio questa grande Missione rivelata da Adelaide occorre:
- dapprima ricordare – nella seconda apparizione del 14 maggio – l’esortazione rivolta ad Adelaide dalla santa Vergine a farsi suora Sacramentina,
nella quale esortazione, si riconosce chiaramente l’inizio del “mandato” della Missione affidata dalla santa Vergine ad Adelaide per volontà della santa Trinità, perché Adelaide concepisse, misticamente, il VERBO EUCARISTICO nell’anima, quale immagine della santa Vergine.
- e riconoscere poi la conferma della stessa Missione nel bacio Eucaristico inviato ad Adelaide, dalla santa Vergine – nell’apparizione del 29 maggio – con l’indice e il pollice uniti sulle labbra,
grazie al quale Adelaide riceve il dono dello SPIRITO SANTO effuso nella sua anima, col “respiro” dell’anima della santa Vergine, perché si rinnovi in lei, misticamente, l’Incarnazione del VERBO EUCARISTICO e possa così attuare e sostenere la grande Missione Eucaristica per cui è stata prescelta e dovrà compiere come suora Sacramentina.
Ancor più compiutamente, la Missione rivelata da Adelaide, la possiamo riconoscere
- nella prima Comunione ricevuta da lei il 28 maggio, solennità di Pentecoste e giorno della decima apparizione, la più significativa del ciclo epifanico, perché, proprio in quell’apparizione Adelaide – con l’abito della prima Comunione e il Signore nell’anima – offre, come piccola suora Sacramentina, un mazzo di fiori alla santa Vergine,
simbolo delle anime che saranno ricondotte, attraverso le sue mani immacolate, all’Amore di Gesù Eucarestia, unite come fratelli in una stessa famiglia, come la santa Vergine dice nel messaggio di quel giorno (al mio cuore preme quella pace mondiale nella quale tutti si amino come fratelli), ricordando il comando del Signore all’Ultima Cena.
Purtroppo questa Missione, com’è noto, è stata distrutta.
Stracciandole l’abito e deportandola brutalmente oltre le mura del convento impedendole poi, in ogni modo, di tornare, i persecutori di Adelaide, nemici delle apparizioni della santa Vergine l’hanno fatta precipitare in un nero abisso mortale.
Ma, per Grazia di Dio, in questa notte oscura,
- l’anima di Adelaide si è illuminata sempre più della Sapienza della Croce, presente nella sua anima fin da bambina,
grazie alla quale continuerà, fino alla morte, NEL LAVORO E NELLA FAMIGLIA, la Missione a lei affidata, dalla santa Vergine, come suora Sacramentina, con l’anima sempre unita all’anima della santa Vergine in una continua adorazione, e nell’adempimento dei voti da religiosa:
- totalmente obbediente alla Divina Volontà
- nell’estrema povertà,
- e con l’animo perfettamente casto,
La preghiera di Adelaide

Una chiara conferma dell’affermazione che Adelaide ripeterà negli ultimi anni della sua vita, ovvero:
«Sono stata, sono, e sarò sempre suora Sacramentina»,
si rinviene nella lettera del 24 luglio 1986 a Madre Alipia (Superiora delle suore Sacramentine del convento di Lavagna).
Così scriveva Adelaide in quella lettera:
Non ho mai dimenticato il periodo trascorso nel nostro istituto (mi permetto di chiamarlo così) perché io mi sono sempre sentita parte delle Sacramentine anche se le molteplici vicissitudini mi hanno tenuta lontana. Non ho mai cessato di amare la Congregazione.
In quella stessa lettera, confessando di sentirsi confusa nel ricordo degli avvenimenti del periodo del Postulandato e del Noviziato, Adelaide chiedeva, alla Madre Alipia, di poter avere una piccola cronaca per conoscere e rivivere a distanza quel periodo,
che ho sempre giudicato il migliore della mia vita, dopo le apparizioni,
scriveva ancora. E a questo scopo così continuava:
Forse allora non conoscevo nemmeno bene cosa mi succedeva attorno perché voi con tanto amore materno cercavate di nascondermi il più possibile per farmi meno soffrire,
Quel periodo era stato infatti, molto difficile e burrascoso per la Congregazione Sacramentina, a causa dell’avversione furiosa di membri della Curia di Bergamo, accordati all’Inquisitore, soprattutto nei confronti della Madre Elisa Grisa Superiora Generale, che, nonostante la sentenza di condanna del Tribunale Ecclesiastico del 1947, aveva accolto Adelaide continuando a difenderne strenuamente l’idoneità alla vita religiosa “per la bontà e la virtù di cui ha dato lunga prova”, costretta alla fine a subire con grande dolore l’oltraggio della svestizione e della deportazione di Adelaide, fino a perdere la vita, ferita mortalmente al cuore da quello strappo brutale.
Per Adelaide invece, quel periodo era stato, come lei stessa afferma, il migliore della sua vita dopo le apparizioni. Finalmente felice dopo tanti tormenti, protetta dalla Madre Elisa e dalla Madre Alipia, aveva potuto assaporare la vita tanto desiderata e gustare, con le sorelle nella vocazione, un’unione dolce, allegra, scambievole, confidente tranquilla. Inginocchiata con loro dinnanzi a Gesù Eucarestia, coperta dal lungo velo bianco dell’adorazione, ogni giorno e ogni notte Adelaide raccoglieva nel cuore, coi propri cari, tutti quelli che l’avevano vessata, violentata, maltrattata, derisa, disprezzata, accusata, condannata, ai quali offriva tutto lo slancio dell’anima di cui era capace nella preghiera.
E al parroco don Cesare Vitali, il 26 settembre 1951, scriveva. sapesse quanta gioia provai in questi giorni nel sentirmi finalmente a posto! Come si prega bene davanti a Gesù Sacramentato.
Ma in cosa consisteva la gioia provata da Adelaide nella preghiera davanti a Gesù Sacramentato, nel “periodo migliore della sua vita dopo le apparizioni”? O meglio, ci domandiamo: cosa mai nascondeva Adelaide in quella gioia?
Per scoprirlo occorre:
- tornare alle apparizioni del maggio 1944, ricordando innanzitutto le parole, ormai tanto note, della santa Vergine ad Adelaide nella seconda apparizione del 14 maggio: «Tra il quattordicesimo e quindicesimo anno ti farai suora Sacramentina»,
- e, grazie a quelle parole, comprendere che, quel giorno, la santa Vergine ha voluto investirla della Sacra Missione di diventare sua immagine fedele, in quanto Madre del Verbo, da lei concepito proprio fra tra il 14° e il 15° anno (età nella quale le donne ebree si sposano e la santa.Vergine Immacolata, diviene Sposa dello Spirito Santo ricevendo nel suo seno il Verbo di Dio, Che scende dal Cielo per farsi uomo).
Ma ancor più comprendere che, con quelle parole, la santa Vergine
- le preannuncia la salita al Calvario con il Figlio, Che si è incarnato in Lei per soffrire, morire sulla Croce e così redimere l’umanità dal peccato.
Nella “gioia” vissuta da Adelaide nella preghiera davanti a Gesù Sacramentato, possiamo allora riconoscere, nella più grande afflizione del cuore, la “gioia” del Signore e della santa Vergine per la Salvezza dei peccatori, strappati alla morte dell’anima e alla dannazione eterna da tanto dolore.
E dire perciò, che: davanti a Gesù Sacramentato, unita alla santa Passione del Signore, Adelaide si offriva come Ostia per la Salvezza dei peccatori, che formava, con Cristo e in Cristo, la sua “gioia”, predisponendosi così a compiere la Missione affidatale dalla stessa santa Vergine nelle apparizioni del maggio:
- pregare e offrirsi per l’umanità deturpata dal peccato,
- e condurla ad abbeverarsi al Purissimo Sangue del Verbo Immolato, unica Fonte di Salvezza e di Unità d’Amore.
Missione che condurrà per tutta la vita, in unità di spirito con le sorelle Sacramentine, che sentirà sempre vicine come scriverà a conclusione della lettera a Madre Alipia:
devo proprio dire che il vostro orante ricordo l’ho sempre sentito vicino. Unite nella preghiera e un presto arrivederci con immutato affetto.
A MARGINE.
Questa riflessione permette di comprendere meglio il significato delle apparizioni di Ghiaie per quanto riguarda gli inviti reiterati della santa Vergine a pregare per i peccatori. Ma non solo. Essa riconduce la nostra attenzione, in particolare, al bacio eucaristico inviato ad Adelaide, dalla santa Vergine, nell’apparizione del 29 maggio, con l’indice e il pollice uniti sulle labbra, grazie al quale Adelaide riceve il dono dello Spirito Santo effuso nella sua anima, col “respiro” dell’anima della santa Vergine. Grande, immenso dono, sul quale è molto importante soffermare di nuovo l’attenzione, perché, grazie a quel dono, in Adelaide si rinnova misticamente l’Incarnazione del Verbo Eucaristico, affinché possa attuare la grande Missione Eucaristica per cui è stata prescelta, che si rivela, perciò, fin da quel giorno, come Missione della Chiesa, nata a Pentecoste col dono dello Spirito Santo. E poiché, col dono dello Spirito Santo, Adelaide viene trasfigurata a immagine della Chiesa (che nella santa Vergine è invitata a riconoscere il proprio Modello Primo), è doveroso ricordare che molto male hanno fatto i sacerdoti responsabili del martirio di Adelaide, chiamati, comunque, ancora, a riconoscere in Adelaide, non solo l’immagine della santa Vergine Madre del Verbo Eucaristico, ma anche la portatrice del loro Ministero.
La violazione mortale dell’intimità

La foto di quel giorno, scattata nel convento di Gandino (presumibilmente da suor Michelina), ritrae, attorno alla piccola Adelaide, da sinistra: don Cortesi, dottoressa Maggi, suor Lutgarda, dottor Cazzamalli.
Per documentare questa violenza – dopo una breve sintesi delle fasi dell’esame di padre Gemelli esperto incaricato dal Vescovo Mons. Bernareggi – utilizziamo le pagine scritte dall’autore della stessa violenza, ovvero del dottor Cazzamalli, chiaramente evidenziata nel suo libro:
Ferdinando Cazzamalli, La Madonna di Bonate, Bocca Editori, Milano 1951, pp. 43-46.
05 giugno 1944
il Vescovo di Bergamo Monsignor Bernareggi incarica padre Agostino Gemelli, come esperto della Diocesi per l’esame della normalità psichica di Adelaide
30 giugno 1944
Padre Gemelli varca le mura di del convento di Gandino con la professoressa Sidlauskaité, sua stretta collaboratrice, assistente del Laboratorio di psicologia dell’Università Cattolica di Milano. Padre Gemelli si fermerà nel convento di Gandino per tutta quella giornata. Osserverà personalmente la piccola Adelaide e affiderà alla professoressa Sidlauskaitè il compito di eseguire, nei quattro giorni successivi (01-04 luglio) anche durante la notte, altre numerose osservazioni secondo un piano da lui predisposto. Questo esame sarà tradotto in una lunga relazione che padre Gemelli consegnerà al Vescovo.
In questa relazione Adelaide emerge con grande evidenza come una bambina normale.
“E’ da escludersi che si tratti di soggetto anormale in cui la menzogna dia ragione del racconto delle visioni avute” – dichiara padre Gemelli.
05 luglio 1944 ore 15,45
Il giorno successivo all’uscita dal convento della collaboratrice di padre Gemelli, dottoressa Sidlauskaité, don Cortesi introduce nello stesso convento di Gandino, l’occultista, nemico di padre Gemelli, dottor Ferdinando Cazzamalli, per la seconda volta, senza alcun permesso del Vescovo, perché contrasti l’esame del Rettore dell’Università Cattolica ed esperto della Diocesi. (padre Gemelli aveva definito Cazzamalli come: un materialista…che dimostra di ignorare tutto quello che di positivo oggi noi conosciamo sui processi cerebrali e sulle loro correlazioni coi processi psichici).
Scopo di don Cortesi: negare l’esame di normalità di padre Gemelli e iniziare l’Inquisizione su Adelaide.

Così scrive, lo stesso Ferdinando Cazzamalli nel suo libro, sopracitato.
“Il secondo mio incontro colla bambina avvenne il 5 luglio. Si doveva soggiornare tutta la mattina a Gandino, ma un guasto dell’auto ad Albino ci obbligò a ritornare a Bergamo in tram, per ripartire nelle prime ore del pomeriggio con un’altra auto per Gandino dove giungemmo verso le 15,45. Giunto al convento, senza alcun permesso, coadiuvato da don Cortesi, suor Michelina e dott.a Maggi, il Cazzamalli inizia a interrogare Adelaide sulle apparizioni contraddicendo padre Gemelli che aveva esortato la propria assistente, dottoressa Sidlauskaité, a non interrogare Adelaide sulle apparizioni”.
E poi così continua lo stesso Cazzamalli.
“Coll’assistenza di Don Cortesi e della Dott. Maggi ho proceduto al riepilogo delle date e del contenuto delle «apparizioni». Dal 1 maggio al 21 maggio queste si svolsero sempre nello stesso luogo (fraz. Torchio di Ghiaie di Bonate) e sempre alle ore 18.
La 1.a del 13 ebbe come contenuto la visione della Sacra Famiglia. Il Bambino era in braccio alla Madonna; che però passò il Bambino a San Giuseppe, mentre andava parlando colla Adelaide. La Madonna portava manto azzurro, veste bianca, corona in testa e rose ai piedi. La Madonna le disse di andar suora. Alla mia domanda se prima della «apparizione» capisca che ciò sta per avvenire, l’Adelaide risponde: «Sento qualche cosa», nè si riesce a farle spiegare di più.
Le «apparizioni» 2.a, 3.a, 4.a, 6.a, 7.a, 8.a, sono siate identiche alla prima.
La 9a «apparizione» quella cioè del 21 maggio, sempre nel medesimo luogo e nelle medesime circostanze, ebbe nuovo contenuto. La bambina dice di aver visto la solita luce intensa avanzarsi da oriente come globo, nel quale andò differenziandosi l’immagine di una grande chiesa, nella quale sedeva la Sacra Famiglia, e alcuni animali fra cui un cavallo, che uscì a brucare l’erba sul sagrato, sino a che San Giuseppe ebbe a ricondurlo nella chiesa.
La 10a «apparizione» è del 28 maggio (Pentecoste). La visione consisteva nella Madonna colle colombe, come venne descritta al Pittore Galizzi durante il mio primo incontro (successivo al 31 maggio) coll’Adelaide e su domanda di Don Cortesi.
La lla «apparizione» è del 29 maggio. La visione è della Madonna accanto al Bambino. La mano destra della Madonna riposava sulla spalla destra del Bambino, di cui Adelaide vide i riccioli d’oro. La Madonna aveva un manto verde, veste bianca e rose ai piedi.
La 12a «apparizione» è del 30 maggio. La visione è della Madonna e di San Giuseppe. La Madonna tutta vestita di bianco.
La 13a «apparizione» è del 31 maggio ed è quella alla quale io ho assistito. Essa concerne la visione della Sacra Famiglia e cioè la Madonna con San Giuseppe e fra di loro il Bambino. Dice di aver visto la Madonna vestita tutta di rosa e splendente, sia il manto che la veste. Gli Angeli facevano corona «cantando» intorno alla Sacra Famiglia.
Devesi osservare che la bambina appare estremamente restìa a rispondere alle domande sul contenuto delle visioni vuoi per inibizione esterna (don Cortesi, di fronte alla valanga continua di domande da parte di numerosi curiosi, le raccomandò di tenersi riservatissima), sia perché, dopo la infinità di domande, colle quali è stata bersagliata, non è incline a tornarvi sopra”.
In seguito – senza alcun motivo, senza alcun permesso della famiglia Roncalli, senza l’autorizzazione del Vescovo, e in contrasto con padre Agostino Gemelli, che 4 giorni prima aveva esortato la propria assistente a esaminare il comportamento di Adelaide con estrema discrezione, “senza che dalla bambina sia giudicato un esame medico” – il dottor Ferdinando Cazzamalli esegue un esame completo del corpo di Adelaide (fino ai genitali della bimba) coadiuvato da don Cortesi e suor Michelina.
Così continua lo stesso Ferdinando Cazzamalli:
“Procedo ad un riesame somatico-clinico di controllo, date le migliori disposizioni della bambina allo stesso, e questo conferma appieno tutti i dati raccolti col primo. Ancor qui rilevo lo spiccato senso di pudore nell’Adelaide, però senza che ne venga minimamente ostacolato l’esame di proposito completo, e naturalmente espletato col dovuto garbo, delle regioni toracica, addominale e pubica, delle pudende, e s’intende degli arti. Osservo che quando all’esame partecipano o si interessano la dott. Maggi o il Don Cortesi la bambina accenna a coprirsi tirando in giù la camicina, mentre se soltanto coadiuvato dalla Suor Michelina, vado procedendo all’esame, e gli altri se ne disinteressano, occupati come sono a discorrere in disparte fra loro, l’Adelaide si lascia esaminare dal lato reattivo di pudore con maggiore tranquillità.
Cioè l’Adelaide si sente evidentemente più libera da inibizioni esterne, e più tranquilla di fronte all’esame clinico, quando si trova di fronte soltanto a me e a Suor Michelina.
Anche questa volta, come di consueto, durante l’esame l’Adelaide sempre vivacissima compie biricchinate simpatiche, giocando colla mia matita per impedirmi sia la continuazione dell’esame, sia di prendere appunti. Oppure serra gli occhi ridente per ostacolarmi di proposito la ricerca dei riflessi pupillari. Tutto ciò con bella vivacità infantile, serena e gioconda. Dal Don Cortesi che le raccomanda di prestarsi quietamente e docilmente all’esame si fa promettere una passeggiata «ma fuori» intende dal convento e colle sue amichette. Alla espressa possibilità che alle sue amichette non sia concesso il permesso di fare tale passeggiata, ridendo dice che in tal caso prenderebbe un legno e li ammazza tutti (intende gli oppositori alla passeggiata), e così tutto è risolto e le amichette non avranno ostacoli.
Alla offerta mia di qualche caramella dice in primo tempo che non le piacciono. Poi le prende e ne distribuisce a tutti i presenti (Suore, Don Cortesi, Dott. Maggi ed a me) e ne tiene una sola per se. Poi ne accetta alcune per la sera. Mi offre, a mia richiesta, la guancia al bacio tutta sorridente e ricambia un bacio lieve sulla mia guancia. Siamo ormai buoni amici e lo devo al gentile intervento e alla finezza impareggiabile di Don Cortesi e di Suor Michelina.
La bambina è sempre spontanea in ogni suo atto e atteggiamento. Rilevo che, per esempio, vedendomi in attesa della dott. Maggi di corsa corre a cercarla. «Vado io», dice alla suora, «a cercarla» e corre attraverso i cortili e porticati fino a quando l’ha rintracciata e condotta a noi.
Col Don Cortesi è sempre tanto affettuosa. Alla suor Michelina è affezionala assai. La suora ci informa come l’Adelaide preghi non diversamente né maggiormente delle altre bambine, né più né meno, e come giuochi come e tanto e più delle altre. E’ sempre sveglia e pronta. Vive regolarmente e si contiene in tutto e per tutto con normalità.
L’Adelaide d’abitudine (come ho io pure ripetutamente constatato) esce con molta facilità in spontanee osservazioni perspicaci relative ai fatti ambientali. A mia domanda ricorda di avermi visto il 31 maggio (però non specifica la data) e cioè all’ultima «apparizione»; e come ebbi a offrirle la pastiglia contro il mal di ventre, che lei fece assaggiare sciolta alla zia e alla sorella”.
Per giustificare la prevaricazione di ogni diritto, compiuta con visita “di proposito completa” del corpo di Adelaide, Cazzamalli distrugge la figura del padre di Adelaide tratteggiandolo come un ubriacone incallito per far credere che Adelaide è stata concepita in un’ebbrezza del padre e suscitare il sospetto di un incesto da parte dello stesso padre ubriaco sulla figlia.
E così, lo stesso Cazzamalli, conclude:
“Qui vale la pena di riferire una scenetta improvvisamente svoltasi durante l’interrogatorio. Il mattino l’Adelaide era stata visitata dal padre che era accompagnato da un estraneo. (Sul padre corre un’opinione non del tutto favorevole, in quanto il padre e forse altri familiari tenderebbero a sfruttare la situazione creatasi intorno alla bambina, vendendo foto della Adelaide e ricevendo offerte). Il padre come si sa è un bevitore, che assai spesso cade in ubriachezza. Ad un dato momento la dott.a Maggi per ischerzo fa l’atto di metter in capo alla bambina il cappello di don Cortesi. Allora l’Adelaide lo prende nelle mani e dice al don Cortesi di metterselo sbilenco sull’orecchio come fanno gli ubriachi (l’Adelaide aveva sentilo che la suora ci informava della visita mattutina del padre coll’estraneo). D’Improvviso l’Adelaide dice: «Mio padre quando era ubriaco a momenti andava nel fosso e sono andati a prenderlo e portarlo a casa il X e il Y (nomi che non ricordo di suoi fratelli)», e ciò dicendo fa l’imitazione comica perfetta del viso e del capo ciondolante, propria degli ubriachi”.
*
Questa violenza è confermata da Monsignor Bramini, difensore di Adelaide nel Processo intentato contro di lei dal Tribunale Ecclesiastico di Bergamo.
Così scrive Monsignor Bramini (celato dietro lo pseudonimo di Argentieri) nel suo libro: La fonte sigillata: storia critica delle apparizioni di Bonate, Roma : V. Scalera, stampa 1955.
“Don Cortesi fece denudare Adelaide perché il Cazzamalli potesse esaminarla…a quella visita era presente lo stesso don Cortesi.”
La mia penna si rifiuta di riferire fin dove fu spinta quella visita.
I due aruspici, don Cortesi e Cazzamalli, credevano di trovare… laggiù la chiave del segreto delle apparizioni.
I demoni dietro loro sghignazzavano e subsannavano.
In quel momento l’angelo custode della bambina dovette coprirsi il viso con le ali.
Innamorata di don Cortesi era necessario che Adelaide toccasse con mano, rabbrividendo, quanto fosse infido quel suo affetto.”
Per capire meglio lo scenario rivelato da Monsignor Bramini occorre precisare che:
il termine aruspici indica i sacerdoti che facevano profezie esaminando nelle proprie mani le interiora delle vittime, allusione al corpo di Adelaide esaminato in quella visita;
il verbo subsannare è un verbo arcaico (usato da Carducci nella poesia “la Chiesa di Polenta”) che significa beffeggiare, dileggiare, irridere;
ricordando “l’infido affetto”, Mons. Bramini rivela che, dopo averla sequestrata, don Cortesi ha suggestionato la piccola di sette anni costringendola a subire un rapporto d’intimità per piegarla alla propria volontà, stroncarla nella psiche, nell’anima e nel corpo, e alla fine costringerla a negare le apparizioni e spegnerne la Luce.
La violenza inferta dal dottor Cazzamalli – con la complicità attiva di don Cortesi e di due suore Orsoline – costituisce la prima orma del doloroso cammino di Croce che Adelaide, chiamata fin da bambina a salire il Calvario e soffrire con Cristo Eucarestia, dovrà compiere.
Sequestro, maltrattamenti e umiliazioni

Adelaide è stata costretta per anni a una reclusione forzata nei conventi delle suore Orsoline e delle suore della Sapienza che l’hanno sottoposta a umiliazioni e vessazioni.
Oltre alle dichiarazioni della bimba al Processo intentato contro di lei dal Tribunale Ecclesiastico – nel quale ha dovuto difendersi da sola senza difensore – il documento che attesta questi maltrattamenti si trova nell’Archivio della Cancelleria della Curia Vescovile di Lodi.
Documenti di Monsignor Angelo Bramini riguardanti i fatti di Ghiaie, cartella 1.
E’ l’interrogatorio di suor Celestina ad Adelaide, nell’asilo infantile della Parrocchia di Ghiaie, dell’estate 1948, dopo che Adelaide, condannata dal Tribunale Ecclesiatico di Bergamo, torna a Ghiaie portando sul corpo i segni delle violenze subite nei conventi.
Suor Celestina ha dattiloscritto il suo interrogatorio in più copie.
Eccone alcuni passaggi.
“Se fosse stata là anche lei sarebbe morta di crepacuore” – le ha detto Adelaide fra le lacrime
“Mi strappavano i capelli e io mi mordevo le unghie dalla rabbia. Per non aver scopato dovevo fare le scale in ginocchio baciando ogni gradino. Una volta la Superiora mi ha condotto nel suo studio e mi ha trattenuto quasi due ore per interrogarmi, ma io non ho parlato. Allora mi prese per un braccio e mi diede pugni nello stomaco dicendomi: che cuore hai dentro? Di pietra? Mi ha fatto tanto male che ho sentito dolori per tre giorni. Poi mi mandò via dicendomi: Va’ che non ti voglio più vedere brutta indemoniata! Se vai a casa non tornare più! Va’ all’inferno invece di ritornare qui ancora, che ne abbiamo abbastanza di te!. Anche a scuola non capivo mai niente, ero sempre in pensiero perché mi trattavano così male anche quando ero interrogata. Allora erano parole e castighi…”
Innumerevoli altre sono state le violenze inferte ad Adelaide dall’Inquisitore e dalle suore.
La distruzione della persona
Adelaide è stata presentata come un orribile mostro nel libro, già citato, dell’inquisitore don Cortesi (Il problema delle apparizioni di Ghiaie), che costituisce un documento probante delle violenze inferte ad Adelaide.
Ne riportiamo di seguito alcuni stralci.
“Testarda, ottusa, irrequieta, esibizionista, vanitosa, abilissima nell’inganno, furbissima, allucinata, superbetta, traforella, conscia della sua astuzia, torva, monella, folletto, forsennata, insolente, precoce malizietta che conosce e insegna la bugia, si atteggia a diva, che ama acconciature singolari, gingilli d’ornamento, indumenti appariscenti e sgargianti, che brama approvazioni e nasconde la sua meschina vergogna, gonfia di boriuzza, scodinzola, sfringuella, gode di essere vezzeggiata, cerca i primi posti, si alza per sovrastare tutti, posa a fanciulla prodigio, smaniosa di distinguersi, spiritosa, loquace, sguaiata, infatuata di sé, sovraeccitata, sensuale, bramosa del frutto proibito, ninfetta oreade, l’anima di Adelaide è terribilmente complessa e anfrattuosa. Un nodo di vipere, uno scrigno chiuso custodito da sette draghi”. (Ninfetta oreade significa bimba depravata capace di suscitare forti desideri erotic
Processata a 8 anni senza difesa
A luglio, del 1945, dopo esser stata sfiancata da una incessante flagellazione ad opera delle suore Orsoline di via Masone in Bergamo, in obbedienza a un ordine di don Cortesi, Adelaide viene trasferita al convento di Ranzanico, un piccolo paese sul lago d’Endine nella Valcavallina, poco distante da San Paolo d’Argon, paese natio di don Cortesi,
da dove lui raggiunge agevolmente il convento di Ranzanico, la sera, in bicicletta, per impadronirsi di Adelaide, con la connivenza delle suore, terrorizzandola in lunghi, asfissianti e angosciosi interrogatori notturni, fuori dal convento, su un prato.
Questo feroce supplizio, attuato nell’oscurità, consentirà a don Cortesi di piegare Adelaide e costringerla, per non morire, alla confessione,
che avverrà, nel covento di via Masone in Bergamo, poche settimane dopo, mercoledì 13 agosto 1945,
motivo strumentale e necessario per accusarla e sottoporla a processo, “celebrato”, presso il convento delle suore della Sapienza di via san Giacomo, in un Tribunale Ecclesiastico, istituito, nel maggio 1947, contro Adelaide.
che, lasciata sola, senza alcuna difesa, a 10 anni, e messa a confronto col suo persecutore, sarà condannata, in nome della Chiesa, secondo le accuse formulate da don Cortesi, confermando il ritratto mostruoso da lui tracciato.
La svestizione sacrilega

Mons. Merati, arcidiacono della Cattedrale e Presidente del Tribunale Ecclesiastico, che l’ha terrorizzata e costretta a confessare per la seconda volta, nel febbraio 1954 parte per Roma, dov’è di casa,
e al Sant’Uffizio, ricordando agli ecclesiastici che lo detengono, quanto sia importante Bergamo per la sopravvivenza economica della Curia Vaticana,
ottiene all’istante un atto di annullamento della vestizione di Adelaide,
col quale si presenta immediatamente al vescovo di Lodi monsignor Benedetti, costringendolo a invalidare la vestizione di Adelaide, tornando poi, in gran fretta, a Bergamo per intimorire la Madre Generale delle Sacramentine e obbligarla a cacciare Adelaide dal convento di Lavagna pena la soppressione dell’Ordine.
Gli effetti della sua azione demolitrice sono spaventosi. Madre Elisa, che morirà poco dopo di crepacuore, telefona immediatamente a suor Alipia supplicandola di espellere Adelaide, e suor Alipia riunisce il capitolo delle suore del convento comunicando a tutte la terribile minaccia portata a Madre Elisa.
«Se l’Ordine Sacramentino sopravvive, Adelaide un giorno potrà tornare da noi, altrimenti tutto sarà finito per sempre» dice loro, suor Alipia, implorandole di accettare l’intimazione del Sant’Uffizio.
Ma solo una parte delle suore raccoglierà l’appello. Determinate a non sottostare a quell’ordine immotivato e brutale, le più giovani circondano Adelaide e chiedono alla Madre di non allontanarla.
«Vi scongiuro di obbedire!!» grida loro disperata Madre Alipia. La sua accorata richiesta però, si frantuma nella confusione delle urla dei due gruppi avversi di suore in lotta fra loro: quelle che vogliono salvare l’Ordine e quelle che vogliono salvare Adelaide.
La vestizione di Adelaide diventa, così, oggetto di un contrasto insanabile, risolto alla fine con l’esclusione violenta di Adelaide, cacciata dal convento con un colpo di mano.
Quella stessa notte viene rinchiusa in gabinetto dalle suore avversarie, caricata poi, su un’automobile della Curia, e, senza avvisare nessuno, come una delinquente, portata a Roma, a “Palazzo Salviati”, un albergo di Roma gestito dalle Sacramentine, dove sarà ridotta allo stato di sguattera.
La falce del sacro violento della Chiesa, si abbatterà poi, sulle suore ribelli. Cacciate dal convento, saranno ridotte allo stato laicale, zittite per sempre.
Adelaide non ha scampo. Il suo destino è segnato. Non deve diventare suora! Adelaide. Non potrà mai essere la sposa di Cristo!
E per tutta la vita dovrà portare il marchio infernale impresso sulla sua persona dalla Chiesa mediante un suo stimato membro, che farà carriera diventando Monsignore fino ad essere proposto per l’elezione a Vescovo di Bergamo.
Lerà poi, sulle suore ribelli. Cacciate dal convento, saranno ridotte allo stato laicale, zittite per sempre.
Adelaide non ha scampo. Il suo destino è segnato. Non deve diventare suora! Adelaide. Non potrà mai essere la sposa di Cristo!
E per tutta la vita dovrà portare il marchio infernale impresso sulla sua persona dalla Chiesa mediante un suo stimato membro, che farà carriera diventando Monsignore fino ad essere proposto per l’elezione a Vescovo di Bergamo.
MISCELLANEA
LA PRIMA COMUNIONE DI ADELAIDE
Ricordiamo ancora il giorno in cui Candido bussa alla porta del casolare di Adelaide, conducendola sul sentiero che sale per la morena, fino a un fontanile nascosto fra gli alberi,

dinnanzi al quale Candido si ferma, per una preghiera, nel ricordo dei santi martiri, Quirico e Giulitta, cui il fontanile è dedicato, inerpicandosi poi, con Adelaide, su per la morena fra arbusti e rovi di robinie e more, oltre il ponticello sul canale, lungo un sentiero pianeggiante,
fino a un grande prato affollato di bambini, che vanno incontro ad Adelaide e la circondano, sospingendola, tutti insieme, al limitare di un bosco, dinnanzi a un grosso tronco spezzato di betulla
sul quale Adelaide vede del pane raffermo e un grembiule nero, che Candido afferra e indossa, come fosse una veste talare per disporsi a dire Messa.
Adelaide subito comprende. Sa che Candido vuol farsi prete. E partecipa alla Messa di Candido, in quello spazio sacro trasformato in una chiesa;
che a un tratto Adelaide vede ampliarsi dinnanzi ai suoi occhi allorquando la voce forte di Candido inizia a echeggiare, accompagnata dal canto armonioso dei bambini, seguito dal canto sublime degli angeli giunti all’improvviso, a miriade, sopra quel prato.
Adelaide partecipa così, alla Messa di Candido: con devozione, in ginocchio, circondata dai bambini, nel volo degli angeli sopra di lei, senza porsi domande.
Solo alla consacrazione del pane, nel momento in cui Candido lo eleva al cielo pronunciando le stesse parole che il parroco pronuncia alla Messa della domenica nella chiesa parrocchiale,
- contemplando quel pane elevato da Candido al cielo, avverte nel profondo dell’anima che sarà suora,
- e quando poi, riceve sulle labbra, dalle mani di Candido un pezzetto di quel pane raffermo, come un’Ostia consacrata, sente che da quel giorno sarà unita a lui per sempre, perché tutto si è compiuto nella sacra liturgia.
*
Come possiamo facilmente comprendere,
questo racconto,
pone un’inevitabile domanda:
- poichè a Ghiaie non “scende”, come a Fatima, l’angelo della Pace con l’Eucaristia presa dal Tabernacolo del Cielo, com’è possibile riconoscere nella Messa di Candido una vera Messa, e nel pezzetto di pane raffermo da lui consacrato, il Corpo e il Sangue di Cristo?
Più semplicemente
- come possiamo vedere a Ghiaie, nelle Messe di Candido, la stessa Realtà Eterna d’Amore Eucaristico che unisce Cielo e terra, scesa a Fatima, a confermare la Verità della Fede?
Per rispondere a questa domanda occorre affrontare il seguente passaggio
*
I PICCOLI MARTIRI E L’ALTARE DELLA CHIESA DEL CIELO
Ovvero, occorre continuare a narrare la storia raccontata da Adelaide,
e ricordare
- che Adelaide salirà di nuovo, con Candido, nel bosco sopra il villaggio, dove, di nuovo, incontrerà quei bambini, molti dei quali si presenteranno a lei con la divisa, a righe verticali bianche e azzurre, imposta ai piccoli rinchiusi nei lager nazisti,
- e che, proprio quei bambini, dopo aver partecipato alla Messa di Candido, le racconteranno storie strazianti, grazie alle quali Adelaide capirà che, sono “scesi” dal Cielo dove sono stati “assunti”, come tutti gli altri bambini presenti alla Messa di Candido, in virtù del loro martirio.
Realtà dolorosa grazie alla quale la Messa di Candido si rivelerà come una vera celebrazione Eucaristica.
Poichè infatti,
- quelle piccole vittime vivono eternamente in Cielo con il Signore Gesù,
- possiamo vedere, accanto a Candido, il Signore Gesù Risorto, Che consacra il pezzetto di pane raffermo, dicendo, come all’Ultima Cena: “Questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi“.
E dunque, vedere altresì,
- nel tronco di betulla spezzato al limitare del bosco di Ghiaie, l’altare del Cielo, sopra il quale vi è la Vittima, l’Agnello Eucaristico, come su tutti gli altari della terra, dinnanzi ai quali pregano adoranti i martiri, coi santi e gli angeli.
CONFRONTO COL PRELUDIO DI FATIMA
prendiamo in esame, anzitutto, le apparizioni dell’angelo, che precedono le apparizioni della santa Vergine ai tre pastorelli di Fatima, secondo il racconto di Lucia, nella Biografia di suor Lucia e del Cuore Immacolato di Maria (Un cammino sotto lo sguardo di Maria, pp. 37-49).

– Ricordiamo, dapprima,
che l’angelo, presentatosi ai tre pastorelli come angelo della PACE, si mostra, nella sua terza apparizione, con un calice nella mano sinistra e, sospesa su di esso, un’Ostia, dalla quale cadono nel calice alcune gocce di Sangue.
– Ricordiamo poi
che, dopo aver lasciato il calice e l’Ostia sospesi in aria, quest’angelo s’inginocchia, posa il volto a terra, e ripete la preghiera insegnata ai pastorelli nella sua prima apparizione, aggiungendo queste parole:
Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, Vi adoro profondamente e Vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di nostro Signore Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo.
– Ricordiamo infine, che
quest’angelo si rialza, e, dopo aver preso di nuovo in mano il calice e l’Ostia, dà a Lucia l’Ostia, ovvero il Corpo di Cristo, e a Giacinta e a Francesco fa bere il calice, ovvero il Sangue di Cristo, dicendo:
Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo
*
Ripercorrendo con la mente il racconto di Lucia, non è difficile cogliere, a un primo sguardo, in quale grande Mistero vengono collocati i tre pastorelli, e, insieme a loro, tutti quelli che, grazie al racconto di Lucia, possono rivivere quel momento di Grazia donato dal Cielo.
nelle parole dell’angelo, il cristiano può riconoscere infatti, con stupore, le parole della preghiera eucaristica della santa Messa (Canone Romano),e perciò, nell’angelo stesso, potrà vedere la figura del sacerdote che celebra il santo Sacrificio, e, ricordando il Vangelo dell’istituzione dell’Eucaristia al Cenacolo,
- dapprima proclama:
La vigilia della sua passione, Gesù prese il pane nelle sue mani sante e venerabili, e alzando gli occhi al cielo a te, Dio Padre suo Onnipotente, rese grazie con la preghiera di benedizione, spezzò il pane, lo diede ai suoi discepoli e disse: Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi;
- e poi, deposta sulla patena l’Ostia sacra dopo averla presentata, si genuflette in adorazione, prende il calice e, tenendolo sollevato sull’altare, così prosegue:
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese nelle sue mani sante e venerabili questo glorioso calice,
ti rese grazie con la preghiera di benedizione, lo diede ai suoi discepoli e disse: Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue, per la nuova ed eterna alleanza, effuso per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me.
*
A un primo sguardo dunque, l’angelo appare chiaramente nella figura del sacerdote. E tuttavia, non è possibile non riscontrare una rilevante differenza fra:
- il sacerdote che agendo in persona Christi, grazie alla preghiera Eucaristica, realizza la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo,
- e l’angelo che si presenta con l’Ostia consacrata dalla quale cadono nel calice alcune gocce di Sangue, come se la santa Messa sia stata celebrata altrove.
Per comporre questo iato apparente, e comprendere l’ineffabile mistero donato, per grazia di Dio, dal racconto di Lucia, a tutti i cristiani,
è sufficiente ricordare:
le parole che pronuncia il sacerdote al termine della consacrazione:
- Ti supplichiamo, Dio Onnipotente: fa’ che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull’altare del Cielo davanti alla tua Maestà Divina, perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare, comunicando al santo mistero del Corpo e Sangue del tuo Figlio, scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del Cielo.
grazie alle quali, parole, possiamo comprendere che:
l’Ostia sanguinante mostrata dall’angelo della Pace insieme al calice,
- proviene dall’altare del Cielo dove è stata portata dall’angelo che sta dinnanzi alla Maestà Divina, nell’offerta del sacerdote che ha celebrato l’Eucaristia sull’altare della Chiesa pellegrina sulla terra.
Si può dire pertanto, forzando il linguaggio figurato, consapevoli dell’unità fra liturgia terrestre e liturgia celeste:
- che i tre pastorelli di Fatima hanno ricevuto la Comunione con l’Eucarestia posta sull’altare del Cielo, dinnanzi alla Maestà Divina,
- “riportata” sulla terra dall’angelo della Pace, per i tre pastorelli,
- e perciò che, veramente, per Giacinta e Francesco fu quello il giorno della Prima Comunione (come si legge nella Biografia di suor Lucia e del Cuore Immacolato di Maria, pg 43),
*
Per comprendere in quale grande Mistero vengono collocati i tre pastorelli, e, insieme a loro, tutti quelli che, grazie al racconto di Lucia possono rivivere quel momento di Grazia donato dal Cielo, ci permettiamo di suggerire la lettura del paragrafo “La vita del Cielo è presente nella liturgia terrestre” in: Meditazione sull’Apocalisse, di Divo Barsotti (p. 331).
Scrive don Divo:
fra la terra e il Cielo non vi è più separazione o distanza, il Cielo è presente sulla terra, ma segreto, nascosto. Tuttavia, quello che la terra ora possiede e vive non è per nulla diverso da quello che è in Cielo.
In un passaggio precedente, nel capitoletto intitolato “Il trono e l’altare” don Divo scriveva:
E il Cielo è un altare...ora noi vediamo che nel Cielo vi è il tabernacolo veduto da Mosè: c’è un altare vi è l’altare dei profumi; vi è tutto quello che era nel tempio di Gerusalemme. Il Cielo non è soltanto il luogo dove Dio si manifesta come re sul trono e ha intorno i ministri che l’acclamano, è anche il tempio, vi è un altare, e sull’altare vi è una vittima, e la vittima è Cristo, e la vittima sono tutti i cristiani. La vita del Cielo è una liturgia, un Mistero sacro al quale partecipano Cielo e terra.
CONCLUSIONE: il prologo di Fatima come il prologo di Ghiaie, sono connotati dal sacrificio Eucaristico.
il preludio delle apparizioni della santa Vergine a Fatima, connotato dalle tre apparizioni dell’angelo della Pace che comunica Lucia e i cuginetti Giacinta e Francesco, “nel cuore del bosco”, con l’Eucaristia della Chiesa del Cielo,
è in stretta correlazione con il preludio delle apparizioni della santa Vergine a Ghiaie, dove la Chiesa del Cielo scende di nuovo sulla terra, con gli angeli e i bambini martiri, per unirsi all’Eucaristia celebrata “nel cuore del bosco” sopra il villaggio, da Candido con Adelaide.
I preludi di Fatima e di Ghiaie, che anticipano le apparizioni della santa Vergine, ci sono offerti come profezia per il tempo, ed è questo, in cui Forze maligne mandate dall’uomo del peccato, figlio della perdizione, si levano per “profanare il santuario”, “sopprimere il sacrificio continuo” e nascondere la Realtà d’Amore Eucaristico, per collocarvi il falso cristo, separare il Cielo dalla terra e annientare la Redenzione : “l’abominazione che causa la desolazione” (Daniele 9,27 -11,31 -12,11 / Mt 24,15 / Mc. 13,14 /Ap. 13,14…).
*
(Sono trascorsi oltre cento anni da quando l’angelo della Pace, apparso ai tre pastorelli di Fatima, ha pregato così: Vi adoro profondamante e Vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anma e divinità di Gesù Cristo presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi, indifferenze con cui Egli stesso è offeso.
E ora: accogliendo la dottrina protestante, si dirà che la Messa non è un Sacrificio, ma solo la sacra cena; cioè il ricordo di ciò che Gesù fece nella sua ultima cena. E così verrà soppressa la celebrazione della santa Messa. In questa abolizione del sacrificio quotidiano consiste l’orribile sacrilegio compiuto dall’anticristo (don Stefano Gobbi, 31, 12, 1992).
ADELAIDE, FRA CIELO E TERRA

Come si narra nel nostro: PICCOLA MARTIRE, Ritratto di Adelaide Roncalli (pagina 14), una domenica pomeriggio di fine estate, insieme alle donne del villaggio tutte vestite di nero e cariche di lumini, Adelaide è condotta da mamma Annetta, dapprima in parrocchia per la funzione dei morti e poi al camposanto sopra il villaggio, dove, lungo le soste ai sepolcri dei parenti trapassati, Adelaide conoscerà, nei racconti di mamma Annetta, la storia di dolore vissuta da ciascuno di loro. E così, lungo quel mesto pellegrinaggio fra i sepolcri, Adelaide apprenderà la storia colma di amarezza dalla quale lei stessa ha preso vita, che troverà il punto estremo nel vasto spazio dedicato ai bambini, ricordati coi loro nomi su cippi di pietra.

In quello spazio consacrato al dolore innocente, Adelaide vedrà il volto di mamma Annetta incupirsi ed esacerbarsi incontenibile in un’espressione di atroce tristezza,
che si farà disperazione davanti al piccolo tumulo nel quale giace Federica, la sorellina di Adelaide passata ad altra vita sette anni prima della sua nascita, a soli dieci mesi, stroncata in poche ore, dalla gastroenterite.
Per Adelaide sarà un passaggio straziante. Ma saprà resistere, sorretta dalla Grazia di Dio, che proprio in quello spazio sacro dedicato alla morte innocente, a un tratto le aprirà davanti agli occhi, in tutto il suo fulgore, il Paradiso.
Perché quei bambini li vedrà come vivi. Non solo. Quei bambini le parleranno, racconteranno il loro dolore e la loro morte, svelando ai suoi occhi un altro mondo, destinato molto presto ad ampliarsi in tutta la sua luce, divenendo il suo stesso mondo e il suo stesso Cielo.
Come vedremo, questa prima esperienza con le anime dei bimbi trapassati da questa vita alla vita eterna, sarà ripetuta da Adelaide in altre visite al cimitero con mamma Annetta,
e troverà compimento nel bosco sopra il villaggio, dove Adelaide sarà condotta da Candido (si vedano le pagine, da 15 a 22, del nostro: PICCOLA MARTIRE, Ritratto di Adelaide Roncalli);
L’esperienza con le anime dei trapassati si amplierà nei giorni delle apparizioni.
In quei giorni, e nei successivi, Adelaide riceverà, infatti, la Grazia, non solo di vedere in presenza le anime dei trapassati, ma anche a distanza (e non solo bambini, ma anche adulti). I pellegrini domanderanno ad Adelaide dei figli, fratelli, mariti in guerra. E Adelaide li vedrà. Ma non risponderà a tutti nello stesso modo, misurando la risposta in relazione a ciascuna persona, con discrezione. Lo conferma la maestra di Cene, Errmenegilda Poli, nel suo volume “La fede della gente a Bonate” (edizione 1988)

Commentando questa foto, pubblicata nel suo libro a pagina 75 (che ritrae Adelaide nel convento di Gandino). Ermenegilda Poli indica dapprima le persone presenti all’incontro con Adelaide:la sorellina Palmina, la sorella Caterina, la madrina Annunciata e la signora Fiorina Bonomi di Fiorano. Poi riferisce due brevi colloqui con Adelaide, limitati, ciascuno, a domanda e risposta.
Il primo con la signora Fiorina Bonomi di Fiorano che era andata a Gandino per chiedere alla piccola veggente notizie del marito in guerra.
- «Mio marito è in guerra, tornerà?» domanda la signora Bonomi.
- «Sì è stato ferito ma tornerà» risponde Adelaide.
Il secondo colloquio con la madrina di Adelaide, Annunciata,
- «E mio fratello Angelo in Russia, è vivo o morto?» chiede Annunciata.
- «Non piangerlo, è morto, ma è in Paradiso» risponde Adelaide.
Il racconto di Ermenegilda Poli, è una nuda cronaca, ma assai preziosa, perché permette di confermare che ad Adelaide è stata concessa la Grazia
- di vedere a distanza, superando le barriere dello spazio e del tempo, anche oltre questa vita,
e dunque
- di essere stata COLLOCATA SULLA SOGLIA DI DUE MONDI (i vivi e i morti) QUALE CERNIERA DI UNITA’ FRA ESSI.
Per comprendere quanto è importante questo compito di unità concesso per Grazia di Dio ad Adelaide,
occorre semplicemente ricordare che
- SULLA SOGLIA FRA DUE MONDI, è stata collocata per prima (e fin dal Principio) la santa Vergine, mediante l’INCARNAZIONE del Verbo di Dio nel suo Seno.
Verità grazie alla quale possiamo affermare che
- ADELAIDE E’ PERCIO’ IMMAGINE DELLA SANTA VERGINE,

e, di conseguenza comprendere che
ADELAIDE, DEV’ESSERE CONSIDERATA, COME DONO DI DIO ALLA CHIESA,
PERCHE’ I FEDELI POSSANO ESSERE CONDOTTI DA LEI NELLE MANI DELLA SANTA VERGINE
OVE RITROVARE L’UNITA’ FRA I VIVI E I MORTI, PERDUTA A CAUSA DEL PECCATO
Unità simboleggiata dai due colombi scuri che la santa Vergine mostra nell’apparizione di Pentecoste e che libererà il giorno seguente,
momento centrale dell’Insegnamento Sapienziale offerto dalla stessa santa Vergine alla Chiesa mediante le apparizioni di Ghiaie.
(si veda: L’ORA DI MARIA, L’ORA DELLA CHIESA, ESEGESI DEL DIARIO DI ADELAIDE, pagine 19-20, e pagine 135-154)
APOSTOLA DI MARIA, NEL TEMPO DELLA FINE

Gli ecclesiastici di potere hanno inferto ad Adelaide un inesausto e feroce MARTIRIO, fino a strapparle il velo di novizia Sacramentina, dopo averle lacerato il velo dell’intimità fisica, a sette anni,
perché NON DIVENTASSE MAI SUORA,
e così distruggere la GRANDE MISSIONE EUCARISTICA ricevuta, dalla santa Vergine, PER LA CHIESA DEGLI ULTIMI TEMPI.
E a tal fine, dopo aver ridotto il messaggio delle apparizioni a mera e generica devozione, hanno favorito scritti assai mediocri perché Adelaide fosse deformata nella persona e chiudere la sua storia all’inessenziale. Ma non si sono limitati a conseguire questi obiettivi.
Era essenziale per loro, soprattutto, ridurre Adelaide al silenzio – come la dipinge una falsa biografia, da loro fortemente favorita, che descrive Adelaide proprio come “donna del silenzio“. Operazione condotta con mezzi omertosi, che ha caratterizzato l’ultima fase del suo martirio, inasprita, non solo dalla sofferenza causata dal tumore che l’ha sfiancata, ma anche dalla costrizione al silenzio, da lei subita e accettata per salvaguardare la propria esistenza in attesa di un aiuto.
Per far comprendere la restrizione nella quale era forzata da quegli ecclesiastici di potere, decisi a impedirle, a tutti i costi, di rivelare la verità terrificante del suo martirio,il giorno 11 gennaio 2014, Adelaide inizia la sua lettera scrivendo: Sono prigioniera, in modo positivo si intende, non come allora che lo ero in modo drammatico, ma questo essere limitata nei miei movimenti mi riporta indietro nel tempo.
Scritta a pochi mesi dalla morte, questa lettera è assai importante,
perché Adelaide rivela chiaramente di essere prigioniera e limitata nei movimenti, perciò IMPEDITA a comunicare apertamente la propria condizione di forte angoscia nel ricordare senza alcun conforto, i momenti terrificanti del suo Martirio.
Ma non solo per questo, la lettera è assai importante.
In un passaggio cruciale, dopo aver constatato, con grande dolore, la viltà e il tradimento dei preti, che, in accordo con gli ecclesiastici di potere, hanno censurato il perdono chiestole dal Santo Padre Benedetto XVI°, grazie al quale sarebbe stato conosciuto il suo Martirio e sarebbero state approvate le apparizioni di Ghiaie, in un sussulto di forte sdegnoAdelaide rivela la propria ferma determinazione a continuare, in solitudine, unita alla santa Vergine, la resistenza all’opera del demonio che continua a tormentarla, aprendo, per il tempo futuro, uno scenario apocalittico – che riguarda il destino stesso dell’umanità – nel quale ella continuerà, indomita, la battaglia.
E così scrive: io obbedisco alla Mamma e vedremo se sarà più forte la mia Mamma o satana, da questo risultato si vedrà il vero cammino dell’uomo sulla terra, se devoto a satana o a Dio.
E’ la sfida aperta lanciata ai nemici della santa Vergine, da colei che, fin da bambina è stata collocata nell’imperscrutabile Disegno Divino.
DA SOLA AL CENTRO DELLA BATTAGLIA FINALE nella quale l’uomo sarà chiamato a scegliere – nel dramma della storia –
- fra il vero Cristo e il falso cristo, satana, che intende distruggere la Creazione di Dio, prima di tutto lo stesso uomo;
- fra la Verità della Fede in Cristo e la menzogna di una falsa fede nell’uomo che si fa dio;
- fra la salvezza nella Luce Eterna e la dannazione nel buio eterno.
E dunque, in ultima analisi:
- fra la Chiesa di Cristo e la chiesa del diavolo
*
Persino nella morte, Adelaide rivela chiaramente la posizione, nell’estrema battaglia, conferitale, fin dal Principio, nel Disegno della Divina Sapienza.
Lo si comprende ricordando che

Adelaide viene accolta nel manto di Maria, per essere condotta in Cielo, alle ore 3 della notte, conosciuta come l’ora del diavolo, in quanto opposta all’ora della morte di Nostro Signore Gesù: le 3 del pomeriggio.
Evento decisivo, grazie al quale si può affermare che:
- Adelaide muore, secondo il disegno della Divina Provvidenza, proprio nell’ora nel diavolo,
- per essere accolta nel manto di Maria, e scacciare per sempre, con la Luce di Cristo, le tenebre di quell’ora,
- Per questo si può concludere che:
- con la morte, Adelaide viene collocata, definitivamente, dalla Divina Sapienza, nell’ora più tenebrosa del tempo,
- per portare Maria all’umanità intera e ad ogni uomo, nel momento in cui il diavolo vuole ghermire le anime suscitando la paura e la disperazione di finire nel nulla senza fine.
(cfr: PICCOLA MARTIRE, Ritratto di Adelaide Roncalli, pg. 249; L’ORA DI MARIA L’ORA DELLA CHIESA, Esegesi del diario di Adelaide Roncalli, pg. 187)